mercoledì, Novembre 27, 2024
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Ziak – Talent, il video iperviolento candidato ai Berlin Music Video Awards 2023

Ziak è uno dei fenomeni più interessanti dell’hip hop francese anche per il modo in cui ha gestito tutta la comunicazione intorno al suo personaggio. Identità ignota, origini apolidi ai margini della Francia, ha semplicemente tradotto gli elementi della sua biografia in un mondo sonoro che attinge tanto dal medio oriente filtrato dalle banlieues parigine, quanto dall’india. Sempre a volto coperto, ha pubblicato tre album, l’ultimo intitolato Chrome, uscito lo scorso febbraio.

Raplume, etichetta e media vault francese devoto all’universo rap francofono, ha pubblicato nel 2022 una raccolta che aggrega il meglio della scena sotto il titolo di Le soleil se lèvera à l’ouest, ottimo documento sonoro per comprendere le contaminazioni algerine, dell’india occidentale e di altri paesi che attraversano le produzioni street uscite in territorio francese.

Talent è la traccia di Ziak presente nella compilation ed è stata veicolata da un videoclip prodotto dalla Atalia Films e diretto dal titolare Atalia insieme a Sacha Volkov. Il primo, che ha curato anche la fotografia, a partire dal 2018 si è bilanciato tra videomusica, advertising e la produzione di cortometraggi, senza mai adattare il suo linguaggio al contesto, ma aggregando progetti di matrice urbana, tra ultraviolenza e cultura di strada.

Nel suo stile ipercinetico vicino alle forme anti-apologetiche e urgenti del documentario, la relazione tra luce e oscurità è sempre al centro, tanto da essersi spinto più volte verso interessanti territori di sperimentazione.

Il clip per Ziak, senza mezze misure, è splendido è lascia sinceramente attoniti per brutalità e innovazione, violenza e capacità di inventarsi un nuovo lessico.
Da una parte il racconto di formazione negativa che sottende un’educazione violenta, per come la conosciamo attraverso il cinema che descrive la strada e i quartieri dietro la prospettiva criminale. Dall’altra, alla contrazione estrema del linguaggio cinematografico in direzione ritmico-visiva e aurale, corrisponde l’incremento progressivo dei flash luminosi, oltre l’estetica strobo che ha attraversato buona parte della videomusica, anche coeva.

A tenerlo insieme è la velocità dei proiettili, il bagliore improvviso delle armi da fuoco, la velocità di un riflesso, la notte che si mangia le luci e trasforma tutto in un’ipovisione da incubo. Su questi parametri è settata la narrazione del video, che ai limiti di ciò che lo sguardo riesce a catturare, sintetizza meglio di altre cose la violenza fisica e psichica di una realtà generazionale che passa e scompare come un colpo di pistola.

Atalia e Volkov sono candidati per la miglior regia al Berlin Music Video Award 2023, che si svolgerà dal 14 al 17 luglio a Gretchen Club, storica venue della città tedesca. Ricordiamo che un altro video di Ziak, il distopico Meme Pas un grincement, è candidato a BMVA nella categoria VFX.

Brian Eno in tour con SHIPS, una produzione de La Biennale

Unica data italiana per il concerto di Brian Eno insieme all’orchestra filarmonica Baltic Sea, diretta da Kristjan Järvi, con la voce aggiuntiva di Peter Serafinowicz, le tastiere del polistrumentista Peter Chilvers e le chitarre di Leo Abrahams, musicista e produttore che ha lavorato con una pletora di artisti del panorama internazionale e che con Brian Eno ha unito l’ingegno più di una volta, basterà citare Small Craft on a Milk Sea del 2010, realizzato insieme a John Hopkins.
Ed è proprio con quell’album che Eno ha introdotto la sua collaborazione con la storica Warp records, per la quale ha pubblicato i tre album successivi a partire da Lux.
Il progetto dal vivo si intitola SHIPS, sviluppato intorno alle idee sonore di “The Ship“, ventisettesimo album del musicista inglese pubblicato nel 2016 e il primo in più di dieci anni ad includere contributi vocali.
Ispirato all’affondamento del Titanic, considerato come apice del potere tecnologico sulla natura, l’album nasceva in una dimensione transmediale e usciva dal formato deputato fino a lambire gli spazi di un’installazione sonora multi-canale. Aspetto frequente nella carriera dell’artista, basta pensare al progetto tra video, pittura e ambient music noto come Thursday Afternoon.
Nel disco erano presenti Serafinowicz, Chilvers e Abrahams, che come abbiamo detto, saranno presenti insieme all’orchestra Baltic Sea nell’organico live.

Nel riprenderlo in mano per questo evento che lo porterà ad esibirsi il 21 ottobre 2023 al Teatro La Fenice di Venezia per la prima assoluta del tour e in occasione del Leone D’Oro alla Carriera che La Biennale gli consegnerà il giorno successivo alle ore 12 in Ca’ Giustinian, Eno ha ricordato quanto la voce, centrale nell’album, non sia utilizzata per sostenere i pilastri della forma canzone. La musica crea uno spazio sonoro dove le voci sono come personaggi caratterizzati in modo non permanente e presenti per perdersi. L’idea di sfruttare un’orchestra nasce quindi dal fatto che c’è comunque una dimensione stratificata, ma che si sbarazzerà del concetto di partitura per far sprigionare l’evento sonoro dal cuore.
“Quando ho avuto modo di incontrare e vedere per la prima volta il lavoro della Filarmonica del Mar Baltico – ha detto Eno – ho trovato esattamente questa dimensione“.

