Si svolgerà al Gretchen Club, nel cuore di Kreutzberg, la nuova edizione del Berlin Music Video Awards, la più importante manifestazione Europea dedicata ai video musicali. Dal 14 al al 17 Giugno in Obentrautstr. 19-21, il festival celebrerà il suo undicesimo anno di vita, con quattro giorni di intrattenimento puro combinati con eventi dal vivo, workshop, opportunità di scambio per i creativi da tutto il mondo, cibo, musica e ovviamente la proiezione di tutti i videoclip selezionati per l’edizione 2023. La presentazione delle categorie in gara sarà suddivisa per tutti i giorni dell’evento e culminerà con le premiazioni conclusive: The Fashion Show / The Glittering Carpet.
Al Berlin Music Video Awards si concorre per
Il Miglior Regista
Il miglior concept
Il miglior videoclip narrativo
Il miglior performer – attore
La miglior canzone
La miglior animazione
I migliori effetti speciali
La migliore direzione della fotografia
Il miglior art director
Il miglior montaggio
Il miglior videoclip sperimentale
Il miglior videoclip low budget
Il miglior video trashy
Il miglior video bizzarro
Il miglior video musicale
La migliore casa di produzione
Tra i più di 100 videoclip da tutto il modo, selezionati e nominati nelle categorie di riferimento, ci sono artisti come The Weeknd, con il video di animazione How do i make you love me? diretto da Jocelyn Charles per la Somesuch LA & Remembers Paris, Ed Sheeran con il video di 2Step in concorso per i VFX di Academy Films / No. 8, i Beemoth con il video provocatorio di Versvs Christvs, in concorso nella categoria “Bizarre” e diretto da Agata Alexander per la produzione Grupa13.
Nother con la feauring vocale di Moon Leap, terza collaborazione insieme al regista Marco Santi per il video di US finanziato da Puglia Sounds, viene inserito nella categoria “Trashy”. In quella “Low Budget” segnaliamo un’altra produzione italiana, proveniente dalla Puglia e diretta dal talentuoso Antonio Stea per Leland Did It?, già ospiti in esclusiva su indie-eye con il numero 4 delle Gloam Session e in concorso a Berlin Music Awards con il videoclip di How?
In lizzaci sono anche gli Ucraini Kalush Orchestra, balzati agli onori delle cronache d’intrattenimento europeo per la vittoria all’Eurofestival con Stefania, e in concorso al BMVA con il video di Changes, uscito appena un mese fa e candidato per il miglior montaggio con la creatività di Stanislav Smyrnov e Nikita Khatsarevich. Asap Rocky, mito trap, è in concorso con Shittin’ Me, nella categoria dedicata al miglior regista, grazie al lavoro di Dan Streit & Cole Kush.
Indie-eye è media partner di Berlin Music Video Awards e contribuirà con una serie di approfondimenti mirati dedicati ai registi e ai creativi in concorso.
Il concept creato dalla D’Alessandro e Galli torna per una seconda edizione già ricca di ospiti e novità. Inaugurato nel 2022, La prima estate è molto più di un festival musicale, perché crea una connessione vitale tra i concerti, gli eventi e i dj-set, attraverso una rete di eventi collaterali che consentono di dare impulso alle attività del territorio. Lo scenario è quello suggestivo della Versilia, nel Parco BussolaDomani del Lido di Camaiore a soli 50 metri dal mare, dove per due week end consecutivi, il 16/17/18 Giugno e il 23/24/25 giugno, si avvicenderanno sul palco quattro artisti al giorno, per una giornata espansa dedicata ai nuovi suoni da tutto il mondo.
La line up di quest’anno è ricchissima, e comprende generi e tendenze diverse del panorama internazionale con una serie di serate che sono concepite in modo organico, per mettere insieme sonorità alternative, rap, funk, trap, pop-folk.
Tra i nomi già annunciati, assolutamente da non perdere il noise rock innovativo dei Just Mustard, band irlandese amatissima da Robert Smith e in promozione con il secondo album “Heart Under” pubblicato sull’etichetta dei conterranei Fountains D.C. ovvero la Partisan Records. Abbiamo parlato della loro musica approfonditamente con un articolo qui su indie-eye videoclip, e agevliamo un contributo video-live recente, per anticipare la qualità di un suono sospeso tra neopsichedelia, lo shoegaze dei My Bloody Valentine e una propensione noise-industrial oscura, onirica e potente. Il combo, guidato dalla voce narcolettica di Katie Ball, ha definito ironicamente la propria musica “Trip Trap“.
Just Mustard live: I am you
L’alternative rock del 23 giugno a La Prima Estate 2023
I Just Mustard suoneranno a La prima estate il 23 di giugno 2023 e la line up per quel giorno vede come headliner gliALT-J, la band di Leeds formatasi nel 2007, in promozione con il quarto album intitolato The Dream e che continua nella particolare combinazione tra folk alternativo ed elettronica, a cinque anni di distanza dal precedente Relaxer con cui avevano ottenuto il Mercury Prize.
Nicholas James Murphy meglio conosciuto come Chet Faker è un altro nome importante della giornata. L’ultimo album realizzato dal musicista australiano si intitola Hotel Surrender, e ha segnato il ritorno all’utilizzo del vecchio moniker che caratterizzava l’inizio della sua carriera. Le scelte sonore sono invece decisamente più melodiche rispetto alle contaminazioni tra elettronica e pop degli esordi.
Straordinari Domi & JD Beck ad arricchire la proposta del 23, con la loro Jazz fusion atipica. Costituito dalla tastierista francese Domi Louna e dal batterista americano JD Beck, il duo ha debuttato nel 2022 con l’album Not Tight, mettendo insieme moltissimi stimoli sonori che passano dall’hip hop e il soul di Anderson .Paak, ma anche il Jazz più ibridato di Herbie Hancock, influenza esplicitamente dichiarata.
Dal vivo sono una certezza:
DOMI & JD Beck dal vivo @ Vevostudio
Il rap del 16 giugno a La Prima estate 2023
Già complete le line up per quasi tutti i giorni del festival, con la prima giornata del 16 giugno che include NAS, al secolo Nasir bin Olu Dara Jones, rapper americano di lunghissimo corso, tra i più grandi del panorama internazionale e con sedici album all’attivo, l’ultimo dei quali prosegue la saga King’s Disease giunta al terzo capitolo e prodotta integralmente da Hit-Boy. Propone ancora un mix letale tra rap old school e nuove intuizioni, mantenendo una forza invariata. L’ultimo video pubblicato dal nostro si intitola 30 e lo agevoliamo qui sotto
Nas, il video di 30
Rap tutto italiano quello di Geolier, pseudonimo di Emanuele Palumbo con all’attivo due album, il secondo dei quali uscito quest’anno e intitolato Il coraggio dei Bambini. Il suo è un racconto sincero e diretto della suburbia provinciale, all’ombra delle storie che parlano di crimine, le speranze tradite, e la morfologia di tutto quel rock campano che viene concepito a contatto diretto con la strada, attraverso un metissage di culture che sconfinano nella tradizione popolare, percorrono le esperienze street e mettono insieme melodia e crudezza.
