Gruppo svizzero del Canton Ticino attivo già da qualche anno sotto l’egida della gloriosa Voodoo Rhythm di Reverend Beat Man, i Pussywarmers tornano in questo 2014 con il loro terzo disco, che porta con sé alcune novità sostanziali. La prima cosa che salta all’occhio e all’orecchio è che questa volta si fanno accompagnare dalla voce e dalle melodie di organo di Réka, musicista ungherese con studi jazzistici proprio in terra svizzera. La seconda è che l’etichetta che fa uscire l’album è la Wild Honey Records, la label dei Mojomatics che già accolse dei transfughi della Voodoo Rhythm, quei Movie Star Junkies che mettono lo zampino anche in questo disco, grazie all’aiuto in fase di registrazione di Nene Baratto, il bassista della band.
Queste novità non portano però grandissimi stravolgimenti nel suono e nell’attitudine della band, il che è assolutamente positivo: la formula proposta dagli svizzeri è infatti ormai ben collaudata e sarebbe un mezzo delitto snaturarla. Quello dei Pussywarmers è un garage-country-rock sui generis, trascinato con ironia e tanta consapevolezza in territori a metà tra il vaudeville, la mitteleuropa brechtiana e certe melodie anni ’60 (o meglio, eterne), capace di conquistare e lasciare il segno colpendo al primo ascolto con la semplicità e poi crescendo di volta in volta con la scoperta di tanti piccoli dettagli e sfumature.
All’interno di questo disco, così come dei precedenti, ci sono ottime canzoni, che spesso partono da melodie semplici ed accattivanti (fantastica ad esempio quella che contraddistingue Young Men Living, che sembra uscita dalle teste dei Beach Boys) e poi prendono pieghe ubriache ed inaspettate, sempre divertenti e a fuoco, dall’aria di valzer che si respira in Under The Sea a quella un po’ inquietante da b-movie di Sunrise 2 e There Are Always Two Answers, dai suoni da sala da ballo della morte di Feeling Of Death a quelli sunshine pop disegnati dall’organetto di Réka in Fading Out fino al songwriting alcolico di Something You Call Love.
Un’altra ottima prova quindi per i Pussywarmers, quello che in politica chiamerebbero “cambiamento nella continuità”, ma che noi chiamiamo semplicemente “bella musica”, e tanto basta.