Gli spettacoli previsti alla Fenice sono due, uno alle ore 15:00, l’altro alle 20:00. Si tratta della prima esecuzione assoluta, dove le atmosfere orchestrali diffuse sono state elaborate per lo spazio acustico del teatro. Le informazioni sull’evento si trovano da questa parte sulla pagina ufficiale de La Biennale

La prevendita è stata annunciata dallo stesso ENO, attraverso il suo profilo facebook ed era prevista a partire da oggi 8 giugno dalle ore 10:00 in poi, ma il linktree di ENO, da cui si ricavano le informazioni ulteriori, indica le date di pre-sale come TBA.

Il primo tour dell’artista inglese in cinquant’anni toccherà Berlino il 24 ottobre, Parigi il 26, Utretcht il 28, Londra il 30 nella cornice del Royal Festival Hall.

PJ Harvey – I inside the Old I Dying, il video di Joaquín Cociña e Cristóbal León

Joaquín Cociña e Cristóbal León che si erano fatti conoscere alla Berlinale 2018 con il loro La Casa Lobo, tornano a cimentarsi con la forma videoclip dopo quello girato per The Smile, la band di Yorke / Greenwood dei Radiohead. Per PJ Harvey la coppia di animatori cileni ha realizzato il clip che veicola la title track del nuovo album della musicista britannica.

I Inside the Old I Dying è ancora una volta stop motion, realizzato entro i confini di un piccolo setting che muta e cambia costantemente la morfologia del frame. Il video viene descritto come “una breve storia sull’amore, la morte e la resurrezione“.
Abbiamo immaginato che il potesse essere visto come una piccola fiaba – hanno aggiunto i due autori – e anche come un rito intimo. Volevamo mantenere l’animazione in uno stato di crudezza scenica e materiale, come se gli elementi che vediamo non fossero personaggi o oggetti di scena, ma artefatti e talismani che fanno parte di una cerimonia“.
La visione rituale dei due animatori, che si esprime sovente attraverso la dimensione materica del loro cinema, mette in scena il ciclo della vita e della morte nel rapporto simbiotico tra un uomo e il suo cane. Un processo di trasformazione che ritorna alla lingua pre-semantica della natura e che trova un corrispettivo con le liriche del brano. “C’è un senso di desiderio e risveglio sessuale – ha detto la musicista – ma anche di spostamento da un regno all’altro; da bambino ad adulto, dalla vita alla morte fino all’eterno

La capacità di Cociña / León di plasmare lo stato interiore con la materia dell’animazione, avvicina il loro lavoro a moltissime suggestioni pre-digitali, dai primi corti di Lynch, passando per quella rilettura delle sollecitazioni surrealiste che attraversava le opere di Jiří Barta.

Laurie Anderson, data unica a Ravenna con Let X = X

Big Science, l’album di debutto di Laurie Anderson pubblicato nel 1982, è stato ristampato su disco per la prima volta in trent’anni nel 2021. Si tratta di un’edizione in vinile rosso che ripropone la rimasterizzazione realizzata nel 2007 per il venticinquesimo anniversario e proposta in quell’occasione solo in formato CD.

Quel lavoro, prodotto insieme a Roma Baran, anticipava la fusione tra arti performative, pop e musica elettronica per come la conosciamo oggi, ma soprattutto innescava una relazione complessa tra corpo e dispositivo, di stretta attualità per quello che sarebbe diventato e che potrebbe diventare il nostro rapporto con le macchine e l’automazione.

L’artista newyorchese, dopo aver espanso le sue facoltà, trasformando i focolari delle storie a veglia nell’incursione cinematografica di Heart of a Dog e l’esperienza del corpo tra organico e inorganico, nelle sperimentazioni VR de La camera insabbiata, torna ad interrogare il primo capitolo della sua avventura artistica con uno show condiviso insieme ai SexMob, il combo jazz guidato da Steven Bernstein che l’accompagnerà sul palco per riproporre le qualità “organiche” di Big Science.

Non si tratta di uno show celebrativo, perché alle tracce di quell’album saranno integrati anche nuovi brani, con lo scopo di rileggere storie e suoni che ben conosciamo alla luce di una nuova visione futura.

Il live si intitola infatti Let x=x, in riferimento ad una delle tracce più belle di Big Science, dove Laurie Anderson scriveva: ” I can see the future, and it’s a place– about 70 miles east of here.

Il processore vocale utilizzato nel brano originale era il Vocoder, che le consentiva di cantare in un microfono collegato ad una tastiera, ampliando le facoltà armoniche della sua voce naturale, un’espansione che si verifica in altri episodi di Big Science con altri dispositivi, tra cui l’Harmonizer impiegato per “O Superman”.

La band, costituta da Laurie Anderson alle voci, elettronica e violino; Steven Bernstein, MD, fiati; Doug Wieselman, chitarra, legni: Briggan Krauss, sax e chitarra;Tony Scherr, basso e infine Kenny Wollesen, percussioni, sta attraversando l’Europa con un tour da non perdere e toccherà l’Italia per un’unica data il prossimo 7 giugno nel contesto del Ravenna Festival, presso Palazzo Mauro De Andrè, Viale Europa 1.

L’inizio del concerto è previsto per le 21:30 e i prezzi dei biglietti sono di 35 euro + diritti di prevendita per il I settore e 22 Euro + diritti di prevendita per il II settore. Le prevendite sono attive presso la biglietteria del Ravenna Festival, presso Teatro Alighieri, Via A. Mariani 2, Ravenna e sul sito www.ravennafestival.org attraverso i circuiti www.vivaticket.com e www.internationalmusic.it

[La foto dell’articolo ritrae Laurie Anderson in uno scatto di Stephanie Diani, fornito da Enrico Rossi di ufficio stampa Enrico Studio Y]

Lucca Summer Festival, uno dei più longevi festival italiani: l’edizione 2023

Ha più di 25 anni il Lucca Summer Festival ed è incredibilmente riuscito a mantenere alto il livello qualitativo all’interno di una città Storica come Lucca, senza snaturarne la particolare struttura medievale, anche quando sono stati allargati i confini del festival fino allo spazio delimitato dalle mura storiche, a partire dal grande concerto dei Rolling Stones.

