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Louis Fontaine – L’obsession: colonna sonora per un giallo immaginario

Louis Fontaine è il moniker di un compositore italiano attivo in Francia. Per la label Broc Recordz ha pubblicato il suo primo album intitolato L’Obsession, sorprendente ricognizione tra i suoni del giallo all’italiana e del polar francese, senza per questo essere un prodotto derivativo. Al contrario, Fontaine, produce una musica che pur muovendosi da suggestioni note, riesce a lambire i territori dell’invenzione creativa originale.
Scritto come se fosse la colonna sonora per un giallo immaginario, con al centro una figura femminile e e l’innamoramento ossessivo vissuto dallo sguardo maschile, è un mix tra elettronica e orchestrazione, che potrebbe far parte di una produzione cinematografica francese per gusto e attitudine.

Fontaine cita esplicitamente Alessandro Alessandroni e un pezzo da novanta come Francois De roubaix, compositore francese che ha scritto moltissime colonne sonore tra gli anni sessanta e i settanta, tra cui molte per polar classici (Robert Enrico, José Giovanni, Jean-Pierre Melville) e per horror di culto, citiamo a questo proposito le musiche per “La vestale di satana” di Harry Kumel.

A dimostrazione di un eclettismo combinatorio molto versatile, noi ci abbiamo trovato anche il Badalamenti di Twin Peaks, il Morricone più Jazz e sperimentale di “Matchless” e “Autostop Rosso Sangue”, ma anche il John Barry di Ipcress File e The Persuaders, oltre a sorprendenti e improvvisi echi della tradizione pop italiana, in particolare quella del Battisti di Anima Latina.

Per saperne di più abbiamo realizzato una video recensione dell’edizione in vinile nera (limitata a 290 copie) che è possibile acquistare dal profilo Bandcamp di Broc Records. Nel video raccontiamo in sintesi il disco e vi facciamo pre-ascoltare alcune tracce

L’Obsession di Louis Fontaine è distribuito in digitale e vinile. I vinili sono venduti in versione nera, limitata a 290 copie e rossa, limitata a 190 copie.
Oltre ai formati tradizionali, è stato diffuso sul canale youtube dell’etichetta, un videoclip diretto da Watcheuz, pseudonimo dietro al quale si cela una creativa e regista francese, “artigiana dell’immagine”, come ama definirsi, il cui nome è Manon Rouanet. Mentre lo showreel e i videoclip di Watcheuz si trovano da questa parte, sulla clip de L’Obsession, possiamo dire che è molto bella ed è realizzata nello stile dei trailer, dei teaser e dei titoli di testa dei film degli anni settanta, con un abuso di split screen ed altri elementi visuali che ci conducono in un territorio astratto e visual. Montatrice e regista, Watcheuz sembra ispirarsi alle atmosfere e ai cromatismi di Bava e Argento, a certe atmosfere dei film di Melville, ma anche alla rilettura astratta e puramente “visual” di Cattet-Forzani.

In un panorama ricco come quello della riscrittura o rilettura delle librerie sonore, delle colonne sonore e delle atmosfere legate al cinema di genere degli anni settanta, Louis Fontaine scrive un capitolo originale e fuori dal coro. Combinatorio ed evocativo, L’Obsession non segue la linea più battuta di un’aderenza acritica e spesso parodica ai modelli di riferimento, inventandosi un lessico tutto suo, tanto riconoscibile, quanto misterioso e astratto.

Louis Fontaine in rete
Broc Recordz in rete
Watcheuz in rete

Gloam Session #2 – Simona Armenise, il video live in esclusiva

Gloam Session

Tornano le Gloam Session con un secondo episodio davvero straordinario. Il format ideato dal collettivo Stand Alone Complex, costituito dai video live diretti da Antonio Stea è un’esclusiva Indie-eye Videoclip e immerge gli ospiti in uno scenario naturale, vicino alla loro terra d’origine, rigorosamente durante gli ultimi momenti del crepuscolo.

Una sfida tecnica ed estetica, che riconduce la musica alle sue caratteristiche più squisitamente sensoriali. dove l’occhio video non è mai intrusivo, ma assolutamente immerso nella performance.

L’ospite del secondo episodio è un’artista straordinaria, Simona Armenise, che esegue un brano inedito in anteprima assoluta per le Gloam Session e in esclusiva su Indie-eye.