Rimaniamo in Italia e sempre nell’ambito rap con Noyz Narcos, cresciuto a Roma nel quartiere Monte Sacro, nome fondamentale dell’hip hop nostrano e con otto full lenght all’attivo, tra cui l’ultimo intitolato Virus, pubblicato appena un anno fa. Crudo, feroce mantiene un piede nella forza del primo hip hop, guardando ai suoni del futuro. Per chi volesse approfondire, sarà bene ricordare che la promozione dell’album è stata affiancata dal documentario “Dope Boys Alphabet“, disponibile su Amazon Prime, racconto di una carriera cominciata nei lontani anni novanta con le crew di TBF e dei Savage Boys.
Davide Bassi, meglio conosciuto come Bassi Maestro, rapper, beatmaker e producer con più di quindici dischi solisti prodotti, allieterà con il suo imperdibile Set, a chiusura di una giornata interamente dedicata alla musica rap.
il folk-pop del 17 giugno a La prima Estate 2023
Headliner del 17 giugno il folk-pop di Bon Iver, al secolo Justin Vernon, artista che non ha bisogno di presentazioni e che negli ultimi anni ha partecipato anche agli album di Taylor Swift. Sul palco, oltre ai suoi successi, porterà i brani del suo ultimo album, I, I, pubblicato da Jagjaguwar nel 2019. Insieme a lui ci saranno una serie di artisti molto in linea con quei suoni, a partire dai veterani King of Convenience, al quarto album con Peace or love, preceduto dai singoli “Rocky Trail” e “Fever” e che include un paio di episodi registrati con Feist.
Japanese Breakfast è il terzo nome del 17 di giugno. La band guidata dall’artista di origini coreane Michelle Zauner ha all’attivo un notevole numero di ep autoprodotti e tre album da studio pubblicati per l’etichetta statunitense Dead Oceans tra il 2016 e il 2021. L’ultimo di questi si chiama Jubilee e sintetizza tutte le intuizioni poptroniche che hanno caratterizzato i suoni indipendenti degli anni dieci del nuovo secolo. Una ventata di neopsichedelia elettrica che recupera i suoni degli anni novanta, dipinge questo episodio con colori più forti del solito. Tra i video che promuovono il disco, il bellissimo “Posing in bondage” diretto dalla stessa Zauner, corpo alieno in mezzo ai paesaggi notturni del mercato globale
Japanese Breakfast, Posing in Bondage, il videoclip diretto dall’artista di origini coreane
Chiude la giornata del 17 giugno de La prima estate l’unico nome italiano della lineup, la milanese Guinevere che nel 2022 ha debuttato per La tempesta dischi con il singolo prodotto da Matteo Pavesi. In quell’episodio, Ginevra Battaglia ha mostrato maturità nel combinare i modi e la scrittura del folk anglofono tra i sessanta e i settanta, accogliendo elementi più contemporanei nella tessitura. Figlia di artisti, sospesa tra il culto della fotografia e quello per il Jazz, ha da pochissimo pubblicato un primo EP completo intitolato Running in Circles, sempre per La Tempesta con distribuzione digitale Believe; sei tracce che confermano le belle impressioni di “Setting of the sun“, il primo brano pubblicato come Guinevere, di cui esiste anche un bel videoclip diretto insieme a Dana Tescari e sospeso tra sogno e arti performative. Quasi otto minuti di suoni e sovrimpressioni acquatiche, per un brano che spazia dal songwriting del folk britannico dei settanta, fino a lambire la psichedelia di San Francisco, le venature londinesi più pop, il progressive folk, quello visionario di artiste come Buffy Sainte Marie, la primissima Dana Gillespie, le Mellow Candle, Bonnie Dobson e Lesley Duncan per rimanere ancorati ad una linea femminile centrale nel lavoro sincretico della Battaglia, tra passato e futuro.
Guinevere, Settting of the sun, il videoclip ufficiale
Il dancefloor del 18 giugno a La Prima Estate 2023
La giornata del 18 giugno vedrà come headliner BICEP, duo di dj da Belfast al secolo Andrew Ferguson e Matthew McBriar. Due album per la storica e seminale Ninja Tunes, ma soprattutto un’attività live portentosa, documentata al suo apice da Resident Advisor. Uno stile il loro, marcatamente destinato alla pista da ballo, ma che riesce ad unire groove a modalità più meditative dell’elettronica. Questo fa presagire una giornata interamente dedicata a queste suggestioni, ancora to be announced
Il groove funk del 24 giugno a La Prima Estate 2023
Come la giornata del 23, di cui abbiamo parlato all’inizio dell’articolo, anche quella del 24 è completa, con il grande Jamiroquai a fare da headliner per proporre l’inconfondibile marchio di fabbrica tra funk, pop e acid jazz, che attraverserà i suoi maggiori successi fino ad Automaton del 2017, ottavo album di un’ormai lunga carriera. E il suono di Jamiroquai imposta un po’ tutta la giornata del 24 giugno a La Prima Estate.
Ci sono anche i Nu Genea live band, due napoletani residenti a Berlino, precedentemente noti con il moniker di Nu Guinea, con il quale hanno pubblicato due album intitolati rispettivamente The Tony Allen Experiments, realizzato insieme al batterista di Fela Kuti e Nuova Napoli, pubblicato nel 2018 e che a partire dalle suggestioni funk e afro-beat, recuperava la storia della musica napoletana maggiormente legata a quelle intuizioni, per come sono state filtrate da artisti come James Senese, Tullio de Piscopo, Franco del Prete. Il nuovo nome, annunciato con un post instagram, rafforza questa incursione nei suoni radicali delle proprie origini, con l’intenzione di trovare nel golfo di Napoli l’idea primigenia di mescolanza, transito, passaggio, contaminazione di generi.
Jazz, funk e fusion anche nel suono degli Studio Murena, secondo nome italiano della giornata. Un combo di sei ragazzi provenienti da Milano, e che agli elementi sonori citati fonde aspetti maggiormente legati all’elettronica e al rap. Dopo il primo album del 2021 per Costello’s Records, attesissimo il secondo lavoro realizzato con Virgin Music Italia e intitolato WadiruM. Uscirà il 12 maggio prossimo, quindi a poco più di un mese di distanza dall’esibizione a La Prima estate. Il disco è prodotto artisticamente da Tommaso Colliva. Ci aspettiamo quindi una setlist ricchissima e piena di novità per il sestetto. Tra i due brani che anticipano il full lenght, Marionette con la featuring di Danno dei Colle der Fomento.
Marionette, uno dei due nuovi singoli degli Studio Murena
Ultimo nome della giornata del 24, Bruno Belissimo. Produttore, DJ e polistrumentista è figlio di italiani emigrati in Canada. Ha passato l’infanzia a Toronto, respirando un clima tra grande creatività e piccola impresa, quella del padre proprietario di un videonoleggio e il caffè della Madre. Tornato in Italia, prima pubblica tre dischi con i Low Frequency Club e collabora con numerosi artisti, tra cui Colapesce. Attivo nella produzione di colonne sonore, il suo suono oscilla proprio tra quell’immaginario e l’italo disco, rileggendo le influenze dei settanta e degli ottanta in modo originale e vitale. Maison Belissimo, ultimo capitolo della sua avventura solista, è un disco funk, elettronico e coinvolgente adattissimo per chiudere una giornata all’insegna del groove più sfrenato.