Quest’anno la location allargata accoglierà i Blur, come vi abbiamo già raccontato con questo articolo, per un’attesissima data unica italiana. Alla setlist dedicata ai loro grandi successi, saranno sicuramente affiancate le tracce del loro nuovo album intitolato The Ballad of Darren, annunciato a sorpresa per il prossimo 21 luglio su etichetta Parlophone. Il concerto al Lucca Summer Festival è programmato per il giorno successivo, 22 luglio, così da trasformare l’evento in un gigantesco release party.

Sette giorni dopo, per la chiusura del festival, nella solita location delle mura storiche, sarà di scena la musica di Robbie Williams, per una data italiana unica, dove il nostro porterà sul palco il sound di XXV, che rilegge i suoi successi alla luce degli arrangiamenti della Metropole Orkest, combo stellare in odor di jazz proveniente dell’Olanda. Ne abbiamo parlato approfonditamente da questa parte. Per l’occasione, a precedere il grande show dell’ex Take That, ci sarà il pop melodico di Diodato, ospite speciale della serata.

L’altra location del festival, non meno importante, è la cornice di Piazza Napoleone, nel cuore di Lucca e storica venue del Lucca Summer. In questo contesto si avvicenderanno artisti di altissimo livello a cominciare dal grande concerto pirotecnico dei Kiss previsto per il 29 di giugno, anticipati dallo show d’apertura degli Skid Row. Su questa serata dedicata al’HM e all’Hard Rock vi abbiamo già raccontato alcune cose con questo articolo, gioverà ricordare che l’ultima occasione per vedere i Kiss su un palco è questa, il tour, che da tempo celebra i cinquant’anni di carriera della band di Stanley e Simmons, sarà l’ultimo.

I Simply Red il prossimo primo luglio, dipingeranno con colori soul la location di Piazza Napoleone, alla luce dei grandi successi che hanno caratterizzato il loro sound, trainato dall’inconfondibile energia di Mick Hucknall.

Seguiranno il 4 luglio i Generation Sex, sulla cui presenza al festival della D’Alessandro & Galli abbiamo dedicato un intero redazionale. Per chi se lo fosse perso, si tratta di una superband costituita da Billy Idol, Tony James, Steve Jones e Paul Cook che mette insieme alcuni membri storici dei Sex Pistols con i Generation X di Billy Idol, per un repertorio di grande energia punk che qualifica l’evento come uno di quelli da non perdere assolutamente.

Il sei luglio tocca tocca a Bob Dylan, che torna al Lucca Summer dopo quindici anni. Il lungo e imponente Rough and Rowdy Ways tour è al centro dello show e ne abbiamo parlato da questa parte.

Il 12 luglio sarà il turno dei Sigur Ros, l’iconica band post-rock ha appena ristampato il terzo album del 2002 intitolato “()”, in una curatissima versione rimasterizzata ed è vicina alla pubblicazione dell’ottavo album a cui stanno lavorando presso gli Abbey Road Studio, previsto entro giugno. Gli Islandesi saranno in tour con tutti i membri fondatori, incluso Kjartan Sveinsson, che è tornato dopo dieci anni di attività parallela. L’opening act viene affidato a King Princess, direttamente da Brooklyn e con all’attivo due album. La cantautrice che ha messo al centro i diritti LGBTIQ, porterà sul palco del Lucca Summer il suo sound tra pop e cantautorato, che le ha consentito di ottenere già un disco di platino per il singolo Make My Bed.

Il 13 luglio invece sarà la volta dei Placebo. La band di Brian Molko. Brian calcherà il palco di Piazza Napoleone per portare principalmente i brani del loro ultimo album pubblicato quest’anno, intitolato Never Let Me Go.

Unica data italiana anche per Norah Jones, straordinaria interprete sospesa tra pop e Jazz, folk e blues, arriva il 14 luglio al Lucca Summer Festival, proprio sull’onda delle celebrazioni per il ventennale di “Come away with me”, l’album che ne consacrò il successo.

Il 16 luglio ci saranno gli OneRepublic, band guidata da Ryan Tedder, i cui successi hanno generato centinaia di migliaia di stream.

Sarà il Jazz contaminatissimo di Pat Metheny a caratterizzare i suoni del 17 luglio, sempre in Piazza Napoleone. Side-eye è il nome del nuovo progetto e ha il sapore di un esperimento di grande suggestione, che consentirà a musicisti emergenti, ma dal grande talento, di cimentarsi con il jazz apolide di questo mostro sacro.

Tre giorni dopo, il 20 Luglio, l’icona del rap internazionale Lil Nas X salirà sul palco del Lucca Summer proponendo la sua versione non riconciliata dell’universo, la cultura e gli stereotipi hip hop, completamente rivisti da una furia creativa e politica, che mette al centro un discorso potentissimo sull’identità di genere, la libertà sessuale, riscrivendo la storia del genere da una prospettiva marcatamente anti-machista.

Le parodie irresistibili di Checco Zalone metteranno al centro l’unico headliner italiano del festival, sul palco il 21 luglio con uno show intitolato Amore+Iva

Il 23 luglio sarà il turno del grande concerto dei Chemical Brothers. Ed Simons e Tom Rowlands saliranno sul palco lucchese con i visuals imperdibili della premiata ditta Smith & Lyall, che da anni trasformano i loro live in un’esperienza davvero immersiva. Ne abbiamo parlato, con alcune previsioni sulla setlist del concerto, da questa parte.

