Chi si ricorda degli Aereogramme? Credo in pochi, purtroppo. Una band scozzese in attività dai primi anni Duemila, autore di un post rock emozionale che sfruttava i dettami e le dinamiche del math rock. Detta così magari sembra una cosa sin troppo definita da etichette che lasciano il tempo che trovano, ma dischi come A Story In White e Sleep And Release resteranno nella memoria di chi apprezzava la matematica applicata al sentimento. Finita l’esperienza dopo quattro album, il cantante Craig Beaton ed il chitarrista Iain Cook formano The Unwinding Hours. Afterlives è il loro secondo lavoro, seguito dell’omonimo debutto di due anni fa. Sostanzialmente la scrittura dei due musicisti non è cambiata moltissimo dalla precedente esperienza: c’è meno asprezza math, meno gagliardia chitarristica (anche se quest’ultime continuano ad essere presenti, ma sotto un’altra forma), sostituite da un respiro più ampio che si nutre di inserti pianistici, synth, piccoli schizzi di elettronica. Le composizioni risultano così essere più “dritte”, meno ricche di scarti e di complesse tessiture ritmiche, a vantaggio di una carica emotiva rimasta (quella sì) la stessa. Merito soprattutto della voce gentile ed evocativa di Benton (il quale, pochi anni fa, ebbe dei gravi problemi alle corde vocali), che impreziosisce tutte e dieci le composizioni dell’album. In Afterlives troverete il buon vecchio alternative rock di inizio anni 00, ora impegnato ad inseguire una malinconia (I’ve Loved You For So Long, Say My Name), ora ad essere più grintoso ed aggressivo (Wayward, The Right To Know), fino a spogliarsi di tutti gli orpelli (l’intensa The Dogs). Una forma di post (poco) rock emotivo (molto) che ci ha ricordato le ultime cose scritte da un altro fantastico gruppo minore, gli americani Elliott. A cuore aperto, sempre e comunque.