Pietre Tagliate è stato girato tra Cassano Delle Murge e Grumo Appula (BA) il 21 Ottobre 2022.

Le foto dell’articolo sono di Anna Squicciarini

Gloam Session #2 – Simona Armenise in “Pietre Tagliate”. Live per Chitarra Classica – live electronics – effects

Simona Armenise su “Pietre Tagliate”

Il brano si intitola “Pietre Tagliate“: “La cellula embrionale – ci racconta Simona – nasce durante i momenti di pausa delle riprese video di un progetto in collaborazione con altri musicisti. La location era un sito sulla Murgia Pugliese, soprannominato Jazzo Pietre Tagliate, gioiello di architettura rurale risalente al XVI sec. così chiamato poiché vi sono grandi lastroni di bianca roccia calcarea levigata che, per un particolare effetto di erosione, sembrano ‘tagliati’. L’elaborazione è proseguita in seguito con l’immagine negli occhi e nella mente dei colori murgiani nonché della estatica visione dell’incantevole panorama che si staglia intorno alla Masseria.”

Simona Armenise – Foto di Anna Squicciarini

Simona Armenise, biografia artistica

Simona Armenise è chitarrista, compositrice e insegnante di chitarra. Diplomata presso il
Conservatorio “N. Piccinni” di Bari e laureata in Discipline Musicali indirizzo solistico presso il Conservatorio “N. Rota” di Monopoli (BA), vive attualmente a Bari. Da molti anni è attiva nell’ambiente rock, progressive e sperimentale nazionale. Con il suo soloset nascono numerose partecipazioni a Festival e Rassegne, dove collabora e condivide palchi con Patrizio Fariselli (Area), Gianni Nocenzi (Banco del Mutuo Soccorso) e molti altri. Il suo ultimo lavoro, “Lotus Sedimentations – Hasu No Chikuseki” (New Model Label, 2019), con la partecipazione di Ares Tavolazzi (Area, Francesco Guccini), già presente in “Oru Kami” (Verte Records, 2016), è dedicato alla filosofia orientale del Fiore di Loto. Di rilievo anche l’omaggio a Demetrio Stratos, dal titolo “Notturno per Demetrio” (Niafunken 2020), pubblicato nel 2020 in occasione dei 41 anni della scomparsa del grande musicista.


Simona Armenise – Foto di Anna Squicciarini

Partecipare alle Gloam Session: Come fare

Tutte le Gloam Session sono prodotte da Stand Alone Complex e dirette da Antonio Stea. Una serie di video live a cadenza mensile in esclusiva per Indie-eye. Dal cantautorato all’elettronica, gli artisti coinvolti saranno calati nei luoghi dove sono cresciuti, e filmati durante le ultime ore del crepuscolo. Stand Alone Complex è un circuito aperto. Se ti senti vicino o sei incuriosito da quello che il collettivo produce e vorresti partecipare come artista alle Gloam Session, contatta il collettivo alla mail: sacrecordings@gmail.com

Consulta la sezione Gloam Session su indie-eye

Aida Nosrat & Barbara Pravi – Daughters of Cyrus, il videoclip per le donne libere dell’Iran

Aida Nosrat, nata a Tehran nel 1984, ha cominciato a studiare musica fin dall’età di sei anni, si è diplomata a 18 e per i sei anni successivi ha suonato tra i membri dell’orchestra sinfonica della sua città. Mentre le veniva impedito di intraprendere la carriera come cantante a causa delle leggi iraniane che proibiscono alle donne di esibirsi in pubblico, ha perfezionato la tecnica vocale con il maestro Gholamreza Reazayi, fino a quando nel 2016, non è riuscita a lasciare il paese per trasferirsi in Francia, dove da donna libera ha potuto avviare il suo nuovo percorso. Sono quattro gli album che ha pubblicato insieme a Manushan e Atin, due formazioni con le quali combina tecniche e stili diversi, che dalla tradizione persiana, transitano verso il flamenco e i territori della musica Jazz.