Il 25 luglio un vero e proprio double bill in Piazza Napoleone. Gli ospiti del Lucca Summer Festival per quella data sono infatti Jacob Collier e Snarky Puppy. Il primo, protetto da Quincy Jones, ha raggiunto il successo nel 2016 con il suo In My Room, album interamente autoprodotto, come suggerisce il titolo, e che gli ha fatto ottenere ben 5 Grammy. Si sono allora aperte le porte per collaborazioni di prestigio con artisti del calibro di Herbie Hancock e il grande autore di colonne sonore Hans Zimmer e molte altre join. Nel 2018 Djesse, ciclo di quattro release, ha consacrato le ambizioni di Collier, che si conferma come uno degli artisti più stimolanti dai tempi di Prince. La line-up del concerto è costituita da Christian Euman (batteria), Robin Mullarkey (basso) Alita Moses (percussioni), Emily Elbert (chitarra), Bryn Bliska (tastiere).

Gli Snarky Puppy sono invece una vera e propria jam band statunitense guidata da Michael League e fondata diciotto anni fa. Sospesa tra jazz, rock, world music e funk, con la loro forza improvvisativa si sono esibiti con artisti del calibro di Erykah Badu, Marcus Miller, Justin Timberlake, Stanley Clarke, Kirk Franklin, Ari Hoenig, Roy Hargrove, David Crosby, Michael McDonald, Snoop Dogg.

I biglietti per le serate del Lucca Summer Festival sono in vendita sul sito www.luccasummerfestival.it e sul circuito Ticketone.

Pit Coccato – Sit on the throne: il video di Agnemag in anteprima esclusiva

Pit Coccato torna dopo tre anni di pausa con un nuovo singolo. Sit on the throne è il primo estratto da un EP previsto per il prossimo ottobre 2023, che sarà prodotto da Daniele Celona.
Sull’incedere di un noise-pop molto vicino allo spirito dei ’90, il cantautore novarese si fa aiutare da Agnese Carbone, in arte Agnemag, fotografa di 25 anni specializzata alla Bauer di Milano, che si è costruita passo dopo passo un’estetica personale immersa nelle suggestioni dell’analogico. Appassionata di musica e con un padre Liutaio, è attiva anche in questa dimensione, tanto da aver collaborato al nuovo lavoro di Coccato cantando su tutti i pezzi.
Ci siamo dimenticati di chiederle con quali mezzi ha girato il videoclip che presentiamo in anteprima qui su Indie-eye videoclip, ma non è importante, perché in un’immagine riflessiva la vediamo allo specchio mentre brandisce quella che potrebbe essere una VHS-C o al massimo una miniDV.
Sulla scia dei filmmaker che seguivano in tour alcuni artisti della SST, come per esempio Dave Markey, nel video di Agnese Carbone si cerca di recuperare quella stessa aura tra documentazione, diario soggettivo e linguaggio di poesia.
Una tendenza che è ancora viva nel contesto delle produzioni indipendenti statunitensi e che nel nostro paese si sta facendo nuovamente strada attraverso svariate forme di ri-mediazione dei formati, basta pensare a due produzioni molto diverse tra loro come 16 Marzo, il video realizzato dai talentuosi YouNuts! per Achille Lauro, e ad alcune delle sfide ipovisive con la bassa definizione pensate da Antonio Stea, spesso ospite da queste parti. Dall’altra parte dell’oceano non possiamo non citare il lavoro del primissimo Scott Cudmore.

Agnese Carbone, rispetto agli esempi citati, sceglie una via più punk e urgente, applicando gli aspetti della sua ricerca fotografica sul paesaggio, al movimento incerto e in costante mutazione del viaggio. Il risultato è ludico ed emozionale, con intuizioni interessanti, tra cui l’utilizzo di una titolatrice “in stile” per alcune incursioni testuali di vario genere, dal lyric video all’idea, in parte godardiana, dello schermo come superficie “bianca” entro la quale sia possibile incorporare ogni occorrenza linguistica, dalla parola scritta ad un riflesso di luce, fino ai difetti, i salti, i drop in fase di montaggio.

Mentre i nostri visitano un cesso durante il tour di Coccato del 2022,c on uno scroll brutale scorre velocissimo un vecchio articolo di Piero Scaruffi proposto nella versione inglese, ed estratto da un’analisi complessiva della carriera dei The Beatles: ” Rock critics are often totally ignorant of the rock music of the past, they barely know the best sellers“.
In opposizione a questa supremazia sterile della parola, Coccato/Carbone forzano il mezzo e lo trasformano in uno strumento tattile, cercando di afferrare le piccole manifestazioni invisibili del movimento, del viaggio e della jam come stile di vita. Sit on the throne allora diventa un piccolo anti-saggio sulla videomusica come ricerca di suono, rumore, ritmo, nel farsi e disfarsi dell’immagine stessa.

Speriamo di vedere altre cose di Agnese Carbone e che mantenga al centro questa libertà anarchica di inventarsi un possibile sguardo sullo straordinario quotidiano.

Pit Coccato su Instagram
Agnemag su instagram

Sit on the throne di Pit Coccato, il video di Agnemag: l’intervista con Agnese Carbone

Agnese, per quanto riguarda la cultura dell’immagine, la tua formazione è principalmente fotografica. In che modo il tuo sguardo sullo spazio, gli ambienti, gli oggetti e la vita della suburbia sono confluiti in questo “invito al viaggio” di Pit Coccato?

