domenica, Dicembre 22, 2024
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Dischi usati e rarità nel cuore di Firenze: Libri & Vinile di Filippo Innocenti

A due passi dal Mercato di Sant’Ambgrogio, il più tipico di genere alimentare sopravvissuto a Firenze, si trova la nuova costruzione di quello delle Pulci. Spostato provvisoriamente da Piazza Dei Ciompi a Largo Annigoni a partire dal gennaio del 2016, ha successivamente trovato l’ubicazione definitiva proprio in questo grande spazio che collega una parte del centro storico a Piazza Beccaria.
All’interno della nuova struttura portante di vetro e metallo elaborata da Alberto Breschi, ci sono 28 box espositivi che ospitano le varie attività mercatali.

Libri & Vinile il record shop di Filippo Innocenti

Tra modernariato e usato di ogni tipo, si trova anche lo stand numero 16 di proprietà dei fratelli Innocenti, riconoscibile per il logotipo che mostra una pila di libri e un disco in vinile.
Libri & Vinile, oltre ai libri antichi e da collezione curati da Ferdinando, tratta un numero considerevole di dischi in Vinile, rigorosamente di seconda mano, selezionati da Filippo, appassionato di musica, intenditore di colonne sonore e commerciante professionista da 30 anni.

Il suo è un vero e proprio record shop, l’unico a Firenze che tratta esclusivamente usato e che non ha ceduto al mercato delle nuove ristampe.
Quest’ultimo non rappresenta certamente un male, ma è un tipo di offerta che ha una buona diffusione in città. L’attività di Filippo rappresenta quindi una diversificazione importante per una serie di motivi che cercheremo di esaminare in dettaglio.

Dal Metal alla classica: occasioni e rarità

All’interno del negozio sono presenti una serie di espositori suddivisi per generi. Molto rock, pop e Jazz, ma anche Funk & Soul, Heavy Metal, Colonne sonore, Musica Classica, una selezione ragionata di rarità e una nutrita sezione “bargain” che include offerte e occasioni.
Tra quest’ultime, quelle a cinque euro costituiscono una delle sezioni da verificare appena entrati, perché si possono trovare vere e proprie perle precedentemente prezzate il doppio o il triplo.
Un sistema di rotazione che Filippo mette in circolo usualmente per diversificare l’offerta.

Libri & Vinile: la prova d’acquisto

a) Occasioni: vinili a cinque euro

Per fare alcuni esempi concreti, in tempi recenti mi è capitato di acquistare a soli cinque euro, la prima stampa europea di “Oil and gold” degli Shriekback, splendido disco di funk-wave i cui brani furono utilizzati in buona parte da Michael Mann per la colonna sonora di “Manhunter”, “Music For Piano and Drums”, il bel disco piano e batteria di Bill Bruford e Patrick Moraz pubblicato nel 1984 su EG Records, due volumi della rara compilation che includeva le band Creation Records, intitolati “Creation Soup” e pubblicati nei primissimi anni novanta.
Una policy interessante e sempre più rara, soprattutto alle fiere del disco, che consente ai clienti di navigare attraverso una serie di offerte accessibili come forma di benvenuto, dove la qualità rimane comunque alta e con quindici euro si possono portare a casa tre dischi.

b) Il catalogo: dischi da dieci a venticinque euro

La media dei prezzi che caratterizza il catalogo è invece in continua mutazione, ed è quella che si riferisce ai titoli classici, da Peter Gabriel a David Sylvian, dagli Style Council a Warren Zevon, da Neil Young a Bob Dylan.
In questo caso si oscilla tra dieci e venticinque euro, per dischi quasi sempre in ottime condizioni, ovvero con un grading mai sotto il Very Good Plus.

c) rarità: vinili rari e pezzi unici

Non mancano le rarità, le prime stampe introvabili, gli oggetti da collezione.
Tra gli oggetti di valore considerevole avvistati recentemente nello shop di Filippo, le prime stampe di alcuni dischi dei Litfiba (17 Re, Litfiba 3, Yassassin EP), due rari dischi dei No Means No (Wrong, Small Parts Isolated and Destroyed), Amused to Death di Roger Waters, un disco doppio che da solo e se incluso di booklet in ottime condizioni, può valere sopra le 300 euro.
Alcuni dei dischi citati superano le 100 euro, ma si assestano su cifre assolutamente competitive nell’ambito dei pezzi da collezione di alto valore.
Non è raro in questo senso trovare alcuni titoli a 30 euro, tra Punk e New Wave, che in altri contesti come gli shop internazionali presenti su Discogs, possono arrivare a costare il doppio se si considerano le spese di spedizione che tocca affrontare quando si acquista online.