La trap del 25 giugno a La Prima Estate 2023
Della giornata del 25 conosciamo al momento solo il nome dell’headliner: Metro Boomin, producer fondamentale della scena trap americana che già imposta il tema sonoro della giornata.
Heroes & Villains è il secondo album da studio pubblicato nel 2022, nuovo capitolo di una trilogia annunciata, narrato dal rapper ASAP Rocky e dall’attore Morgan Freeman. Lo storico produttore di Atlanta sceglie ancora un setting sonoro acido, distorto e dalle atmosfere urbane oscure. Numerosi gli ospiti del disco, tra cui Travis Scott, Future, Young Thug, Don Toliver, Gunna, The Weeknd. Ad anticipare il disco, un video che sembra mutuato sugli EPK degli anni novanta, ma che è in realtà un cortometraggio di quasi sette minuti. Presentato da Freeman e Asap Rocky, è stato girato con un’imponente produzione che imita il lessico dei cinecomic e l’estetica neonoir.
Metro Boomin, il cortometraggio di presentazione di Heroes & Villains
I Biglietti, i pacchetti e le opportunità de La Prima Estate 2023
Posto il piedi è il biglietto base de La Prima Estate, consente di acceere a tutte le aree del festival inclusa quella food and beverage e quindi di partecipare a tutte le iniziative che si svolgeranno all’interno. Per chi invece vuole qualcosa in più, c’è il Settore Garden che consente ingresso anticipato e riservato, bar e servizi dedicati, vicinanza al palco, possibilità di assistere al concerto anche all’esterno del garden e di usufruire di tutti i servizi del Parco La BussolaDomani. Biglietti e abbonamenti si acquistanoda questa pagina del sito ufficiale del festival, attraverso circuiti Ticketone e Dice.
Nello stesso sito, la sezione pacchetti, consente con formule day and night di combinare il prezzo del biglietto con l’opportunità di prenotare ombrelloni presso gli stabilimenti del Lido di Camaiore e camere d’albergo.
Presto saranno anche annunciate le esperienze, presso questa sezione del sito ufficiale, con una serie di attività collaterali legati alla cultura e al gusto del territorio.
Abbiamo recentemente affrontato la pulizia in ultrasuoni dei dischi in vinile, grazie alla macchina lavadischi prodotta dalla cinese Happywell e conosciuta come HumminGuru. Oltre alla recensione vi ricordiamo che è possibile guardare un video tutorial sul nostro canale YouTube ufficiale. La tecnologia ad ultrasuoni, che sposta piccole bolle di cavitazione per la pulizia di oggetti è una tecnica molto utilizzata per liberare i gioielli da impurità e contaminanti, che recentemente è stata adottata anche da alcuni brand internazionali per la pulizia dei dischi in vinile. Non ancora utilizzato su larga scala per la pulizia di puntine per giradischi, è un metodo adattissimo per modelli costosi e per non dover rischiare di rovinare il diamante delle puntine con una non sempre adeguata azione manuale.
S-DUO, il dispositivo che pesa la puntina del giradischi e la lava in ultrasuoni: il video tutorial
S-DUO, le funzioni per pulire la puntina del giradischi in ultrasuoni
Ci ha pensato HumminGuru con un nuovo dispositivo chiamato S-DUO che con un solo oggetto, assolve due funzioni.
La prima è la pulizia in ultrasuoni della puntina del vostro giradischi, garantendo una pulizia efficace anche di quelle sedimentazioni che non si tolgono con le spazzole fornite dal produttore.
La seconda consente di pesare la puntina, con un bilancino di precisione molto simile ad altri preposti a questo lavoro e disponibili sul mercato, che permettono di calcolarne il range di peso.
S-DUO viene fornito con una serie di accessori per il suo utilizzo, ad esclusione delle quattro pile AAA che servono a farlo funzionare. Assolutamente sicuro dal punto di vista elettrico, lavora a 110khz per pulire la puntina di un giradischi, grazie alla leggera sospensione della stessa in un piccolo incavo che viene riempito con quattro gocce di acqua distillata o bidistillata. Sui motivi per cui sconsigliamo l’utilizzo di acqua demineralizzata per la pulizia di vinili e di altri oggetti con il metodo a ultrasuoni, rimandiamo all’articolo dedicato al “liquido giusto per la pulizia dei dischi in vinile“.
S-DUO, il packaging ufficiale
S-DUO contiene
Un peso di 5 grammi per tarare il bilancino, utile a calcolare il peso della puntina
Tre supporti da inserire nell’incavo del lavaggio ad ultrasuoni, utili per accogliere la cartuccia del giradischi mediante appoggio. Occorre fare delle prove e trovare il supporto più adatto a tenere sollevata la vostra cartuccia, questo perché la puntina immersa nell’acqua non deve toccare il fondo dell’incavo dove avviene il lavaggio ad ultrasuoni
un contagocce per riempire l’incavo del bagno in ultrasuoni
due spugnette per asciugare facilmente l’incavo
un manuale di istruzioni in lingua inglese
Pulire la testina del giradischi con gli ultrasuoni, la valutazione di indie-eye
S-DUO è un dispositivo molto semplice e veloce da utilizzare. Se il bilancino di precisione, molto solido e preciso, è diventato uno strumento necessario per calcolare esattamente il peso effettivo della puntina in base alla calibrazione del braccio e per il successivo calcolo dell’antiskating, la funzione di pulizia ad ultrasuoni della puntina rappresenta quasi un’assoluta novità, ma si rivela utile per puntine dalle 100 euro in su, dove la pulizia del diamante è un’operazione da fare con massima delicatezza.
Nel video era difficile, anche con un macro spinto, rilevare le differenze. Su una puntina che aveva dello sporco sedimentato appena sotto la prima parte del cantilever, S-DUO ha svolto un ottimo lavoro e in fase di ascolto abbiamo rilevato una discreta differenza nella resa sonora. Ogni tipo di polvere viene rimossa dai 110khz e per puntine di valore si conferma un metodo consigliato, magari da effettuare una volta alla settimana, in alternativa alle spazzoline fornite dal produttore della puntina stessa.
Su indie-eye abbiamo affrontato il lavaggio dei dischi in vinile con alcune macchine lavadischi disponibili per il mercato internazionale, dagli ambiti dispositivi ad ultrasuoni come l’ottima HumminGuru, fino a soluzioni più abbordabili ma assolutamente efficaci per il consumatore finale, come la Knosti Generation II, macchina manuale a manovella da quarant’anni sul mercato, che sfrutta alcune miscele proprietarie per effettuare il lavaggio ad immersione.
Entrambe le macchine si servono di miscele, acqua distillata, agenti di pulizia e tensioattivi, così come molte altre disponibili sul mercato tra cui la estone Degritter, la VEVOR Ultrasonic Vinyl Record Cleaner, la Klaudio KD-CLN-LP200, la Audiodesk Gläss Vinyl Cleaner Pro X per rimanere tra quelle ad ultrasuoni, ma anche la Pro-Ject Cleaner VC-S2, Okki Nokki One e tutte quelle prodotte dalla VPI Industries per citare dispositivi che sfruttano altre tecnologie di pulizia del disco.