Una delle cose che adoro tanto fare in viaggio è fotografare, perché ho il tempo e più occasioni per ricercare e concentrarmi su un altro tipo di sguardo, diverso da quello superficiale e costruito che rischio di avere in città. Mi ripeto spesso di voler far respirare il mio sguardo e il mio cuore attraverso le foto che scatto, cerco la spontaneità e qualcosa che immortali la sensazione intrinseca di malinconia che permea ogni viaggio, sia inteso come viaggio fisico, che come viaggio di crescita, un viaggio personale. A me sembra spesso di spostare il mio occhio fotografico sul video, quasi pari pari. Solo che un po’ più in movimento. Non dico che il viaggio di Pit regali una sensazione di calma e tranquillità, anzi nel lavoro di montaggio ho voluto trasmettere il contrario, ma in tante immagini ho sentito verità e respiro, le caratteristiche che ho cercato durante tutto il viaggio anche con la mia Nikon F3.

Come è stata decisa la forma da dare al video tra selezione dei frammenti e post-produzione?

Sin da subito avevo l’idea di fare un montaggio serrato, veloce, senza soffermarmi su delle riprese in particolare, anche se in alcuni punti l’ho fatto, proprio per trasmettere la sensazione di continua ricerca, scoperta, spensieratezza che abbiamo vissuto in quei giorni. Volevo creare qualcosa che tenesse il ritmo di quel viaggio.

Nelle tue foto il paesaggio ha una posizione importante e stabilisce un limite tra visibile e invisibile. Questa dimensione metafisica è secondo te presente anche nel gioco continuo di Pit all’interno del video?

Può darsi, diciamo che mi viene sempre da ricercare tutte quelle cose che suscitano contemplazione, mistero, domande a cui è bello non cercare una risposta: in questo caso sono i paesaggi, in altri casi è il mare, i suoi riflessi, i dettagli della natura, un volto. Mi piace sempre collegarli poi a qualcosa di più reale e concreto, inserirli in mezzo ad un racconto, proprio per trasmettere la storia il più emotivamente possibile.

Rispetto al tuo lavoro con le fotografie, quello con il video su quali principi si fonda?

A questa domanda non saprei rispondere, nel senso che nel video quasi mi sento come mi sentivo i primi mesi che tenevo la macchina fotografica in mano, parlando dal punto di vista di professionalità e capacità. Poi l’occhio è sempre il mio, quindi nella mia amatorialità trovo sempre il modo di far trasparire il mio immaginario e la mia estetica nei video che faccio. Quindi direi che di base il mio lavoro si fonda in primis sul “còre” e ovviamente su determinate esigenze estetiche, nel video è ancora complicato e difficile soddisfarli sempre sia per inesperienza che per la mancanza di competenze allargate.

Microfoni Wireless con ricarica veloce per Video Blogger: il video tutorial e il test

I Microfoni Wireless lavalier sono diventati indispensabili per ogni produzione video che comporti la realizzazione di interviste senza l’ingombro dei cavi.
L’attività del video blogger, per esempio, centrata sulla velocità e l’immediatezza di realizzazione, tende sempre di più all’utilizzo di dispositivi facili da mettere in funzione e le cui impostazioni siano intuitive. A questo si aggiunge la necessità di limitare gli ingombri e di effettuare microfonazioni al volo.
Il mercato dei dispositivi microfonici Wireless non rispetta così spesso queste caratteristiche e l’utilizzo di trasmettitori e ricevitori in radiofrequenza per eliminare la presenza di fili e cavi fastidiosi, non sempre è sinonimo di ergonomia.

Microfoni Wireless, si ma di piccole dimensioni

Da un po’ di tempo sono disponibili sul mercato dispositivi microfonici Wireless che sfruttano le radiofrequenze per trasmettere a distanza, che all’ampio raggio di trasmissione, aggiungono dimensioni molto contenute, facilità e immediatezza nella sincronizzazione tra dispositivi e in alcuni casi microfonazioni veloce.

Le caratteristiche che i migliori dispositivi del genere dovrebbero avere, sono le seguenti

  • Dimensioni contenute
  • un kit di almeno due trasmettitori e un ricevitore
  • ampio raggio di trasmissione dal trasmettitore al ricevitore
  • possibilità di regolare il volume su ogni dispositivo
  • microfoni on board, oltre alla possibilità di agganciare capsule microfoniche lavalier, per garantire una microfonazione al volo senza cavi da nascondere
  • possibilità di connessione con videocamere e smartphone di recente fabbricazione
  • ricarica veloce e simultanea dei dispositivi

Microfoni Wireless con Power bank per ricariche veloci

Una delle caratteristiche più interessanti dei microfoni Wireless più avanzati è poter disporre di un power bank dedicato che ricarichi velocemente i tre dispositivi senza dover ricorrere a batterie esterne oppure a ricariche individuali. Questi power bank si presentano spesso come dei veri e propri case che assolvono due funzioni: consentire il trasporto dei dispositivi in sicurezza e contemporaneamente svolgere tutte le operazioni di ricarica anche quando si è in viaggio, oppure si pensa a tutte le questioni legate alla pre-produzione video

Microfoni Wireless Synco G1A2PRO con power bank di ricarica, il test

Tra i migliori prodotti in circolazione per quanto riguarda il rapporto qualità prezzo, il brand cinese Synco presenta una gamma di Microfoni Wireless adatti al video blogging, alla realizzazione di interviste e in certi casi anche al field recording, che si contraddistingue per facilità, velocità di utilizzo e prestazioni.
Abbiamo testato i nuovissimi G1A2PRO, il cui kit è costituito da due trasmettitori wireless, un ricevitore da installare su videocamera o smartphone e un case che assolve tutte le funzioni di un power bank per ricarica veloce. Oltre a questo, i microfoni Synco dispongono di microfoni on board collocati sui trasmettitori, che rendono del tutto opzionale l’utilizzo di microfoni lavalier. Si tratta di una possibilità utilissima, che consente microfonazioni al volo e molto più veloci, rispetto alla necessità di agganciare i microfoni lavalier e sistemare i cavi sul soggetto parlante in modo che siano invisibili. Se da un certo punto di vista le capsule microfoniche lavalier possono restituire un suono più presente e corposo, il test con i microfoni on board si è rivelato ottimo, anche in condizioni di vento, che viene automaticamente ridotto ed escluso durante la conversazione. I dispositivi Synco, tra l’altro, incorporano una funzione di riduzione del rumore davvero utile nel caso si lavori con rumori di fondo molto forti.