Colonne sonore e Jazz, rigorosamente in vinile

Tra le sezioni più fornite, Jazz e Colonne sonore rappresentano un fiore all’occhiello del negozio.
Per quanto riguarda le seconde, non è raro trovare ottime stampe dalla sterminata discografia di Ennio Morricone, una nutrita collezione di musiche per Western Italiani, qualche libreria sonora, molte colonne sonore per il cinema di genere, italiano e internazionale, dischi della Varese Sarabande in ottime condizioni, come per esempio una selezione di titoli meno conosciuti dalla discografia di Pino Donaggio. Proprio da Filippo ho acquistato a prezzi assolutamente ragionevoli, “Oltre la porta”, la colonna sonora scritta da Donaggio per il film di Liliana Cavani e “Home Movies”, per l’omonimo film di Brian De Palma.

Filippo ha un’ottima conoscenza del settore, ed è impossibile trovare edizioni con indicazioni sbagliate.
La capacità di reperire collezioni di svariata provenienza, consente al cliente di trovare stampe inusuali.
Di recente, giusto per fare un esempio, ha esposto una prima stampa italiana di “Fresh fruit for rotting vegetables” dei Dead Kennedys pubblicata nel 1981 su Ariston, un anno dopo la copia Inglese uscita su Cherry Red.

Libri & Vinile è una tappa obbligatoria per gli amanti del microsolco che si trovano a Firenze, occasionalmente o meno. L’approccio è quello Old Style, perché il negozio non ha un presidio Discogs né un servizio di commercio elettronico, ma un sito web di rappresentanza, raggiungibile da questa parte, utile per stabilire un contatto con Filippo e chiedere informazioni sulle disponibilità più recenti.

Consigliatissimo

Guida Internazionale ai negozi di dischi, by Indie-eye.it

Guida internazionale ai negozi di dischi

Online o come dicono gli inglesi, in un negozio “Brick and Mortar”? L’acquisto dei dischi, soprattutto in vinile, comporta una serie di dettagli e di verifiche importanti per il collezionista, non sempre applicabili senza prodotto sotto mano. Per questo motivo, la reputazione del venditore è fondamentale e non sempre gli strumenti a disposizione dei clienti sono sufficienti per evitare brutte sorprese. Con una sezione apposita, dedicata ai venditori professionali di dischi, Indie-eye traccia una mappa internazionale. Utile, agile e senza sconti, la guida internazionale ai negozi di dischi è pensata per supportare l’esperienza del consumatore. Le informazioni che utilizziamo mettono a confronto testimonianze dirette, personali e documentate, con altri strumenti di verifica partecipativa, reperiti sulle piattaforme dedicate al commercio elettronico specializzato.
Lo scopo è quello di fornire una bussola per orientarsi al meglio nell’acquisto dei dischi:
dove comprare, come risparmiare, cosa e chi evitare.

Black Doldrums – In Limerence: recensione del vinile blu

L’unico modo per uscire da un’adesione filologica ai propri modelli di riferimento è l’intensità.
Immergersi in un mondo sonoro specifico, come se fosse il rilevatore di energie più vicine al sentimento del tempo.
Il post-punk e le sue declinazioni più dark e goth sono ormai diventati un lessico, e se negli ottanta individuavano tutte le ansie di una realtà sociale e politica sull’orlo del baratro, possono nuovamente trasformarsi nel linguaggio di mediazione più appropriato per una nuova generazione di musicisti e di ascoltatori.

I Londinesi Black Doldrums, nati dalla sinergia tra il chitarrista Kevin Goddard e la batterista Sophie Landers, hanno inizialmente esplorato tutte le propaggini di quella neo-psichedelia che band come My Bloody Valentine e Spaceman 3 avevano ricodificato a cavallo tra due decenni, per asciugare successivamente il suono e renderlo più vicino alla radice di quelle stesse suggestioni, ovvero dalle parti dei Joy Division, dei primi Echo And The Bunnymen e del primo ipnotico disco dei Modern English.