Orientarsi tra miscele proprietarie, diversi tipi di acqua distillata, tensioattivi e usarli in modo corretto non è semplice, proviamo quindi a fare chiarezza sulle possibilità disponibili
La base per la pulizia dei dischi in vinile: acqua distillata
L’acqua distillata è una base fondamentale per la pulizia dei dischi, sia che si utilizzino dispositivi ad ultrasuoni come HumminGuru, che soluzioni meccaniche; manuali come Knosti oppure ad aspirazione come il metodo adottato dal braccio della Okki Nokki One.
Nelle indicazioni dei produttori si legge spesso che l’utilizzo di acqua distillata oppure demineralizzata è ugualmente consentito sia in modalità “pura” che per diluire il concentrato proprietario. In realtà tra acqua distillata sterile e acqua demineralizzata ci sono alcune differenze, che rendono la prima assolutamente priva di residui, microfiltrata e nel caso della bidistillata utilizzata in ambito medico, completamente apirogena, cioè non contaminata da microorganismi.
Al contrario l’acqua demineralizzata o deionizzata, pur non essendo stata privata della componente salina, non raggiunge il grado di purezza della distillata e può contenere microorganismi e batteri che si eliminano solo con la depurazione microbiologica.
Per alcuni produttori di macchine lavadischi, utilizzare acque demineralizzate, può riservare qualche spiacevole sorpresa sulla lunga distanza e produrre sedimentazioni sul supporto e sul dispositivo dopo numerosi lavaggi ripetuti.
Un rischio che viene scongiurato dall’acqua distillata o bidistillata, utilizzata in campo medico e farmaceutico come diluente per le soluzioni fisiologiche e per pulire i macchinari.
L’acqua bidistillata ha un costo più elevato della demineralizzata ed è disponibile nelle farmacie o nei negozi specializzati che forniscono materiali e dispositivi per la pulizia di gioielli, che tra l’altro sfrutta la tecnologia ad ultrasuoni.
Il costo può oscillare da un 1,25 EURO a 2,45 Euro al litro, dipende dal rivenditore, dal prodotto e se acquistate online, dove spesso il ricarico delle spese di spedizione complica l’acquisto di piccole quantità, dalle offerte che riuscite a scovare.
Ci teniamo a dire, a scanso di equivoci, che l’industria della pulizia per i dischi, in particolare quella legata ad alcuni marchi e dispositivi, mette in commercio acque bidistillate definite “adatte per la pulizia dei dischi“, ma si tratta semplicemente di prodotti sterili sottoposti a filtrazione microbiologica, privi di residui minerali, batteri e calcare, al massimo identici a quelli venduti in ambiente medicale, se non meno puri, ma proposti a prezzi irragionevoli (dalle cinque alle undici euro al litro escluse spese di spedizione)
Nella tabella che segue indichiamo le migliori occasioni relative alle acque bidistillate disponibili in rete.
N.B. Nel costo indicato al litro sono sempre incluse le spese di spedizione.
[wptb id=57112]
Come da tabella, la scelta più conveniente, a parità di qualità, è quella della tanica da 26 litri di AESI proposta da Amazon a 26 euro, con spese di spedizione gratuite, quindi un costo al litro di 1,04 euro, di poco superiore al prezzo delle demineralizzate che si possono acquistare al supermercato e che in questo caso sconsigliamo di utilizzare.
Miscele, misture e liquidi concentrati per pulire i dischi in vinile
Se l’acqua distillata basta e avanza per i puristi che temono alterazioni del supporto ipoteticamente causate da agenti troppo aggressivi, c’è da dire che il metodo di pulizia può fare la differenza. Le macchine ad ultrasuoni sollecitano bolle di cavitazione con una pressione da 40 a 120 khtz, consentendo al liquido di entrare nei solchi senza toccare la superficie con spazzole e panni, mentre lo sfregamento meccanico può essere effettuato con spazzole e modalità diverse da dispositivo a dispositivo. La muffa più ostinata, con la sola acqua, potrebbe necessitare più di un lavaggio e in ogni caso ci sono additivi, agenti, tensioattivi e liquidi concentrati che con la giusta diluizione hanno caratterizzato la prassi di milioni di collezionisti e quella di negozi di vinile disseminati in tutto il globo.
Tra le soluzioni più facili ci sono quelle già pronte, spesso preparate con formula segreta. Un approccio non del tutto etico rispetto all’obbligo di informare il consumatore sulla composizione chimica dei prodotti, ma che evidentemente rappresenta la strategia commerciale più diffusa per scoraggiare l’utenza ad intraprendere il fai da te. Se con l’acqua bidistillata è più difficile convincere l’utenza a spendere 7 euro per un litro di prodotto generato con gli stessi processi di filtrazione diffusi ovunque, la composizione di un liquido di pulizia per i vinili è più complessa.
La tedesca Knosti, oltre alla Mixture classica e filtrabile per più lavaggi, che vende intorno ai 30 Euro e che include un elemento alcolico, propone un nuovo concentrato chiamato Ultraclean, privo di alcool e che vende più o meno alla stessa cifra. Il flacone, prodotto nelle dimensioni di 200ml, permette una diluizione di 40ml in un litro di acqua bidistillata, consentendo la produzione di cinque litri di miscela, quindi con un risparmio di cinque volte rispetto alla Mixture classica già preparata. Nessuna indicazione sulla composizione. Noi li abbiamo provati entrambi con un test già indicato nei link all’inizio di questo articolo, e funzionano tutti e due molto bene anche con muffa ostinata.
Sulla scia di Knosti, l’italiana MC DAISON, che produce anche un’imitazione della macchina lavadischi Knosti, SpinClear e SpinCare, ovvero il modello a rotazione manuale-meccanica con rastrelliera per l’asciugatura, ha lanciato sul mercato un liquido concentrato per lavare i vinili chiamato Art Du Son. Costa come Ultraclean concentrato della Knosti, circa 34 euro, ma offre la metà del prodotto (100ml). Recupera evidentemente sulla maggiore concentrazione, consentendo quindi la diluizione di 20ml di prodotto per ogni litro di acqua bidistillata e promettendo i soliti cinque litri di miscela pronta per lavare i propri dischi.
Decisamente economico il liquido di SpinCare, come tutti i prodotti della casa britannica. Ha il vantaggio di uno shop amazon italiano, che consente, vivaddio, di ottenere spese di spedizione gratuite o agevolazioni Prime, aspetto per esempio del tutto assente per quanto riguarda altri brand che vendono prodotti della stessa fascia, legata alle macchine lavadischi manuali. Il Vinyl Record Cleaning Fluid concentrato di SpinCare quindi, viene proposto nelle versioni 150ml, 500ml e 1 litro, rispettivamente a 11, 20 e 30 euro circa. Con quello da 500 per esempio, si lavano fino a 750 dischi. Il dosaggio è tarato sulla loro macchina lavadischi manuale e per un riempimento della stessa, che all’incirca dovrebbe essere di 400ml, richiede quattro tappini di prodotto.