Synco G1A2PRO, i microfoni wireless con porta USB di tipo C

L’implementazione di USB di tipo C è presente solo sui nuovi modelli Synco ed è una caratteristica davvero utile, non solo per effettuare ricariche a velocità sostenuta del power bank, ma anche per sfruttare tutti gli smartphone che utilizzano la stessa porta, in modo da poter usare solo un cavo per dialogare tra i due dispositivi. Per esempio, nel caso in cui il nostro smartphone supporti la modalità alternata, USB di tipo C sarà in grado di trasmettere segnali DisplayPort, HDMI, MHL e flussi audio/video ad alta risoluzione. Questo garantisce un funzionamento immediato del ricevitore Synco con Smartphone corredati di porta USB di tipo C senza bisogno di connettere altri cavi audio al dispositivo.

Vediamo insieme cosa contiene il Kit G1A2PRO

  • Due trasmettitori wireless con microfoni on board
  • un ricevitore wireless con controllo dei volumi per i due trasmettitori
  • due microfoni lavalier aggiuntivi
  • 2 protezioni antivento in spugna
  • 2 protezioni antivento in pelliccia
  • due clip per agganciare i microfoni lavalier alla persona
  • un cavo TRS per connettere il ricevitore a videocamere e camere DLSR
  • un cavo TRSS per connettere il ricevitore a smartphone
  • un cavo USB di tipo C per connettere il ricevitore a smartphone corredati della stessa porta, utile anche per la ricarica del Power Bank
  • un adattatore USB di tipo C / USB

Synco G1A2PRO, il video tutorial

Abbiamo testato per voi il dispositivo Synco con un video unboxing completo che vi consenta di esaminarlo da vicino e con un test-tutorial di tutte le funzioni principali.

Il test, effettuato su una distanza di 150 metri è stato superato brillantemente e abbiamo aggiunto anche una prova della funzione stereo che consente di assegnare ai due trasmettitori rispettivamente il canale di sinistra e quello di destra. L’audio è molto buono e la regolazione del gain su dispositivo consente di regolare il volume in tre modi

  • direttamente su trasmettitore con quattro posizioni / gain
  • direttamente su ricevitore, che può controllare le quattro posizioni gain dei trasmettitori a distanza
  • aggiustando il volume in ingresso sulla videocamera, laddove ovviamente la videocamera consenta di farlo

Mentre non è necessario alzare molto il gain per la prova mono standard, consigliamo di alzare il volume per quella stereo, in modo da ridurre il fruscio in fase di post-produzione. La funzione stereo consente infatti di intervenire sui due canali destro/sinistro in modo indipendente, per correggere e post produrre le due voci separatamente.

Synco G1A2PRO valutazione finale

Il dispositivo Synco è disponibile anche su Amazon e oscilla dalle 150 alle 119 euro
Si tratta di un dispositivo dal budget contenuto per quello che offre, molto più economico rispetto ad altri modelli disponibili sul mercato e con una qualità eccellente anche in situazioni di ripresa complesse.

La qualità dei microfoni on board si è rivelata di alto livello, senza sorprese particolari. In presenza di rumore molto forte è per esempio possibile attivare la funzione di noise reduction, anche se per quanto riguarda il vento, questo viene escluso in automatico dai microfoni on board mentre il parlante è attivo.

L’ingombro dei trasmettitori è davvero minimo e se ricorrete ai microfoni lavalier in dotazione, preferendoli a quelli on board, diventa praticamente invisibile e facilissimo da incorporare su un soggetto parlante rispetto ad altri dispositivi che utilizzano al contrario trasmettitori di grandi dimensioni.

La sincronizzazione dei trasmettitori con ricevitore è automatica e non è necessario ricorrere a complicate operazioni manuali di ricerca e allineamento della frequenza.

Puoi acquistare i dispositivi Synco da questi link

Synco G1A2PRO (119 euro su amazon al momento di scrivere l’articolo)
Synco G1A2PRO (149 euro su amazon al momento di scrivere l’articolo)
Synco G1A2PRO, pagina del produttore

Neil Young secondo Godano & Asso Stefana: oggi il live fiorentino

Se ci consentite la sintesi, Alessandro “Asso” Stefana è il chitarrista che più di altri in Italia si è avvicinato alla sperimentazione “tattile” di Marc Ribot, creando paesaggi sonori inusitati, tra elettricità e dilatazioni ambient. Mentre Cristiano Godano è il musicista che per primo ha fatto suoi, entro i nostri confini, i principi estetici e poetici delle sonorità noise esplose oltreoceano tra la fine degli anni ottanta e i primi anni novanta, con un nuovo lessico tarato su velocità diversamente urbane. Non era scontato che si incontrassero sulla passione comune per Neil Young, ma in qualche modo può essere considerato nell’ordine delle felici probabilità.

Non è necessario ricordare l’amore di Lee Ranaldo, Thurston Moore e soci per un album come re-actor, tra quelli considerati erroneamente minori nella vastissima discografia del grande autore canadese, ma evidentemente capace di aprire una breccia nel cuore delle nuove gioventù soniche per forza e capacità di sintesi. Difficile riassumere in poche righe “cosa sia” il trovatore di Toronto attraverso i decenni della sua prolifica attività, basterà quindi ricordare l’influenza transculturale esercitata sulle generazioni vicine e lontanissime dalla sua.

