Il primo album di Tara Jane O’neil per K records contribuisce ad una semplificazione sicuramente onesta del suo songwriting; se si escludono le collaborazioni con Retsin e Sonora Pine, Tara ha dato il meglio di se nelle realizzazioni soliste a partire dall’esperienza immediatamente successiva alla meteora Rodan. Peregrine è per forza il vampiro scomodo di tutta la carriera della O’neil, sospeso tra folk e un Jazz atmosferico, riesce in quel difficile equilibrio che colloca la forma canzone tra struttura e deriva; equilibrio che più o meno viene meno in tutta la produzione successiva della polistrumentista di Portland sviluppata all’ombra di quelle idee. A Ways away ha il merito di spazzar via una timbrica autoreferente e di aderire in modo più semplice alla composizione, ricorrendo ad un bedroom folk che non è per forza sinonimo di fragilità. Il modo di comporre è il solito di sempre, ma in un certo senso si avvicina maggiormente ad una psichedelia da camera messa insieme con meno artifici. “Beast, Go along” ne è un esempio molto chiaro; il brano emerge da un drone di 37 secondi affidato velvetianamente ad una forza elettrica rozza, in presa diretta e senza troppo lavoro di post-produzione; nella coerenza tutta interna di un’artista che è rimasta vittima per molti anni della sua estetica personale, A Ways away è in fondo un album che suona più “rock”.