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Sweet Sweet Moon: l’intervista @ indie-eye.it – Europavox: Clermont-Ferrand 27 Maggio 2012

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[ Le foto dell’articolo sono di Christian Pitschl ]

Sweet Sweet Moon sul palco si muove con disinvoltura, piegando il suo violino a milleuno usi più o meno ortodossi, mescolandolo a una buona dose di synth, distorsioni e ricreando un suono pieno ed orchestrale grazie al lauto impiego del suo più fedele compagno, come lo definiscono i suoi mecenati della Siluh Records: il loop pedal. Di persona è invece schivo e finanche un po’ discolo. Quando lo incontro nel backstage del festival Europavox fatica un po’ a dischiudersi ai doveri promozionali. Di formazione classica, Matthias è passato dal sound ovattato delle sue prime ballad acustiche, raccolte nell’EP Pompidou, ad atmosfere decisamente più ambiziose, in cui gli archi e l’elettronica rincorrono un folk impressionistico tutt’altro che convenzionale. La scorsa estate il video di una sua esibizione dal vivo del pezzo I See Things That You Don’t See And That Is Blue, Blue, Black And Dylan (dedicato a un quadro che l’amico Patrick mi dice di aver realizzato per Matthias ispirandosi a Dylan Thomas) su YouTube guadagnava in breve tempo qualche centiaia di migliaia di visite, attirando nuovi estimatori incuriositi dal suo stile vocale, un po’ scapestrato in quella sua libertà freak. Oltre a un prevedibile Owen Pallett c’è anche Beirut nel novero dei facili accostamenti: non è un caso che Matthias abbia inciso un’elegante cover di My Night With The Prostitute From Marseille. Nell’attesa del primo LP, in cui la recente direzione della sua musica apparirà certamente più chiara, l’abbiamo incontrato per darci qualche dritta.

Quando nasce il progetto Sweet Sweet Moon?
Il mio progetto musicale è iniziato tre anni fa. All’inizio era solo chitarra e voce: canzoni d’amore, principalmente. Poi ho recuperato la mia passione per il violino e ho iniziato a lavorare con il loop. Da strettamente acustica la mia musica si è spostata in territori più elettronici.

Quando hai iniziato a studiare il violino?
Ho iniziato a studiarlo a dieci anni, ma componevo già i miei primi pezzi da bambino, a quattro o cinque anni!

Il tuo primo disco, l’EP Pompidou, è suonato interamente da te…
Sì, ho suonato io tutti gli strumenti, ma un amico mi ha aiutato nelle registrazioni. Non sapevo ancora bene come occuparmi della componente elettronica o del lavoro di registrazione. Pompidou trae in parte ispirazione dalla Francia, di certo, ma mi piaceva molto semplicemente il suono della parola.

Che mi dici invece di I Love Your Mum! ?
Oh, è il mio primissimo disco, interamente autoprodotto. Anche lì suono io tutti gli strumenti e mi sono occupato anche della copertina. Ne sono uscite a malapena 20 copie.

In sostanza possiamo definire Sweet Sweet Moon una one man band?
Sì, sono principalmente io. Scrivo i testi, compongo le musiche. Qualche volta dal vivo altre persone sono coinvolte, di solito degli amici. Spesso mi accompagna il violoncello. Ci sono anche dei progetti per il futuro: una band con la batteria, il basso e la chitarra.
Sul sito della tua etichetta il tuo lavoro viene accostato a quello di Owen Pallett. Il paragone viene quasi automatico.
Beh, di certo impieghiamo la stessa tecnica: violino e loop pedal. Non sono sicuro di quanto ci si possa spingere nel paragone. Al momento non so a cosa lui stia lavorando… (continua alla pagina successiva…)

Giuseppe Zevolli
Giuseppe Zevolli
Nato a Bergamo, Giuseppe si trasferisce a Roma, dove inizia a scrivere di musica per Indie-Eye. Vive a Londra dove si divide tra giornalismo ed accademia.

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