Cristiano Godano e Alessandro “Asso” Stefana, mentre erano al lavoro sull’undicesimo album dei Marlene Kuntz, si sono ritrovati sul terreno di una passione comune, quella per la musica di Young, sviscerato e approfondito in termini strutturali e poetici.

Godano ha più volte dichiarato il suo amore giovanile per Young e come la parte più violentemente elettrica di Rust Never sleeps sia stata in qualche modo il suo battesimo con il rumore. Lo aveva già celebrato nei live condivisi con Giancarlo Onorato, eseguendo la cover di Out on the weekend, uno dei classici più intensi di Harvest.

L’idea di una riscrittura intima e profonda di questo universo creativo nasce quindi dal confronto in studio tra i due musicisti italiani e da un concerto estemporaneo allestito nella residenza dove prendeva corpo il nuovo disco dei Marlene.

Quella piccola ma intensa esperienza convince il duo a organizzare un tour in giro per la penisola.
Nasce quindi “Journey Through The Past The Tour“, titolo preso in prestito dal film girato in 16mm dallo stesso Young nel 1973 e che insieme al disco, raccoglie prove, backstage esibizioni live dal 66 fino a oggi, oltre ad una serie di frammenti anti-narrativi. Realizzato con lo spirito crudo e spontaneistico che aveva caratterizzato Time fades away, è tra le altre cose un manifesto del rapporto non riconciliato di Young con l’industria discografica. Questa irriducibile autonomia ci immaginiamo abbia spinto il duo Godano / Stefana a sceglierlo come titolo del loro show, che è un’incursione acustica e intima nel repertorio Younghiano, ma con il propellente della riscrittura che lo colloca fuori dalla cornice del semplice tributo.

Nella setlist classici come Hey Hey, My My, Comes a time, You and Me, Harvest Moon, Cowgirl in the sand, Old Man, Heart of gold, Helpless, la bellissima The Needle and the Damage Done, ma anche brani meno frequentati Through My Sails incursione acustica dal rumorosissimo Zuma, See the Sky About to Rain e For the Turnstiles tratte da On the Beach, uno dei tre tasselli dell’oscura Ditch trilogy,

In alcune delle date precedenti, il concerto si è chiuso con un encore costituito da una selezione di brani tratti dal lavoro solista pubblicato nel 2020 da Cristiano Godano. Mi ero perso il cuore, prodotto da Gianni Maroccolo e Luca Rossi è in effetti un disco che trae linfa dall’amore per Dylan e Young e rappresenta il coronamento di questo omaggio autoriale al grande musicista canadese.

Journey through the past the tour oggi 25 maggio 2023 fa tappa a Firenze, nella suggestiva cornice dell’anfiteatro Ernesto De Pascale, nel polmone verde fiorentino del parco delle Cascine.
Si tratta di uno degli eventi del contenitore Ultravox di cui abbiamo parlato da questa parte ed è ad ingresso gratuito.
Il concerto comincia alle ore 21:00 e per chi viene in auto e in moto, è disponibile un parcheggio custodito in Via Dell’Aeronautica, a cento metri dal palco

[la foto dell’articolo è uno scatto di Michele Piazza, fornito da Ufficio Stampa Marco Mannucci]


“Note di cronaca”, il disco e i video di Stefano Corradino tra poesia e cronaca sociale

Vent’anni di militanza in Rai, una dedizione mai sopita per la musica e a far da collante, le numerose storie raccolte durante un’attività professionale che ha messo sempre al centro la fame e la sete di diritti. Stefano Corradino, giornalista di RaiNews, nel febbraio del 2022 diffonde un video sul suo canale YouTube per attivare una campagna di crowdfunding. Il sogno è quello di realizzare un disco con i brani che ha composto a partire dai temi legati ad anni di servizi e di ricerca. E ci riesce, perché le 7 canzoni che compongono “Note di Cronaca“, non solo vedono la luce, ma in un anno di circolazione totalizzano oltre 100.000 hits sulle numerose piattaforme digitali dove il disco è presente.

Pubblicato dall’etichetta indipendente Carpe Diem in una bella edizione fisica in vinile, con l’artwork curato da Mauro Biani, uno dei vignettisti più creativi e raffinati che abbiamo in Italia, il disco si avvale della produzione artistica di Stefano Profeta, direttore della stessa Carpe Diem, noto jazzista e con all’attivo numerose produzioni anche in ambito pop.

Per veicolare “Note di Cronaca”, Corradino ha diffuso un videoclip per ogni brano della tracklist, realizzando di fatto un vero e proprio visual album, come quelli di The The, Devo e Beyonce, per citare le commistioni più riuscite tra musica e video nella cosiddetta cornice long form.

Sviluppati con quel tono confidenziale che si lega alla relazione stretta con il pianoforte, i clip riservano una serie di sorprese visuali, orientate alla costruzione di una narrazione capace di trasformare le immagini della cronaca nei segni di una lingua poetica.

Le diverse messe in scena comprendono arti performative (Rosa bianca, dedicato al caso di Ilaria Alpi), drammatizzazioni (Contagiò, sull’emergenza sanitaria Covid 19, 102 passi, sulla sicurezza sul lavoro) video ritratti simbolici (Il Giardino di Arianna, storia tragica di una figlia strappata alla madre dal tribunale, Il gioco della verità, sulla tragica morte di Ilaria Alpi) qualche incursione nella video-arte (Sulla Nostra Pelle, dedicato a Stefano Cucchi).