In Limerence, secondo full lenght pubblicato recentemente per Fuzz Club, integra il basso di Daniel Armstrong e propone un suono potente, ipnotico e inesorabile che cerca di delineare un contrasto vivo tra un romanticismo impossibile e il buco nero di una realtà ormai proiettata verso il caos.

Black Doldrums – In Limerence – video recensione del Vinile Blu trasparente (Fuzz Club Records)

Su questo contrasto, la musica dei Black Doldrums costruisce una vera e propria drammaturgia sonora, tragica e immediata, riconoscibile eppure concettualmente radicata nel presente.
In Limerence è allora il lavoro più accessibile, ma allo stesso tempo il più compiuto della band londinese, perché si avvicina alla dimensione dell’amor perduto, dell’angoscia isolazionista, della solitudine come cifra ineludibile del contemporaneo, trovando un canale perfetto per esprimere la stasi esistenziale del presente.

Goddard/Landers sono allora attentissimi a creare un concept dall’immaginario specifico e che investa anche la parte visuale, coerentemente e interamente curata dalla band

Black Doldrums, il video di Dying for you diretto da Kevin Goddard e Sophie Landers

Quella dei Black Doldrums è allora musica dalla forte qualità sensoriale, capace di strappare una straziante componente emotiva dalle forme più ipnotiche della ripetizione.
Scivola via, ma si attacca in modo insidioso, diventando improvvisamente colonna sonora perfetta per descrivere il grido di una generazione spossessata dal proprio futuro.

Fuzz Club, label che accoglie attualmente Jesus And Mary Chain, Tess Parks e molti altri, pubblica In Limerence in una splendida versione in vinile colorato blu che valorizza l’artwork del disco, caratterizzato da una splendida foto a colori del percussionista e fotografo spagnolo Alex Amorós e dal design concepito interamente dalla stessa Sophie Landers. La inner sleeve riprende alcune suggestioni ossianiche e sepolcrali che caratterizzavano la gradazione di grigi marmorea di alcuni dischi 4AD degli anni ottanta, pensiamo in particolare al primo This Mortal Coil.

IN LIMERENCE si acquista da questa parte nello shop Fuzz Club

Tess Parks – Pomegranate: video recensione del vinile

Uscito a fine ottobre del 2024, Pomegranate è il terzo album della musicista canadese Tess Parks,
pubblicato per la britannica Fuzz Club. Prodotto dal polistrumentista e fido collaboratore Ruari Meehan, e mixato insieme a Mikko Gordon è un lavoro di psych pop ricco di sorprese e un’evoluzione importante per la cantautrice di Toronto.

Per la rubrica “Tutti i colori del Vinile“, indie-eye propone una video recensione dell’edizione Yellow Vinyl

Tess Parks, Pomegranate – video vinyl review


Naturale evoluzione del precedente And Those who were seen dancing, album che si distaccava in parte dai suoni di “Blood Hot”, prodotto a suo tempo da Anton NewCombe dei Brian Jonestown Massacre, Pomegranate si rivela un capitolo ancora più ambizioso nella discografia di Tess Parks.
Oltre alla pletora di strumenti suonati dallo stesso Meehan, integra una serie di collaborazioni importanti, tra cui quella estensiva di Francesco Perini, fiorentino stanziato a Londra, ex componente degli Hacienda e adesso attivo con il suo progetto solista chiamato Pearz. Ma c’è anche la batteria di Marco Ninni e una serie di ospiti che arricchiscono la tessitura sonora dell’album, tra cui è importante citare il flauto di Kira Krempova nel brano Charlie Potato

Tess Parks – California’s Dreaming, il videclip ufficiale diretto da Adam Carr

Rispetto al bedroom pop dell’album precedente, il nuovo disco di Tess Parks esplode nuovamente con i colori della psichedelia, ormai irrimediabilmente mutata nella dimensione centrifuga di altre contaminazioni che eccedono i confini di genere: pop, elettronica, Jazz, ambient e suggestioni ipnagogiche.

