venerdì, Novembre 8, 2024

The Jim Jones Revue; la foto-intervista

Parliamo un po’ dei vostri due dischi. Mentre il primo è stato registrato in soli due giorni e prodotto da voi stessi, per il secondo ci avete impiegato un po’ di più, avvalendovi anche della produzione di Jim Sclavunos. Com’è stato cambiare approccio nella registrazione?

In realtà anche per il nuovo disco, Burning Your House Down, non abbiamo impiegato molto più tempo: le registrazioni sono durate cinque giorni! Certo, il lavoro di produzione è stato maggiore, e si sente, ma anche in questo caso abbiamo utilizzato tempi ristretti, essenzialmente perché avevamo pochi soldi a disposizione, quindi non potevamo affittare lo studio molto a lungo. Per il primo disco avevamo speso ancora meno: avevamo piazzato tutto il necessario per registrare all’interno di una sala prove in cui entravamo a malapena noi cinque della band, una stanza di pochi metri quadrati. Questo anche perché volevamo che il disco suonasse selvaggio e ruvido, che rispecchiasse il nostro suono e la nostra carica live. E così è stato, molti pezzi sono stati registrati alla prima take o alla seconda, perché il risultato ci soddisfaceva e tutto suonava come volevamo. Una grande soddisfazione è stata quando abbiamo distribuito il cd e uno dei maggiori dj della BBC ci ha detto che quando passava i nostri pezzi doveva abbassare il cursore di 10 dB, mentre per tutti gli altri dischi oggi deve alzarlo per far arrivare un po’ di più il suono. Era esattamente quello che volevamo! Far capire la nostra energia live e differenziarci dalle altre band di oggi. Per il secondo abbiamo cercato di mantenere lo stesso spirito, anche lavorando con Jim.

A proposito, come siete entrati in contatto con lui? E come è stato lavorare con lui?

Il rapporto con lui è nato come tutti gli altri rapporti che abbiamo coltivato in questi anni: attraverso il live. Jim è venuto a vederci suonare qualche volta, gli siamo piaciuti molto e parlando dopo i concerti è saltata fuori la sua disponibilità ad aiutarci e produrci. Lavorare con lui è stato molto stimolante: è riuscito a mantenere lo spirito e il suono che ci contraddistinguono, pur aggiungendoci tocchi del suo genio. È incredibile la sua cultura musicale, anche perché ha suonato e lavorato con una serie di band eccezionali. Trovava soluzioni e idee andandole a ripescare dai vari cassetti della sua memoria: una cosa dai Sonic Youth, un’altra dai Cramps, un’altra ancora dai suoi lavori con Nick Cave. Inoltre ama parlare di musica e tecniche produttive, per esempio siamo stati ore a discutere se Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles fosse meglio in stereo o in mono. In mono, naturalmente. Quindi siamo assolutamente soddisfatti e onorati di aver potuto lavorare con un grande come lui.

Nella prima risposta avete affermato che quasi nessuno suona come voi oggi, rifacendosi al rock’n’roll anni 50. Come vi spiegate questo fatto? In pratica tutti gli altri decenni della musica sono oggetto di recupero o di revival in questi anni…

Una cosa che ci teniamo a dire è che non siamo una revival band. Altri cercano di suonare ricreando il passato, riproponendo le stesse cose che sono state già fatte sia nei suoni, ma anche nei testi. Nel nostro caso è diverso, i testi non parlano di pin-up e macchine veloci, come accadeva negli anni ’50, ma sono legati alla nostra vita e al nostro mondo, parlano di quello che succede e che sente qualcuno che vive nel 2010 a Londra Est, i suoi problemi. Le condizioni in cui nasceva il rock’n’roll negli anni ’50 erano diverse, la cultura era diversa. Noi usiamo quei suoni e quell’attitudine come chiave d’accensione per il nostro motore; con quella ci accendiamo, poi il resto ce lo mettiamo noi e le altre influenze che abbiamo assorbito, sia precedenti, come il blues di Robert Johnson, sia successive, a partire da Stooges e MC5 fino a Jon Spencer e ai Grinderman. Una delle grandi cose del rock, che lo rendono così speciale, è il fatto che si può giocare con vari elementi e riassemblarli in modo nuovo, unico; penso ad esempio ai Birthday Party, che crearono un suono unico ed inimitabile a partire da elementi ben precisi e già utilizzati. Noi dagli anni ’50 prendiamo la vita e l’energia e le uniamo a tutte le altre cose che ci hanno colpito in questi anni, cose che abbiano la stessa energia, lo stesso swing, che possono essere gli Ac/Dc così come i gruppi punk-rock di fine anni ’70. O ancora gruppi come i Cramps o i Gun Club, che erano vere e proprie enciclopedie del rock, capaci di guardare indietro così come in avanti allo stesso tempo.

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

ARTICOLI SIMILI

GLOAM SESSION

spot_img

CINEMA UCRAINO

spot_img

INDIE-EYE SHOWREEL

spot_img

i più visti

VIDEOCLIP

INDIE-EYE SU YOUTUBE

spot_img

TOP NEWS

ECONTENT AWARD 2015

spot_img