Warias – Wools: la recensione

Da dove sbucano questi Warias? Dove nascono tutte le percussioni tribali presenti in Wools? Le domande trovano risposta nelle persone di Matteo Salviato e Giulio Marzaro, mentre il primo ha militato come bassista nei   The Soft Moon di Vasquez,  entrambi hanno condiviso esperienze in alcune formazioni garage con le quali hanno girato l’europa; l’ep è stato registrato e mixato dagli stessi Salviato e Marzaro, con l’aiuto del tecnico del suono Stefano Scattolin, già con AUCAN. L’esordio con queste quattro tracce di Wools (che i principali motori di ricerca “disambiguano” in Woods, come pure Warias in Warriors, e penso quasi ad un effetto voluto) denota una spiccata attenzione ai suoni. Una deriva sonora e quasi nautica verso elementi tribali a metà tra il Medio Oriente e l’Africa nera, dove la scaramanzia diventa legge e il pericolo normalità. Dall’introduttiva e incompleta Bali, si sente una sovrapposizione di suoni e immagini molto efficace in Wools e Dune, la prima quasi da Joy Division adagiati sul trip-hop, la seconda che deve molto alla potenza degli Aucan sebbene tenga duro sul quattro quarti standard. Permane l’uso diffuso delle percussioni a sostenere ciclici synth tarati al punto giusto. Chiude la più convenzionale Daylight, dai bassi pesanti e dalle sirene ammalianti, a rappresentare la fuga in mare dall’inferno tribale in cui ci si era cacciati fino a poco fa: una versione notturna dei Tanlines. 21 minuti scarsi per una prova convincente ma ancora troppo sperimentale: non c’è dubbio sul fatto che Salviato e Marzaro sappiano il fatto loro, ma manca ancora autonomia da certe influenze di riferimento.