Corradino è sempre al centro, come storyteller che definisce la cornice del racconto e sollecita lo scambio palpitante tra cronaca e trasfigurazione poetica. Ovviamente si tratta di un processo già inscritto nelle liriche dei brani, capaci di generare immagini dall’intensità dell’esperienza, traducendo quella dimensione concreta del “produrre” indicata dal verbo greco poiêin. Tutt’altro che astratta, la lingua di Corradino riproduce l’itinerario complesso del giornalista ogni giorno a contatto con un’umanità in ginocchio, per restituircene l’essenza in una sintesi politica ed esistenziale. Ecco che allora si fanno strada più della metafora, la tenerezza del gioco, l’onestà del racconto, la ricerca della magia laddove si scorgerebbe solo tragedia. C’è in tutto questo una qualità cantautorale, ma anche jazzistica. La prima per la capacità di trasferire le storie grandi e piccole in una dimensione dove i segni si aprono ad un respiro universale. La seconda per la leggerezza con cui note e parole si inseguono in un flusso. “Note di Cronaca”, in questo senso, ci sembra un titolo azzeccatissimo.

Il passaggio dalla parola alle immagini è allora già incorporato nelle sette canzoni dell’album. Quando diventa video, trova un supporto o una piccola ulteriore apertura rispetto a quelle sollecitazioni.

In questo senso, il nostro video preferito è Sulla Nostra Pelle, per la schiettezza tagliente delle parole e per questo clip che rimette in scena l’oppressione delle carceri italiane, sanzionate ripetutamente dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, luoghi di degrado e di tortura, discariche sociali dove lo Stato si sottrae. In questo spazio ricostruito nella sua essenzialità brutale, davanti ad una rete metallica senza materasso si erige un totem di vecchi schermi televisivi mentre riproduce le immagini che conosciamo, già ri-mediate dall’ipertrofia transmediale. Corradino, come il Tom Petty narratore, diventa cantastorie, testimonia lo snodo tra cronaca, racconto e poesia, quando la prima da strumento può diventare arricchimento dello spirito.

Sulla Nostra Pelle, il video di Stefano Corradino tratto da “Note di Cronaca”

La Playlist dei sette video di “Note di Cronaca”

Il ricavato delle vendite di “Note di Cronaca” è destinato ad Amnesty International

L’intelligenza artificiale nel video “No End in Sight” dei reggiani Mustek

Paolo Bardelli e Fabrizio Ascari lavorano insieme da qualche lustro dietro il moniker Mustek e hanno quattro EP all’attivo tutti sviluppati tra analogico e digitale, attraverso un percorso che si interroga sulla relazione tra psiche, contesti urbani e identità.
Dopo aver sperimentato con l’IA in tempi non sospetti, creando un vero e proprio avatar in grado di cantare il loro Summer of blood, tornano a sperimentare ad un anno di distanza con i modelli di Deep Learning, ispirati dal lavoro ormai seminale di Yang/Kuciara per Lost dei Linkin Park.

Per “No end in sight“, loro nuovo singolo, si sono fatti sedurre da una piattaforma come Kaiber, la stessa utilizzata da Yang/Kuciara, che rispetto ad altre testo/immagine, accetta input fotografici e può elaborare un risultato a partire dalle immagini stesse.
Hanno realizzato tutto in autonomia, sviscerando le peculiarità della piattaforma: “Viene inserito il plot del video in maniera testuale – ci ha detto Paolo – così come lo stile. Nel nostro caso, l’inizio del video è stato generato dando in pasto una nostra foto unitamente ad alcune descrizioni dettagliate della scena, dei movimenti di camera, del formato video che volevamo ottenere

Partendo da fonti rigorosamente originali, i Mustek hanno affidato all’IA tutti i processi di sviluppo e animazione: “il workflow – ha aggiunto Paolo – è stato caratterizzato da una suddivisione del brano in segmenti, in base alla sua logica interna, così da creare alcune clips adatte per il montaggio. Per ogni segmento veniva allegata una descrizione dettagliata, lo stile, il comportamento della camera. Per rispettare il più possibile la continuity dei vari footage, partivamo dall’ultimo frame del clip ri-generato dall’IA, come input per quello successivo

Montato in modo agile su iPad sfruttando iMovie per sincronizzare il tutto, i Mustek hanno eliminato qualsiasi intervento in post sull’animazione, lasciando all’IA il compito.

Tutto è Raw – ci ha detto Paolo – così come l’IA l’ha generato

Il video, ispirato all’immaginario di Shinya Tsukamoto e al suo Tetsuo, ha un’impostazione cyberpunk e sci-fi di fondo. Davvero coerenti e suggestive le mutazioni a vista dello spazio che da un ambiente laboratoriale ci portano a compiere un vero e proprio viaggio interstellare, fino ai recessi di un cervello che condivide più stadi di trasformazione e connette il cosmo con l’esperienza urbana. I Mustek trasformati nei personaggi di un anime, li vediamo alla deriva in una dimensione aumentata e allo stesso tempo, demiurghi di questo mondo immaginale che si spalanca, si sfalda, si moltiplica sotto ai loro piedi.

L’ipotesi, suggerita anche dal brano, è quella di un’intelligenza artificiale come propellente creativo senza limiti e confini tra ciò che consideriamo virtuale e quella che ancora chiamiamo “realtà”.

C’è il tentativo chiarissimo di creare un’allegoria visuale dell’atto compositivo più che un insieme di sinestesie tra musica e immagine. Tutto riconduce ad una cornice dentro l’altra, fino al cuore di una musica cablata con le macchine, che suggerisce la stretta connessione tra il brano e la lettura dello stesso che l’IA ha fornito al duo reggiano. Il risultato è un ibrido tra l’esperienza ancora legata al predominio scopico, che si dibatte con l’elaborazione dell’IA modellata su prototipi di calcolo squisitamente mentali.

Una visione disancorata dallo sguardo, ma che riesce a duplicarne tutti i processi.

Al momento di scrivere, il video più bello e riuscito tra quelli realizzati con IA in Italia

Mustek su bandcamp

Mustek, no end in sight, il video realizzato completamente con l’ausilio dell’Intelligenza artificiale