In questo articolo non consideriamo gli spray e altri prodotti ad azione diretta utilizzabili con panni e spazzole direttamente su disco (l’italiano Divinyl Cleaner, il britannico Vinyl Clear), ma solo le soluzioni concentrate che è possibile utilizzare con la macchine lavadischi. Quelli elencati sono intercambiabili per quanto riguarda le macchine ad utilizzo manuale e non accade niente di disastroso se li utilizzate alternativamente con lo stesso dispositivo, mentre sono vivamente sconsigliati per le macchine ad ultrasuoni. Il rischio, effettivo o meno in termini tecnici, è semplicemente quello di perdere i diritti di garanzia sul dispositivo.
Le macchine ad ultrasuoni, nello specifico, utilizzano un tensioattivo molto simile a quello per i fotografi, che con poche gocce in acqua distillata, consente di rompere la tensione della distillata sulla superficie e permettere al processo di cavitazione di pulire al meglio i microsolchi. Noi abbiamo provato The Small Bottle di HumminGuru, costa 27 euro ed è diluibile in 400ml di acqua bidistillata per ogni utilizzo. Più o meno ci si lavano 800 dischi con una boccetta da 20ml molto simile a quelle che contengono collirio.
HumminGuru, prodotta dalla cinese Happywell, sconsiglia di ricorrere ad altri tensioattivi ed altre miscele, pena la perdita dei diritti di garanzia sul dispositivo. I prodotti del brand cinese sono di fascia medio-alta, ma molto meno costosi di altri simili legati ad altri brand, come per esempio la estone Degritter. Anche con le spese doganali da sostenere, la loro macchina lavadischi rimane una delle più abbordabili, oltre che efficienti, tra quelle disponibili sul mercato.
La pulizia di una collezione di dischi in vinile è diventata una prassi fondamentale per tutti gli amatori del formato, ma le soluzioni applicabili non sono tutte uguali. Dai metodi manuali, passando per le vasche che consentono un lavaggio meccanico con dispositivi di vario genere, tra cui quelli ad aspirazione, i risultati non sono gli stessi. La pulizia ad ultrasuoni è un metodo relativamente recente ed è mutuato da un utilizzo collaudato in lungo e in largo tra i produttori e i commercianti di gioielli. Applicato anche ai dischi in vinile è uno dei metodi di lavaggio più efficaci e sicuri perché evita qualsiasi contatto con la superficie del disco e lo lava impiegando la pressione di onde sonore ad alla frequenza sul liquido dentro il quale è stato immerso il disco. Costituito rigorosamente da acqua distillata, questo viene sollecitato a produrre piccole bolle di cavitazione, che entrano nei microsolchi e riescono a rimuovere anche lo sporco più ostinato, tra cui muffa sedimentata che non viene rimossa dalle normali spazzole in fibra di carbonio.
Humminguru, la macchina lavadischi a ultrasuoni dal prezzo abbordabile
Se il metodo di lavaggio ad ultrasuoni è uno dei più affidabili in circolazione anche per il mantenimento dei vinili, il costo dei dispositivi sul mercato è spesso molto alto e può superare le duemila euro. Happywell, azienda cinese con sede ad Hong Kong, ha lanciato da qualche anno una macchina lavadischi ad ultrasuoni dal prezzo contenuto, con una serie di automatismi molto interessanti, in alcuni casi superiori ad altre macchine in commercio per facilità di utilizzo. L’abbiamo testata con un video tutorial che vi mostra passo passo il contenuto della versione bundle e l’utilizzo della macchina su un disco molto sporco e con muffa sedimentata.
HumminGuru, macchina lavadischi ad ultrasuoni, il video tutorial in lingua italiana
Il tensioattivo che fa la differenza
HumminGuru, la macchina lavadischi ad ultrasuoni prodotta dalla Happywell, si utilizza con acqua distillata, con la quale si possono ottenere ottimi risultati. Per lo sporco più ostinato sulla superficie dei vostri dischi, il brand cinese ha da poco introdotto una boccetta di tensioattivo non alcolico, che sostituisce l’utilizzo di imbibenti fotografici, spesso impiegati nelle soluzioni fai da te sperimentate dagli audiofili. “The Small Bottle“, così si chiama il tensioattivo HumminGuru, spezza la superficie dell’acqua e consente una maggior penetrazione all’interno del microsolco, migliorando l’esperienza di pulizia con l’aggiunta di sole due gocce per 400ml di acqua; questo significa che una boccetta da 30ml consente di lavare circa 800 dischi.
Come molte miscele di questo tipo, la composizione non è indicata. Sul libretto di istruzioni della HumminGuru, viene detto chiaramente che l’impiego di altri prodotti che non siano normale acqua distillata + The Small Bottle, fa perdere i diritti di garanzia sul dispositivo.
HumminGuru, macchina lavadischi ad ultrasuoni: la valutazione di indie-eye
Il primo vantaggio di HumminGuru è sicuramente il costo. Per quanto il brand cinese non si appoggi ad uno shop Amazon internazionale, scaricando sull’acquirente eventuali spese doganali aggiuntive, se si somma il costo della versione bundle, con le tasse aggiuntive e le spese di spedizione, non si raggiungono le 600 euro complessive. Questo colloca il prodotto cinese tra quelli più economici per quanto riguarda i dispositivi che consentono di lavare vinili con metodo ad ultrasuoni.
Per quanto riguarda le prestazioni, HumminGuru lava a 40Hz e il risultato è già eccellente con il solo uso dell’acqua distillata. Piuttosto silenziosa, consente di lavare i dischi con due cicli, il primo da due minuti, il secondo da cinque. Il primo non è certamente adatto a dischi con sporco ostinato e muffa, mentre l’asciugatura completa, consentita con due cicli di cinque e dieci minuti, si è rivelata effettiva e senza alcuna goccia con il secondo ciclo. La macchina consente anche di attivare un ciclo automatico che integra i processi di lavaggio e asciugatura in modo semplice e senza dover ricorrere all’attivazione dei due programmi separati.
Un vantaggio notevole di HumminGuru rispetto ad altre macchine lavadischi ad ultrasuoni in commercio è il sistema automatico di scarico dell’acqua. Senza dover ricorrere a tubi e metodi complessi, il dispositivo scarica l’acqua in un contenitore laterale incorporato nella macchina e fa partire successivamente il processo di asciugatura
L’acqua scaricata, grazie al filtro incorporato nel contenitore, consente di ri-utilizzare il liquido almeno per altre cinque volte. Sconsigliamo di andare oltre i cinque lavaggi con la stessa acqua, se si vogliono ottenere risultati eccellenti.
HumminGuru ha quasi tutte le parti meccaniche intercambiabili e sostituibili, dalle rotelle che fanno girare il disco, fino al filtro dell’aria e a quello dell’acqua. Il tutto grazie ad uno strumento di mantenimento che viene fornito insieme alla macchina
Per quanto riguarda il livello dell’acqua indicato da HumminGuru per lavare i dischi, nel nostro video abbiamo forzato la mano. Per i 12 pollici sono indicati circa 350ml mentre per i 7 pollici, 400ml che è il livello massimo da non superare. Se ovviamente non è possibile ed è assolutamente sconsigliato superare i 400ml, abbiamo notato che i 350 per i 12 pollici non raggiungono la cosiddetta area Dead Wax. Provando a inserire un dodici pollici in 390ml abbiamo constatato che l’area Dead Wax viene pulita in modo ottimale, senza bagnare l’etichetta.