Un tessuto sonoro che è coadiuvato dalla complessità dei testi, in bilico tra la forma intima e confessionale e una disamina interiore che risuona con le disillusioni dell’esistente.

Invece di seguire un ripiegamento nichilista, è proprio dal dolore, dall’abbandono e dalla solitudine che nasce una spinta d’amore sorprendente capace di contagiare gli stessi suoni dell’album.

Ecco che il puntillismo esplosivo dell’artwork, pittura realizzata dalla stessa Parks, crea una vera e propria coalescenza con elementi jazz che affiorano con molta libertà in alcuni brani, in particolare in Charlie Potato.

Tess Parks – Koalas – il video diretto da Benjamin Wearing


Anticipato da ben tre videoclip e seguito subito dopo l’uscita da un quarto, Pomegranate è stato pubblicato anche in due versioni viniliche. Una già rara e disponibile solo in alcuni negozi di dischi, in vinile gatefold Blu limitato a 500 copie, l’altra in un bel vinile giallo.
Quest’ultima versione è oggetto del video di indie-eye per il format “Tutti i colori del Vinile”, la nostra sezione dedicata a tutto lo scibile del mondo collezionistico legato al microsolco.

L’artwork del disco è ideato dalla talentuosa Raissa Pardini, nota graphic designer di origini italiane stanziata a Londra, che in questo caso ha lavorato in stretta collaborazione con Olya Dyer, anche lei molto brava, di origini rumene e collaboratrice frequente per i dischi pubblicati da Fuzz Club.

Tess Parks – Running Home to sing – il video diretto da Joe Bressler

Acquista Pomegranate dallo shop Fuzz Club

Tess Parks su instagram

Tess Parks su bandcamp

Pesa e lava la puntina del giradischi in un colpo solo

Calibrare il peso della puntina per giradischi è un’operazione manuale che appassionati e collezionisti conoscono benissimo. Il peso graduato che si trova dietro il novanta per cento dei bracci, unitamente alla regolazione dell’anti-skating, consente di impostare con precisione il peso di lettura di una puntina, usualmente indicato dal costruttore, è la sua stabilità su disco.
Per i più precisi, esistono in commercio bilance di precisione che consentono di calcolare grammature minime che si rivelano adatte anche alle impostazioni di una puntina per giradischi.

La cinese HumminGuru ha messo in commercio da circa un anno un dispositivo combo chiamato S-DUO, che consente la calibrazione del peso di una puntina con un’apposita bilancia di precisione e anche il lavaggio della stessa, grazie all’immersione dello stilo in una vaschetta dove sia stata precedentemente immersa acqua bidistillata.
Per l’utilizzo di acqua bidistillata adatta al lavaggio di dischi e accessori come le puntine, rimandiamo a questo articolo pubblicato su indie-eye dove spieghiamo varie cose su liquidi di pulizia e acque bidest.
Ma S-DUO, di cui avevamo già parlato in modo approfondito con questo video tutorial, ha la caratteristica di azionare un vero e proprio bagno in ultrasuoni di venti secondi, che grazie alle bolle di cavitazione generate nell’acqua, pulisce la vostra puntina senza dover utilizzare spazzole, gel appositi e altri metodi più invasivi, come il classico “stylus cleaner” alcolico.

S-DUO PRO, pesa, lava e asciuga lo stilo del giradischi

HumminGuru ha recentemente lanciato sul mercato la versione pro del dispositivo in oggetto.
S-DUO PRO si distingue dal fratello minore, per una serie di accorgimenti che non cambiano il funzionamento base del dispositivo, ma che agevolano il suo utilizzo nel tempo.
Sono quindi state eliminate le batterie e sostituite con una base di ricarica corredata da porta USB-C, che consente di ricaricare il dispositivo.
Un pulsante on-off sottostante evita dispersione di energia e accensioni casuali, che nella precedente versione rappresentavano un piccolo problema.
La base viene inoltre utilizzata come alloggiamento per gli adattatori utili ad appoggiare la puntina durante il bagno ad ultrasuoni e per le spugnette che servono ad assorbire l’acqua dopo il lavaggio e ad asciugare eventualmente la puntina spessa, semplicemente appoggiandola sul supporto spugnoso.