Barbara Parvi è un’artista apolide francese, le cui origini sono serbe e iraniane. Ha pubblicato alcuni EP e una serie di singoli, tra cui Voilà, presentato dal vivo all’edizione 2021 dell’Eurofestival e piazzatosi secondo, a venticinque punti di distanza da Zitti e Buoni dei Måneskin. Il suo è uno stile che combina gli aspetti più confidenziali della chansòn francese insieme al pop degli anni sessanta, riletti con una sensibilità aperta sia al jazz che alla world music. Attiva per la libertà, l’autoderminazione e i diritti delle donne, nel 2019 ha riscritto un brano del rapper Orelsan, trasformando un racconto di formazione al maschile come “Notes pour trop tard” nella canzone di lotta contro la violenza sulle donne “Notes pour trop tard x Le Malamour“, dove il malamore è il ricordo dei colpi presi per le carezze, un amore cieco e sordo che fa male.

Le due artiste insieme hanno inciso Daughters of Cyrus, rilettura di un brano scritto nel 1927 da Mohammad Ali Amir Jahid e Morteza Ni Dawood. Gli autori, racconta Aida Nosrat nel comunicato stampa, hanno preferito che il loro nome rimanesse nascosto per paura di ripercussioni da parte dei fanatici religiosi. Il brano si oppone all’imposizione dell’hijab e viene re-interpretato dalle due artiste in un momento in cui il movimento di liberazione delle donne sta nuovamente sbocciando.
170 anni fa, aggiunge Aida Nosrat: “Qurrat al-ʿAyn, fu uccisa perché osò togliersi l’hijab e nessun uomo si mosse per difenderla. 44 anni fa, dopo la rivoluzione islamica in Iran, le donne sono state obbligate a indossare l’hijab, e i nostri padri non si sono ribellati. Oggi gli uomini iraniani rischiano le loro vite e muoiono per la libertà delle donne. E questa è già una vittoria“.

Daughters of Cyrus è accompagnato da un bellissimo videoclip che tratteggia una storia visuale delle lotte per la libertà delle donne in Iran, fino alle strade incendiate dalla rivolta degli ultimi mesi.

Dad Can’t Dance, il Podcast che resiste alla dittatura “Baby Shark”

Il titolo è assolutamente geniale. Gioca foneticamente con il nome di una delle band più creative degli anni ottanta, per descrivere la resistenza di tre professionisti che sono anche neo-papà.
Se “Baby Shark”, affermano i curatori di questo nuovo podcast, ha capitalizzato miliardi di visite sul tubo, orientando tutto il mercato della musica per bambini che irrimediabilmente affligge la abitudini d’ascolto dei genitori, Dad Can’t Dance, con le armi della competenza e dell’ironia, racconta un altro mondo musicale possibile, tra novità, classici e una playlist il più possibile lontana dalla proposta mainstream radiofonica.

All’interno una serie di rubriche, tra cui “sui giovani d’oggi ci podcasto su” e “Baby Parade“, che cercano un orientamento possibile per i giovanissimi, facendo giustamente a pezzi la retorica secondo cui la musica destinata a quell’utenza debba essere targetizzata dall’industria.

Tutti i padri martoriati dalle canzoncine confezionate per i bambini, dai jingle martellanti e da suoni che annichiliscono il cervello, possono trovare uno spazio di decompressione, ma anche un’ottima guida al panorama della musica internazionale di qualità.

Il podcast è curato da Alberto Brumana, papà di Ennio e creatore del blog HypFi – Canzoni tristi per persone felici, gioco sulla malinconia via playlist; Alfonso Mastrantonio, papà di Bianca, redattore per numerose trasmissioni di Radio2 (tra le altre: CaterXL, L’invasione degli Autogol) che aveva già lavorato per alcuni dei più importanti talent show della televisione italiana; Fabio Pozzi, papà di Mina, critico musicale per la rivista Awand, trimestrale a tiratura limitata che esce su cartaceo e da anni direttore dell’ARCI Pintupi di Verderio (LC) e del festival Pintupi Open Air.

Proprio al Pintupi, il prossimo 6 Novembre sarà allestito l’evento di presentazione del Podcast insieme ai tre conduttori, a partire dalle 18:00.

Dad Can’t Dance non è solo un talk show di interazione divertente e sagace, ma è anche un contenitore musicale. Si ascolta su Spotify da questa parte e include una selezione di brani con una modalità che lo avvicina maggiormente ad una trasmissione di vocazione radiofonica. L’ascolto è gratuito per tutti, ma la selezione musicale è fruibile integralmente solo da chi è in possesso di un account premium sulla nota piattaforma. Tutti gli altri possono ascoltare il podcast, ma la riproduzione dei brani è limitata ai primi 30 secondi per ciascuna traccia.

