Un tuo brano (Sycamore Feeling) è stato utilizzato anche all’interno dell’ultimo film di Almodovar. Dato l’interesse che i registi nutrono nei tuoi confronti, mi chiedevo se ti è mai stato chiesto di comporre una colonna sonora o se la cosa ti interesserebbe.
In effetti tre anni fa ho composto la colonna sonora per un film danese (si tratta di Det Som Ingen Ved, del regista Søren Kragh-Jacobsen). Il regista è stato co-fondatore del gruppo Dogma 95, quello di Lars Von Trier. Non credo tu possa conoscere la pellicola in questione, perchè dubito che sia stata distribuita all’infuori della Scandinavia. È stata un’esperienza interessante ma mi ha portato via un sacco di tempo, quasi un anno in cui non sono riuscito a concentrarmi su nient’altro! In futuro preferirei semplicemente concedere al cinema l’uso dei miei pezzi, così da potermi dedicare ai miei dischi.
Mi sembra chiaro che sei molto più interessato a scrivere canzoni che musica da club. Il modo in cui usi le chitarre, l’importanza della voce, i ritmi downtempo mi ricordano in qualche modo i Portished. La musica che veniva prodotta a Bristol negli anni ’90 ha rappresentato un’influenza per te?
Certamente, i primi due dischi dei Portished rientrano fra i miei ascolti dell’epoca. Ad essere sincero, però, sono molto più legato al recente Third . Adoro le sonorità krautrock che caratterizzano quel disco. In realtà la maggior parte dei gruppi trip hop mi è sempre sembrata troppo lounge. Ovviamente questo giudizio non riguarda i Portished, che anzi hanno saputo reinventarsi completamente proprio con Third. Credo che questo cambio di pelle mi abbia influenzato ben più della loro produzione anni ’90, perchè mi ha spinto a non ripetere quello che avevo già fatto su The Last Resort.
Un brano come Silver Surfer Ghost Rider Go!, e lo stesso remix di Pinky’s Dream, al contrario, tradiscono l’influenza dei Suicide.
I Suicide hanno rappresentato la mia personale introduzione alla musica elettronica. Per la maggior parte delle persone il gruppo di riferimento in questo senso sono i Kraftwerk. La prima volta che ho sentito Ghost Rider sono rimasto folgorato. C’era questo sound rockabilly di fondo, ma il beat era decisamente freddo, elettronico. Erano davvero in anticipo sui tempi, e credo che suonino ancora piuttosto attuali. Sono uno dei miei gruppi preferiti in assoluto. Amo i loro primi due dischi e potrei ascoltarli all’infinito.
E che mi dici dei Gun Club, di cui hai coverizzato My Dream?
Non conoscevo i Gun Club fino a poco tempo fa. Me li ha fatti ascoltare per la prima volta la mia cantante. Eravamo in tour negli States e passavamo un sacco di tempo sul tour bus, spostandoci tra una location e l’altra. Un giorno lei ha messo nell’impianto un album dei Gun Club e il loro stile mi ha subito conquistato. Era un gruppo del passato di cui non sapevo assolutamente nulla, e ho pensato che sarebbe stato divertente farne una cover. Cosa che non mi capita di fare molto spesso.
Quali sono le tue radici? Hai cominciato come musicista rock o come DJ?
A dire il vero ho cominciato a fare il DJ solo cinque o sei anni fa. Quando avevo diciassette anni suonavo le tastiere, e di tanto in tanto la batteria, in un gruppo rock. Poi, circa dodici anni fa, ho cominciato a comporre anche musica elettronica. Dunque potremmo dire che ho sempre avuto un piede nella scena alternativa e un altro in quella dei club. Non mi è mai sembrato importante inserire la mia musica in una categoria specifica.