La valutazione che abbiamo dato al prodotto è con il massimo dei voti, sia per il costo del prodotto, che per il suo utilizzo, davvero semplice e veloce. Le prestazioni, su una decina di vinili lavati dal più sporco (quello del video) a quello con polvere sedimentata, si sono rivelate davvero eccellenti.
Chronicles of a Decline è il nuovo album di Terry Blue di imminente uscita per Another Music Records e Safe Port Production il prossimo 5 Maggio 2023. Ad anticipare il quarto lavoro del proteiforme artista svizzero, attivo sin dal 2013 con la sua casa di produzione, la Safe Port Production, il singolo intitolato “Lullaby, 2520“. Con un riferimento al numero dell’appartamento di Losanna dove Terry ha vissuto per anni, molto vicino al lago e lontano dal clamore urbano, il brano fotografa una condizione di declino e desolazione, un buio dell’anima che ha dato vita a tutti i brani dell’album.
Indie-eye presenta in anteprima il videoclip che veicola il nuovo singolo, diretto dal giovane fotografo e videomaker Robin Albertini
Terry Blue, il videoclip di Lullaby, 2520 diretto da Robin Albertini
Intimità e isolamento in Lullaby, 2520. Il singolo e il video
L’intimità di Lullaby 2520 fa un po’ male, ci ha detto Robin Albertini, videomaker attivo sul territorio ticinese e da anni anche educatore sociale. Realizzato con una serie di inquadrature frontali, vicine al cinema delle origini ma anche alla ritrattistica fotografica, il video è una diretta immagine interiore di Terry Blue. “Il poco spazio dell’inquadratura – ha aggiunto Robin – è un 5:4 che assolve una funzione protettiva, quasi fosse una culla. Una culla ingenua però, quasi distaccata, ma che in quel momento rappresenta la maggior sicurezza al mondo, esattamente come una ninna nanna“
Nel video, l’intimità color ocra di un interno è tanto protettiva quanto oppressiva. La luce non è quella di una candela, ma un bulbo elettrico che riflette il senso di spoliazione e riduzione dell’intimità in uno spazio secluso.
Terry Blue compositore e songwriter: il folktelling di Lullaby, 2520
Terry Blue, prima dell’imminente Chronicles of a Decline, ha pubblicato il doppio full lenght Only Be there nel 2021, preceduto da To Last Ton Long del 2018 e il primo The Burning Trees del 2016. La sua poliedricità gli ha consentito di collaborare come compositore con la televisione e la radio Svizzera. Ha svolto un’attività live importante, con più di 300 date tra Svizzera, Inghilterra, Brasile, Kosovo e Francia, oltre a collezionare numerose collaborazioni in studio nel panorama musicale Svizzero e Italiano.
Il folktelling di Lullaby 2520 si avvicina all’intimità dolente di Bon Iver e José González, ma conserva la qualità vibrante di una voce dalla personalità originale, che ha già espresso notevoli risultati con brani come Scared as Dogs e la coheniana All the Things I’ve never seen
[L’immagine principale dell’articolo è L’artwork del singolo, con una fotografia di Robin Albertini]
Quando il clubbing di Fortefragile ha cominciato a pulsare con le immagini create per Meg dall’artista visuale Bianca Peruzzi, ci siamo trovati di fronte all’essenza stessa di Vesuvia, l’ultimo splendido album della musicista napoletana uscito per Asian Fake e Sony Music Italy.
Il video sancisce una sorellanza tra corpi e terra, elaborando una filosofia visuale che si stacca dalla dimensione conosciuta dello spazio virtuale, per ridisegnarlo secondo traiettorie tattili. Al di là dei riferimenti pittorici, che sono spesso la cifra nei video di Bianca, la modalità più evidente e suggestiva è quella del tableau vivant, dove i corpi investiti dalle intermittenze luminose, esprimono una fisicità tutt’altro che evanescente e simulacrale.
L’elettronica terrestre di Meg è già una ricerca della luce attraverso gli epifenomeni della natura, in quest’album più che mai. Per la qualità sonora che confonde una radicalità “folk” e “popular” mai sopita, frammentata da un utilizzo dei dispositivi del tutto fisico.
Sarà un vero spettacolo vederla dal vivo al Glue di Firenze il prossimo 1 Aprile e un’occasione per ripercorrere all’indietro la sua carriera solista, da Vesuvia fino a Meg, primo full lenght pubblicato nel lontano 2004.
Apertura porte ore 21:00 / Inizio Live ore 22:00
Ingresso gratuito con tessera Glue/US Affrico (Euro 13:00)
Dovessimo definire con una categoria l’attività e l’importanza di Clive Griffiths nella televisione degli anni ottanta, VJ sarebbe quella di maggiore pertinenza, ma anche la più angusta. Il ruolo svolto all’interno di Videomusic, una delle prime televisioni tematiche europee a trasmettere video musicali, è stato centrale non solo per l’introduzione di un nuovo modo di presentare e raccontare un’intera generazione, ma soprattutto per quella ventata di anarchia slapstick che insieme a Rick Hutton, dipingeva con colori pop tutto quello che girava intorno al panorama musicale internazionale. Se altri VJ storici come Johnny Parker, Tiziana Cappetti e i successivi Claudio De Tomasi, Elisa Jane Satta, Attilio Grilloni, Lorenzo Scoles, ridefinivano la professione giornalistica di settore con parametri nuovi e solo intravisti in Italia nelle reti generaliste, Clive sparigliava le carte con una forza ludica che in qualche modo ha contagiato tutte le modalità di conduzione dell’emittente, sospesa tra nuovi codici e una qualità artigianale che non ha avuto eguali nel contesto globale.
Il volume pubblicato per Eclettica, nella collana Giradischi, è un documento assolutamente imperdibile da questo punto di vista, perché con approccio diaristico e un flusso imponente di memorie disseminate per 400 pagine, ci permette di navigare nella prassi lavorativa di una realtà che si reinventava tutte le volte in base all’ostacolo da superare.
La cronologia segue undici anni di vita dell’emittente di Marcucci e Stefani, offre la stessa sensazione di messa in quadro quotidiana dell’intero flusso, per evidenziare naturalmente i videoclip, gli eventi musicali, i format e le uscite discografiche più significative.
Clive tritura cultura popolare, tecnologia, dispositivi ormai parte di un modernariato affascinante, ma allora fondamentale per definire ciò che in termini di fruizione dialogava con le rotation della grande M Verde.
Tutto quello che Sammy Barbot, Stafania Rotolo e Carlo Massarini erano riusciti a catalizzare per target e con risultati diversi, con Videomusic diventa sistemico ed espanso.