Lo spirito è quello grassroots e fai-da-te” ci hanno detto i fondatori e curatori del podcast “Una modalità che ha spesso accostato il fenomeno a quello delle radio libere“. E l’interazione tra i tre creator/conduttori è davvero molto divertente, perché nella diversità di approccio, carattere e gusto, emergono freschezza e libertà.

Il primo episodio disponibile si intitola “Digressioni di Settembre” e dura quasi 50 minuti. Tra chiacchere, considerazioni critiche e una presentazione dettagliata delle rubriche, passano in rassegna i brani di: Sudan Archives, Julia Jacklin, LIFE, Daddy Yankee, Anna Pepe, Nome, The Pogues, Fiery Furnaces, Wet Leg, Nilufer Yanya, i Botanici, Il Corpo Docenti, Bounce Patrol, Farrouko.

Dad Can’t Dance ha anche alcuni presidi in rete e potete trovarlo su facebook, ma anche su Instagram, ed infine su Twitter.

Le sigle originali di Dad Can’t Dance sono state realizzate da Matteo Bonavitacola, la veste grafica e il logo invece sono a cura di Enrico Bettella.

Joanie – Schadenfreude – il video split di Roger Spy

Splittare lo schermo è una tentazione irresistibile, perché moltiplica le possibilità del punto di vista, in una costruzione tecnica che si spinge oltre i limiti della mimesi dello sguardo stesso. Senza aprire una dissertazione sull’uso spesso artificioso e fallimentare, legato al cinema degli anni settanta da Norman Jewison a Brian De Palma, ci limitiamo alle recenti applicazioni in ambito videomusicale, considerato che il video di Joanie è molto vicino, per spirito e concezione, alla fisiologia di un artwork.
Abbiamo ospitato su queste pagine i video di Karni e Saul per Micah P. Hinson, di Ewan Jones Morris per Anna Meredith, di Jak Mavity per Scott Quinn. Questo di Roger Spy deve molto a tutti e tre, ma è maggiormente circoscritto nello spazio dell’artwork, come cornice deputata per gli artisti visuali fino a tutti gli anni novanta, di cui offre una variante giocosa e performativa.
Non importa se l’ispirazione dichiarata è quella delle riviste di moda, al centro delle trasformazioni a cui viene sottoposta la stessa Joanie, perché il risultato è quello centripeto di un’immagine che si gioca tutto entro i propri margini.
Roger Spy del resto, oltre che musicista, è artista visuale e multimediale tra moda, advertising e arte concettuale. Servendosi di un Iphone ha realizzato tutte le brevi clip del video in 4K per poi montarle in questa divertente griglia posturale.

FKA Twigs – Pamplemousse – il video di Aidan Zamiri & Yuma Burgess

Aidan Zamiri non è solo l’autore dietro a tutti i concept video di Caprisongs, l’ultimo lavoro di FKA Twigs da cui è tratta anche questa clip. Il regista/fotografo di Glasgow rappresentato da Object & Animal, è tra i più interessanti della scena britannica, per le modalità in cui i nuovi processi identitari filtrati dai dispositivi di massa, vengono elaborati in un dialogo serrato tra nuove tecnologie e recuperi tecnico-semantici dei decenni precedenti. Non è un caso che qui collabori con l’artista digitale Yuma Burgess, scultore digitale, visual artist e alchimista dei mondi virtuali.

Pamplemousse è una perfetta fusione dei due mondi, esperita nel territorio dell’animazione digitale, come cornice tra passato e presente. I flash psichici, le repentine mutazioni visuali degli sfondi, i rendering quasi performativi, imitano il movimento e l’estetica dello stop-motion e allo stesso tempo elaborano un immaginario desunto dalla club culture, dai social media, dalla dimensione videoludica e dal Cinema VR.

Questa è una sola delle declinazioni di FKA twigs, il cui universo transmediale è ormai frutto di una convergenza tra vari ambiti. Ricordiamo che la musicista e ballerina britannica è reduce dalla regia di Playscape, il primo cortometraggio da lei diretto.

