giovedì, Novembre 21, 2024

The Impellers – This Is Not A Drill (Légère Records, 2012)

Negli ultimi anni l’Inghilterra è diventata una fucina di ottime band soul & funk, sull’onda del revival iniziato da Amy Winehouse e Mark Ronson e proseguito grazie all’impegno e alla passione di musicisti ed addetti ai lavori, come qualche mese fa ci ha spiegato in un’intervista (che si può leggere da questa parte) Nick Pride, che di questa ondata è una delle punte di diamante con i suoi Pimptones.
Gli Impellers arrivano da Brighton e si propongono anch’essi per un ruolo di rilievo all’interno di una scena molto agguerrita con il loro secondo album, This Is Not A Drill, seguito di Robot Legs, uscito nel 2009 e già capace di portarli a condividere il palco con il James Taylor Quartet e con The Bamboos, ad esempio.
La prima caratteristica ad emergere ascoltando gli Impellers è la fantastica voce di ‘Lady’ Clair Witcher, che sa graffiare e colpire l’ascoltatore, trasmettendo una carica a tratti paragonabile a quella di Sharon Jones, e che dimostra di sapersi adattare anche a contesti abbastanza vari. La seconda peculiarità dell’album è infatti la presenza di diverse anime sonore, tutte situate all’interno della grande famiglia della black music, spesso incrociate tra loro con risultati di tutto rispetto, ma comunque ben distinguibili tra loro.
Ci troviamo infatti ad ascoltare ottimi esempi di brani con influenze afrobeat come Pon Lo Afuera o Politiks Kills People (in cui Clair dimostra una rabbia da far impallidire anche un cantante punk), accanto a pezzi più tipicamente soul-jazz ballabili, come The Knock Knock, e a momenti più sensuali e da cheek-to-cheek, che raggiungono il culmine in Signs Of Hope & Happiness. E ancora sarabande latin-funk, come la coda di Do What I Wanna Do, lo strut serpeggiante di Belly Savalas, il funkettone bello tirato di Close To Me, che non è una cover dei Cure, e di Last Orders (Outro) e il divertissement assolutamente ben riuscito di That’s Not My Name, che invece è davvero una cover dei Ting Tings (che nobilita non poco il brano rispetto all’originale). Varietà e qualità dunque, all’insegna della freschezza, dell’energia e della voglia di ballare e divertirsi.
Per chiudere la recensione mi affido a una classica formula: “quando finisce l’album viene voglia di riascoltarlo subito”. Questa volta è vero, fidatevi.

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Glenn Fallows (aka Ed Meme) – Chitarra e tastiere | ‘Lady’ Clair Witcher – Voce | Ed Breaker – Basso | Barry Lalanne – Chitarra | Tom Henderson – Batteria | Mark Yexley – Tromba | Chris Evans-Roberts – Sax Alto | Darren Smith – Sax Tenore | Emma Black – Sax Baritono | Joel Essex – Percussioni

The Impellers in rete

Tracklist:

Intro | Hear What I Say | The Knock Knock | Pon Lo Afuera | Do What I Wanna Do | Signs Of Hope & Happiness | Politiks Kills People | Close To Me | Took Me For A Ride | That’s Not My Name | Belly Savalas | Last Orders (Outro) [/box]

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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