Nata nel 1984 con una piccola squadra di lavoro, sfruttando la presenza nazionale del circuito Elefante nell’era in cui l’interconnessione non era concessa e le syndication televisive si creavano con nastri preregistrati forniti ai segmenti locali di un network, istruiti per l’emissione sincronizzata, VM trasmette da Palermo a Pordenone. Le 24 ore giornaliere sono in realtà sei realmente prodotte e spalmate quattro volte, dove ai videoclip si alternato format diversi per scongiurare il rischio che la ripetizione sia percepibile.
La collina del Ciocco, il centro turistico allora gestito dai Marcucci ad un tiro di schioppo da Lucca, accoglie lo staff e gli studi dell’emittente, in un paesaggio rustico separato dal mondo, tra i conforts del villaggio e un clima vacanziero da estate perenne.
Ogni pagina del volume dedicata ad un videoclip che ha fatto la storia del formato, oltre alle informazioni produttive, a quelle di costume e di ricezione, contiene riferimenti precisi che contestualizzano la rotazione con le strategie di acquisizione e con una serie di eventi che Videomusic ha contribuito a creare.
Tra questi, il festival del videoclip di Saint Tropez, il primo nel suo genere se si esclude quello di Cervia, che Clive racconta con quella capacità di amplificare la mitologia di un’epoca con il gusto dell’aneddotica.
In questo senso il volume è densissimo, perché non si limita affatto alla fisiologia della playlist, snocciolando al contrario tutte le metamorfosi produttive dell’emittente, inclusi gli accordi con i discografici, il costo dei video musicali, il primo agreement con l’Associazione Fonografici Italiani, il ruolo fondamentale di Pier Luigi Stefani nel concretizzare idee e portare a casa risultati, spesso aggirando i niet di un sistema refrattario ai nuovi modi di fare comunicazione e promozione.
Il tono ludico, spesso sferzante e irriverente che Clive infonde alla scrittura è quello che conosciamo molto bene e che lo colloca in una dimensione immaginale tra VJ e personaggio. Questo contribuisce a definire in modo preciso i confini di una vera e propria avventura dell’ingegno non conforme agli standard di quegli anni, spesso basata su equilibri illuminanti e sorprendenti, tra carenza di mezzi ed enormi potenzialità del linguaggio.
Clive racconta anche le difficoltà iniziali legate alla titolazione dei video, spesso acquisiti senza informazioni utili e quindi da implementare. Aneddoto e prassi si intrecciano nella straordinaria gaffe legata alla rotation del video di Diamond dei Viva Verdi, il cui album di riferimento, per un equivoco legato ad un’espressione idiomatica inglese, diventa “Puliscimi il Culo, Giovanni“, generando un polverone diplomatico con Claudio Cecchetto.
Videomusic in questo senso assorbe la linfa e gli stimoli dell’esistente sul piano internazionale anche per quanto riguarda i format e i contenitori di informazione e divulgazione musicale, ma ne riproduce i risultati con il proprio linguaggio specifico, ideando concept originali e spesso capaci di piegare il linguaggio televisivo in termini confidenziali e conversazionali.
Heavy Con Kleever è uno egli esempi che coinvolge direttamente Clive Griffiths. La trasmissione, a partire dal giugno del 1984, intercetta il successo della nuova ondata Heavy Metal britannica degli anni ottanta, e apre un varco entro un palinsesto già occupato massivamente dai derivati della New Wave. L’idea di Clive è quella di aprire le porte alle produzioni italiane e dalla trasmissione partono una serie di direttrici stimolanti che consentono la realizzazione di interviste di altissimo livello, l’emissione di musica dal vivo, l’organizzazione di un festival come Heavymas, allestito a Pistoia, dove i talenti migliori del Metal italiano trovano una casa.
Il volume definisce tutto quello che usciva dalla fucina Videomusic, dai talenti alle idee, dai volti ai Vj, ma anche le influenze centrifughe che dalle scene locali, comunicavano con stimoli più ampi. Tra questi, il ruolo di Marco “Orea Malià” Zanardi, hair stylist e look artist bolognese che con il suo salone in via Ugo Bassi definisce parte di quell’immagine, nazionale e internazionale, che caratterizza le forme, i colori e le intuizioni cromatiche dei corpi che passano per Videomusic. Clive gli dedica due pagine intense e non banali, che raccontano meglio di ogni altra cosa il transito di energie creative che si muoveva intorno, fuori e al centro dell’emittente toscana.
Negli interstizi di questa storia magmatica senza limiti potenziali, emergono le incursioni di Rick & Clive sotto il segno della follia, che diventa spesso parodia pungente e sollecitazione politica. “La pace è fragile” è una piccola rubrica che vede i nostri nel ruolo di soldato e sergente e che in qualche modo corona l’impegno di Clive per la riduzione del servizio di leva obbligatoria. Sconfinamenti ancora possibili di un’irraggiungibile stagione creativa.
Videomusic i nostri anni ottanta di Clive Griffiths (2022) Editore: Eclettica, collana Giradischi Pagine: 400 pagine Prezzo Consigliato: 29,30 Euro sul sito dell’editore Acquista il volume sul sito dell’editore
Rivivere gli anni Ottanta senza rimpianti, ma ricordando che erano anni felici. Perché c’erano la Lira italiana, un paninaro dietro ogni angolo e tutte volevano sposare Simon Le Bon. E perché furono gli anni di Videomusic. Frammenti di una vita vissuta all’insegna della musica visiva, in una decade musicata dai Depeche Mode, dagli Spandau Ballet, da Madonna, dagli Europe e da George Michael, dall’Heavy Metal alla musica dark. Capelli cotonati, cassette registrate e computer di casa. Un commovente percorso guidato da un iconico protagonista della prima televisione musicale, insieme ai suoi compagni di viaggio…Luca Carboni, Alex Britti, Righeira, Marco Baldini, Mixo, Ligabue, Gazebo, Emilio Cavallini, Linus, Savage, Maurizio Solieri, Andrea Pazienza, Alex Peroni, Nicola Savino, poeti, look-artist, fotografi, registi e la squadra di Videomusic.
400 pagine di storia della musica e del costume, centinaia di immagini, aneddoti, documenti, interviste.
Nato nel Sussex, Inghilterra, Clive Malcolm Griffiths – meglio conosciuto come Clive – è noto per Videomusic, dalla sua nascita fino al 1990, e per il suo corso radiofonico di inglese a suon di musica. Da Radio Monte Carlo alle scuole superiori di tutt’Italia, “Speak Easy” – con Clive in bombetta – ha intrattenuto circa 600.000 studenti.
Il viaggio di Michael Apted nello spazio produttivo di alcuni tra i più importanti artisti del novecento è una sintesi stimolante di idee proiettate verso il futuro. Uscito nel 1997, Inspirations navigava tra media diversi, concentrandosi sul braccio di ferro tra materia e coscienza per localizzare le diverse forme dell’ispirazione creativa. Il segmento dedicato a David Bowie, filmato in studio nel 1995 durante la produzione di Outside, è la dimostrazione pratica più completa dell’impiego che l’artista inglese fece del Verbasizer per costruire le liriche di quell’album. Bowie rilegge le tecniche di cut-up desunte da William Burroughs a partire dal 1974, successivamente intrecciate con le Oblique Strategies di Brian Eno durante la produzione del trittico berlinese, e traduce la prassi del ritaglio combinatorio nell’architettura di un software ideato insieme a Ty Roberts, CTO di Universal Music Goup, futuro co-fondatore di FanTracks e Gracenote, non a caso due realtà votate alle library, ai metadati e alle tecnologie di riconoscimento contenuti.