Liam Gallagher – Too Good For Giving Up – il video diretto da BWTV

Dietro il moniker BWTV ci sono Liam Achaibou e Ryan Vernava, registi e creativi londinesi sulla cresta dell’onda che già hanno lavorato per artisti del calibro di Tom Jones, Elbow, Bonobo, Bastille. Per Liam Gallagher scelgono una via più narrativa e coinvolgono l’attore David Jonsson, già visto in Industry e Deep State, per un’elaborazione poetica dello stato di depressione di un uomo. Il propellente è quello filantropico legato all’associazione Talk Club, il cui “product placement” a fin di bene è inserito anche all’interno della clip, con uno dei personaggi che mostra una t-shirt con il loro logo, e con l’epilogo del narrato che si svolge proprio all’interno di uno dei locali dell’organizzazione, impegnata nelle varie forme di sostegno e aiuto psicologico per gli uomini con vari problemi di salute mentale.
Un doppelgänger  di grandi dimensioni viene trasportato dallo stesso Jonsson sulle sue spalle, quasi fosse il personaggio di un carro carnevalesco appena smontato dall’apparato.

Il suo passaggio nei sobborghi urbani attrae l’attenzione di altre figure solitarie e marginali, che lo aiuteranno a sopportare quel peso ed infine a liberarsene.

Metafora semplicissima, diretta e del tutto scoperta, girata in un bianconero elegante e con la fotografia di Adrian Peckitt, DOP attivo nel cinema, il cui sguardo conferisce un approccio più vicino ai tempi della settima arte che all’ipercinetismo dei video musicali.

Grazie alla fluidità della steadicam di Mihai Catalin, insiste infatti sulla costruzione del punto di vista e su quello dei passanti incontrati di volta in volta, la cui prospettiva è quella a partire dalle spalle del grande pupazzo di cartapesta. Visto da dietro, il suo incedere goffo e monumentale, diventa la dolente fotografia della condizione umana e di un moderno Sisifo, anonimo nella città silente.

Hannah Grae – Propaganda – il video di Wei Prior

Wei Prior, originario di Bournemouth sulla costa britannica, è un designer grafico di talento che sin dall’età di 14 anni si cimenta con il mezzo. Dopo gli studi al GSCE, si è distinto per il suoi lavori combinatori tra grafica e video, lavorando con il suo studio ChaChaanTeng per marchi rinomati e artisti di altissimo livello tra cui Kali Uchis, FKA Twigs, 645AR. Affascinato dal lavoro tipografico e lontano dalla precisione di un disegnatore, lascia che gli errori emergano dal suo lavoro, offrendo nuovo spazio ai difetti. Il video per l’universo punk addomesticato di Hannah Grae sintetizza il suo spirito, tra collage, animazione bruta e rilancio dell’estetica cutout in una prospettiva mediale convergente.

Piri & Tommy – On & On – il video lisergico di Deadhorses

Londinesi, il duo Deadhorses è la next big thing della videomusica britannica. Triturano internet art, immaginario di consumo legato ai social media, recuperando il vintage “brutto e povero” degli anni ottanta, in una rimediazione continua di codici, linguaggi e citazioni che riescono comunque a individuare uno spazio espressivo originale e del tutto personale. Affascinati all’iper cinetismo pop, hanno diretto per Hak Baker, Sam Fender, realizzato i visual per il tour di Jamie T. Il territorio è molto simile a quello combinatorio di BRTHR, ma con uno spirito maggiormente anarchico e punk.
Il video per il debutto di Piri & Tommy è un delirante gioco dell’immaginazione che rilegge lo spirito catodico tra gli ottanta e i novanta, tra Neneh Cherry e Dee Lite, con i mezzi e lo sguardo della social media youth.

Arz – No Noise – il videoclip diretto da Fidel

Fidel è un regista di Newham, Londra e fa parte di quei creativi britannici legati alla street culture. Ha diretto alcuni video per la scena hip-hop e rap inglese, tra cui quelli per Jim Legxacy, Glasshousetenant, Leaf Tieler e Pswuave solo per citarne alcuni. L’ultimo promo per Arz non si discosta dagli altri per intensità e vicinanza allo spirito della scena, tra spinte documentali e un’astrazione ricercata attraverso lo scandaglio della realtà stessa. “No noise” è un video notturno che sfrutta principalmente effetti ottici e luminosi per raccontare la strada come se fosse una dimensione psichica. Il risultato è suggestivo per intensità e capacità di sperimentare con pochissimi mezzi.