Abbiamo realizzato un nuovo video tutorial per farvi vedere il nuovo S-DUO PRO da vicino.
Il video include anche un tutorial nel tutorial, ovvero una spiegazione passo passo di come calibrare il peso della vostra puntina attraverso la regolazione del braccio.
Noterete che la verifica con la bilancia, rivela una piccola approssimazione della regolazione manuale, questo vi consentirà di regolare il peso al milligrammo rispettando le indicazioni del costrutture, semplicemente muovendo il contrappeso del braccio fino a quando non raggiungerete la grammatura esatta.

S-DUO Pro by HumminGuru, il video tutorial

S-DUO PRO viene corredato da

  • Il disposivo combo, con bilancia e vaschetta per il lavaggio della puntina in ultrasuoni
  • Una base di ricarica USB-C, che funziona anche come alloggiamento per gli accessori
  • Tre adattatori per puntina da utilizzare come appoggio durante il bagno in ultrasuoni
  • due spugnette per assorbire l’acqua in eccesso
  • un contagocce per trasferire acqua nella piccola vaschetta
  • un peso per effettuare la taratura a 5 grammi del dispositivo (vedi tutorial video)
  • un cavo USB-C per effettuare la ricarica
  • un manuale di istruzioni

Alcuni accorgimenti per l’utilizzo si S-DUO PRO

  • per asciugare la puntina occorre bagnare la spugna e strizzare via l’acqua in eccesso. Questa la renderà morbida e adatta ad accogliere la puntina senza danni collaterali
  • I pulsanti per attivare bilancia e bagno ad ultrasuoni sono completamente “touch”. Occorre quindi appoggiare con decisione e a volte un poì più a lungo il polpastrello per attivare le funzioni
  • Prima dell’operazione di lavaggio fate attenzione a scegliere un adattatore che incontri la morfologia della vostra testina. L’appoggio su di esso deve favorire l’immersione della puntina, ma dovete stare attenti a non bagnare il cantilever, cioè la struttura rigida che sorregge la puntina stessa, costituita solo dalla parte terminale del supporto di alluminio.
  • Prima di calcolare il peso di lettura della vostra puntina, tarate sempre la bilancia con il peso da 5 gr corredato (vedi tutorial video)
  • Non gettate via la protezione in plastica della bilancia, anche se S-DUO PRO ha un bel coperchio rigido di protezione per l’intero dispositivo, la protezione in plastica consente che la delicatissima bilancia non subisca pressioni accidentali troppo forti, che potrebbero compromettere il suo corretto funzionamento.

S-DUO PRO si può acquistare sullo shop amazon di HumminGuru, incluse tasse e spese doganali, da questa parte.

Grooves Land, negozio di dischi Berlinese poco attento al cliente

Se ci fossimo soffermati con più attenzione sulla reputazione online di Grooves Land avremmo evitato una pessima esperienza d’acquisto.
Messi insieme e a ritroso i tasselli del puzzle, utilizzando strumenti di verifica pubblici e disponibili online, tutto sembra confermare la mancanza totale di attenzione al cliente che abbiamo recentemente sperimentato.

Grooves Land, da distributore di dischi a multimedia store

Grooves Land, fornitore di vinile e multimedia, è una realtà berlinese nata nel 1991 nell’ambito della piccola distribuzione. Trasformata lungo i decenni in un vero e proprio e-store dove la musica rappresenta solo una parte dell’attività commerciale legata alla Ten Dance Media Gmbh, è presente su svariate piattaforme, da Amazon a Discogs, con una quantità di articoli medio-alta che solo sul database della Zink Media, conta quasi 350.000 prodotti.

Grooves Land, la nostra esperienza di acquisto

Noi abbiamo trovato il loro shop proprio su Discogs e abbiamo letto il profilo principale, dove viene specificata cura e attenzione per il cliente, imballi e packaging sicuri, velocità nella consegna.
Su 190.000 recensioni elencate al momento di scrivere questo articolo, negli ultimi 12 mesi quelle positive sono 26177, quelle negative 555, le neutre 455.
Può sembrare una media accettabile, ma se si confrontano i dati con il principale competitor, ovvero Recordsale, il grande negozio/magazzino in Hertzstrasse che punta da anni sulla qualità indiscutibile dei prodotti, della cura nell’archiviazione, dell’attenzione al cliente con piattaforma feedback dedicata, i punti di criticità per Grooves Land sembrano evidenti e numerosi, con alcuni giudizi davvero feroci nei toni e nei contenuti scelti dai clienti.