Nel frammento girato da Apted, Bowie apre un Powerbook e spiega le funzioni del randomizzatore di testi, istruito con una serie di frasi e spinto a generare diverse combinazioni in base a input successivi: “un vero caleidoscopio di significati, argomenti, nomi e verbi che si scontrano l’uno con l’altro”. Difficile non scorgere in questa ulteriore automazione di un processo creativo basato sulla casualità, la relazione tra intervento umano e modelli generativi al centro del recente dibattito sull’Intelligenza Artificiale.
David Bowie ha in qualche modo anticipato l’applicazione dell’intelligenza artificiale come strumento creativo, anche se i presupposti su cui ha lavorato erano molto lontani dalle attuali possibilità tecnologiche. Oggi, il connubio tra creatività umana e tecnologia ci mostra potenzialità illimitate, tanto da spingere la ricerca artistica in una dimensione ancora inesplorata. In una realtà dove strumenti avanzati basati sull’IA possono aiutare a scrivere testi, creare documenti, immagini e video, l’arte é destinata ad espandere i propri confini espressivi.
David Bowie e il Verbasizer
Addestrata su un enorme set di dati rispetto al dialogo semplificato di Bowie con il suo Verbificatore, l’IA è in grado di generare testi, immagini, contenuti audio, sequenze video prevedendo lo step successivo, sia esso un pixel o una parola. L’input, definito come prompt, è la descrizione testuale e su questa base il trasformatore generativo pre-addestrato, il cui acronimo è GPT, sfrutta un modello di apprendimento profondo capace di evolversi da se stesso, superando di fatto altre IA istruite semplicemente per effettuare compiti specifici. Modelli con architetture simili, trasformano da testo a immagine, come nel caso di Stable Diffusion, utilizzato recentemente da Davide Cardea e AANT per il video degli Underdog uscito in anteprima esclusiva proprio su Indie-eye, possono creare musica come MusicLM di Google, creare video nel caso di Imagen Video.
Per quanto il lontano tentativo di Bowie, ancora legato al cappello di Tristan Tzara e alla furia anarchica del Lettrismo, ci indichi l’utilizzo della macchina come possibilità di velocizzare un processo combinatorio legato precedentemente alla casualità del gesto, permaneva la ricerca dell’errore come immagine paradossale della spontaneità. Ripetizioni, giustapposizioni che consentivano di far precipitare le parole e osservare il punto di collisione, democratizzando il processo di creazione poetica attraverso la trasformazione di pagine tagliate e riorganizzate. Ad un passo dalla sregolatezza di tutti i sensi preconizzata da Rimbaud, il cut-up nella sua essenza basilare spostava il senso e creava nuove sinestesie.
Democratizzazione è una definizione allettante e pericolosa che ricorre per descrivere l’orizzonte dell’IA come livellamento della creazione contenuti, nell’ipotesi che questo cambi radicalmente tutta l’industria della produzione audiovisiva, già radicalmente trasformata nella prassi quotidiana da tools, applicazioni, funzioni; una per tutte, l’implementazione text-to-speech / speech to text in alcuni software di montaggio non-lineare, largamente utilizzata per la produzione di news sulle piattaforme di condivisione video più diffuse, senza dover ricorrere al lavoro di uno speaker.
La combinazione di più IA con propositi diversi, che assolvano rispettivamente le funzioni generative del contenuto, l’analisi del giusto target a cui indirizzarlo ed infine l’elaborazione dei risultati di engagement per offrire indicazioni utili ai creatori sui passi successivi da compiere, potrebbe mettere in crisi il modello di business delle piattaforme VOD, basato su processi molto più lenti, costosi e collettivi.
Nothing Forever, la serie streaming messa in circolo per Twitch e su cui si è discusso negli ultimi mesi per lo più ridicolizzandone i risultati, ha aggregato decine di migliaia di follower in poco tempo, indicando prospettive precise, tra cui le possibilità illimitate di estensione del concetto stesso di serialità, le potenzialità di miglioramento del concept in base all’apprendimento di gusti e desideri degli spettatori, le capacità del modello IA di gestire tutta la filiera produttiva, dallo storyboard alla regia.
Che il pubblico di Nothing forever sia attualmente interessato allo scarto tra stereotipi rappresentativi e la surrealtà di scelte e soluzioni che delineano l’ecosistema di personaggi e oggetti della serie nella loro relazione con il “nulla”, significa che le capacità della macchina di incepparsi, producono un contrasto simile alla regressione infantile di Hal 9.000.
L’interesse si basa su distanze e differenze, dove l’errore, il difetto oppure il glitch rappresentano ancora le possibilità di ri-scrittura da parte di chi guarda: l’interferenza e la dissonanza che rendono vivo un ologramma. Più vivo del modello che lo ha sognato.
Il 30 ottobre del 2018, Billy Idol e Tony James, entrambi ex Generation X, si uniscono agli ex Pistols Steve Jones e Paul Cook e formano una super band per un concerto gratuito tenutosi al Roxy di West Hollywood, a Los Angeles. La band per l’occasione assume il nome di Generation Sex, e propone una setlist combinata dal repertorio delle due band. In perfetta alternanza catturano il pubblico losangelino con brani come Ready Steady Go (Generation X), Silly Thing (Sex Pistols), The Untouchables (Gen X) No-one Is Innocent (Sex Pistols) e via dicendo. Più di sessanta minuti di Punk incendiario congelato in un evento irripetibile. Per la prima volta in Italia, la D’Alessandro e Galli, porta il quartetto punk sul palco del Lucca Summer Festival per un concerto programmato il 4 Luglio nella città toscana, in Piazza Napoleone. La presale esclusiva è fissata dalle ore 12:00 alle ore 15:59 solo per gli iscritti alla newsletter della D’Alessandro e Galli, mentre dalle ore 16:00 dello stesso giorno, partirà la prevendita ufficiale su Ticketone.
I Generation X esordiscono nel 1978 con l’album omonimo prodotto da Martin Rushent e Phil Wainman, seguito da Valley of the Dolls dell’anno successivo e il conclusivo Kiss Me Deadly di due anni dopo, pubblicato a nome Gen X.
I Sex Pistols invece si formano nel 75 e attraverso una storia produttiva turbolenta e difficile pubblicano l’unico album in studio nel 1977, lo storico Never Mind the Bollocks.
Durante il live del 2018 dei Generation Sex, i brani dei Sex Pistols proposti erano quelli incisi successivamente dai soli Jones e Cook dopo l’uscita di Rotten e Vicious e contenuti nella colonna sonora del film di Julien Temple, The Great Rock ‘n’ Roll Swindle.
Proprio Steve Jones, è l’ultimo in ordine di tempo ad aver pubblicato la sua versione della controversa storia della band, con un’autobiografia intitolata Lonely Boy, pubblicata nel 2016 e fonte di ispirazione per Pistols, la recente serie sulla band britannica diretta da Danny Boyle.