La nostra esperienza di acquisto si è riferita a due prodotti:

L’ordine è stato effettuato il 10 di novembre del 2024. L’attesa per la spedizione si è rivelata piuttosto lunga, la merce è infatti partita dalla Germania il 15 novembre. La giustificazione per il ritardo nell’invio dei prodotti, oggetto di numerose lamentele pubblicate su Discogs contro Grooves Land, viene affidata ad un messaggio standard, inviato automaticamente al cliente subito dopo la finalizzazione dell’acquisto: “I tempi di elaborazione possono variare poiché la capacità di stoccaggio è esaurita presso la nostra sede aziendale originaria. Dobbiamo richiedere una parte della merce dal nostro magazzino con scaffalature verticali. Gli articoli verranno quindi trasportati al nostro centro di spedizione dopo aver ricevuto l’ordine

A fronte di un magazzino separato dagli uffici dove vengono processati gli ordini, cinque giorni di attesa affinché una spedizione venga finalizzata nel perimetro dell’area berlinese, sono davvero tanti.
Gli articoli sono comunque arrivati il 22 novembre 2024 via BRT.

Packaging standard, un cartonato rigido con chiusura a croce e un cartone libero inserito come rinforzo per proteggere i dischi, il tutto sigillato da un nastro adesivo personalizzato con il logo del negozio.
Senza infamia e senza lode.

Ma la vera sorpresa si è rivelata dopo l’apertura del pacco.
I dischi non erano quelli ordinati, e al loro posto abbiamo trovato:

Grooves Land, nella descrizione degli articoli aveva inserito i seguenti dettagli; a questo proposito fate attenzione alla dicitura “Original records release date

Mentre la descrizione di The Drift si riferisce ad una release date equipollente alla prima stampa dell’album (2006) esattamente come il link che punta al record di riferimento nel database Discogs, quella di Spiderland descrive addirittura una data precedente al record Discogs associato, riferito alla stampa del 2004. Un sistema di gestione e inserimento degli articoli molto confuso, fuorviante e scorretto.

Grooves Land ci ha quindi recapitato due prodotti su due, difformi rispetto alla descrizione fornita e alla scheda Discogs associata, ovvero due edizioni completamente diverse da quelle indicate al momento della vendita.

Differenze notevoli, non dettagli, che incidono sull’esperienza di acquisto per qualsiasi collezionista.
Può capitare, ma dovrebbe essere l’eccezione che conferma la regola di un’assistenza al cliente impeccabile, orientata alla risoluzione dei problemi e proporzionale alla reputazione che Grooves Land sembrerebbe veicolare nella descrizione del proprio profilo.
Purtroppo non è così e dopo aver indicato il disservizio attraverso tre messaggi, sottolineando la ricezione di due prodotti su due non conformi alle descrizioni, abbiamo ricevuto una risposta dopo il quarto che minacciava direttamente l’apertura di una contestazione su Paypal.

Nella risposta ci veniva proposto:

  • un reso a nostro carico, specificando che sarebbe stato rimborsato solo se ci fossimo affidati al corriere più economico tra quelli disponibili
  • La spedizione dei dischi sostitutivi conformi a descrizione, dopo la ricezione del reso e con nuove spese di spedizione totalmente a nostro carico, non rimborsabili

La successiva apertura di una contestazione su Paypal per ottenere un rimborso totale e una procedura di reso già pagata e predisposta dal venditore, ha confermato la totale mancanza di disponibilità da parte di Grooves Land, che ha rifiutato l’etichetta automatica di reso da stampare proposta, chiedendo che fossimo noi a pensarci, spese incluse.

L’operatore Paypal proveniente dalla Tunisia, il giorno 26 novembre 2024 ci ha detto di non poter obbligare il venditore a seguire la procedura consigliata per i resi e che dalla profilazione Paypal interna, Grooves Land emergeva in modo problematico. Erano effettivamente presenti numerosi reclami e richieste di rimborso anche per cifre molto più alte, a conferma di una relazione turbolenta tra il negozio tedesco e i suoi clienti.

Grooves Land su Trust Pilot: scarso

Ci siamo quindi arresi, rinunciando al rimborso e tenendoci i dischi, dopo un’attenta consultazione del profilo Grooves Land su Trust Pilot, dove la media delle recensioni si assesta su un impietoso SCARSO.

Le numerosissime recensioni negative, possono essere lette pubblicamente da questa parte su Trust Pilot e includono questioni che riguardano

  • invio di prodotti sbagliati
  • invio di prodotti non conformi a descrizione
  • invio di prodotti di valore inferiore rispetto all’acquisto
  • ritardi siderali nella ricezione della merce
  • articoli mai recapitati
  • assistenza insufficiente
  • assistenza inesistente
  • nessuna risposta a numerosi e reiterati solleciti
  • costi di spedizione extra non previsti
  • nessuna etichetta di reso inclusa nei pacchi ricevuti
  • incapacità di gestire i resi sia per la ricezione che per il re-invio dei prodotti corretti
  • spese doganali non previste e apparentemente risolte alla fonte, addebitate in seguito al cliente
  • difficoltà di vario tipo ad ottenere i rimborsi

Tra le centinaia di recensioni negative che abbiamo letto, ci siamo soffermati in particolare su questa:

Se acquisti qualcosa da Grooves Land, che non ti venga in mente di restituire l’articolo per alcuna ragione, perché non saranno in grado di riceverlo. Ho acquistato un disco rigido SSD e ho deciso di restituirlo, inviando il reso tramite Royal Mail con una consegna tracciata e con firma obbligatoria, ma l’indirizzo fornito era totalmente falso.
Non c’è nessuno disponibile a ritirare il pacco, che viene bloccato dai corrieri. Tutte le volte che invii una mail a Grooves Land, ricevi un’e-mail generata automaticamente, perché se ci fosse un’assistenza umana alle spalle, questa dovrebbe rispondere in modo pertinente rispetto al problema sollevato.
Sono completamente fasulli, non fidarti di loro e non comprare da loro, perché se c’è qualche problema, o vuoi restituire la merce, questo non sarà possibile

Grooves Land, nonostante la vocazione originaria, non vende solo dischi, ma anche hardware informatico, elettrodomestici, videogames, multimedia. La trasformazione in un vero e proprio ipermercato della tecnologia non ha probabilmente favorito uno sviluppo qualitativo del comparto discografico.
L’assistenza anonima, l’assenza di risposte precise inerenti i prodotti ordinati o da ordinare, l’impiego di risposte standard e automatiche, fa pensare a quegli e-store dove non sono richieste competenze specifiche sulle diverse categorie merceologiche, tanto da non fare alcuna differenza tra un microonde e un disco.

Vivamente sconsigliato.

Guida Internazionale ai negozi di dischi, by Indie-eye.it

Guida internazionale ai negozi di dischi

Online o come dicono gli inglesi, in un negozio “Brick and Mortar”? L’acquisto dei dischi, soprattutto in vinile, comporta una serie di dettagli e di verifiche importanti per il collezionista, non sempre applicabili senza prodotto sotto mano. Per questo motivo, la reputazione del venditore è fondamentale e non sempre gli strumenti a disposizione dei clienti sono sufficienti per evitare brutte sorprese. Con una sezione apposita, dedicata ai venditori professionali di dischi, Indie-eye traccia una mappa internazionale. Utile, agile e senza sconti, la guida internazionale ai negozi di dischi è pensata per supportare l’esperienza del consumatore. Le informazioni che utilizziamo mettono a confronto testimonianze dirette, personali e documentate, con altri strumenti di verifica partecipativa, reperiti sulle piattaforme dedicate al commercio elettronico specializzato.
Lo scopo è quello di fornire una bussola per orientarsi al meglio nell’acquisto dei dischi:
dove comprare, come risparmiare, cosa e chi evitare.

Pulisci i tuoi vinili al volo con una spazzola speciale

I metodi di pulizia dei dischi sono numerosi e da queste parti ne abbiamo esaminati molti, da quelli più economici ai più costosi.
Ma oltre le macchine lavadischi, esistono metodi più semplici e alla portata di ogni portafoglio, che consentono comunque un mantenimento buono dei vostri supporti.
Humminguru, il brand introdotto dalla cinese Happywell e legato principalmente alla macchina lavadischi ad ultrasuoni più venduta del momento, promuove una spazzola speciale per pulire i dischi, molto utile come lavaggio preliminare dei propri supporti, per eliminare lo sporco in eccesso e quindi affrontare il lavaggio in macchina in modo più sicuro.

I-BRUSH è una doppia spazzola in velluto morbido, che unitamente ad una soluzione non alcolica adatta ai vinili, consente una pulizia preliminare efficace dei propri supporti.
Per mostrarvi il funzionamento in dettaglio, abbiamo realizzato un video tutorial passo passo

Humminguru I-Brush, la spazzola per pulire i dischi dalla polvere in eccesso, tutorial video

Caratteristiche tecniche di I-Brush

I-Brush è costituito da una spazzola di due colori in velluto morbido, la parte arancione destinata al lavaggio e quella blu all’asciugatura. Per il lavaggio viene fornita una boccetta di liquido non alcolico adatto alla pulizia del vinile e un supporto multifunzione che serve ad appoggiare la spazzola, riempire il filler con il liquido per bagnare la spazzola, e una terminazione utile alla pulizia periodica della spazzola stessa.
Facile da usare sostituisce metodi fai da te come quello che sfrutta i materiali dei dischetti struccanti, bagnati in acqua demineralizzata.
Per quanto riguarda la “battaglia” tra liquidi con cui è possibile pulire un vinile, rimandiamo a questo articolo scritto su indie-eye

I-Brush, il test di indie-eye

Il nostro test del prodotto è positivo. Le spazzole sono create in un velluto-microfibra adatto alla superficie di un vinile e il liquido non genera aloni di alcun genere.
Ovviamente la pulizia con i-brush deve essere considerata come una pulizia al volo, preliminare per esempio al lavaggio in macchina, oppure in grado di sostituire in modo più approfondito l’utilizzo della spazzola in fibra di carbonio. Il metodo filler, consente di non spruzzare il liquido direttamente sul disco. Infatti, nei casi in cui si debba utilizzare uno spray, il rischio di bagnare l’etichetta del disco è abbastanza alto. Con I-Brush questo non accade, perché il sistema filler consente di bagnare la spugna e solamente quella, prima del passaggio su supporto.

Humminguru I-Brush si acquista direttamente dallo shop Amazon italia del produttore, questo consente di ottenere il prodotto al prezzo comprensivo di spese doganali e altre tasse.

Beatrice Antolini – Iperborea: recensione del disco e del videoclip

Il conoscitore di segreti, chiunque sia, impegna la parte più importante della propria ricerca verso il superamento del dualismo che ha caratterizzato la cultura occidentale. La comprensione della realtà allora può espandersi e non opporre più alcun filtro a quella relazione quotidiana che si instaura tra epifenomeno ed esperienza extrasensibile. Per i Buddhisti Tibetani è una prassi specifica di svuotamento, necessaria per raggiungere quella che potremmo chiamare, attraverso numerose tradizioni, mente naturale.
Contro quelle categorie censorie che hanno spezzato la comunicazione tra terra e cosmo e che dialogavano solo nell’intensità dell’infanzia, per rubare una splendida espressione di Rilke, c’è una fitta rete di rivelazioni che attraversano la storia della filosofia, della mistica e dell’ingegno creativo.
Una dimensione non sempre facile da definire attraverso gli strumenti della critica materialista, ovunque dominanti e spesso applicati con incoscienza mimetica.
Iperborea, primo album di Beatrice Antolini cantato in lingua italiana, si incunea in modo assolutamente personale in questo percorso, tanto da porsi di fronte ad alcuni interrogativi emersi nuovamente durante l’esperienza globale di isolamento, con grande chiarezza e allo stesso tempo, con quella capacità combinatoria che stratifica il senso senza barare con il segno.

Già dai due singoli, “Il timore” e “L’idea del tutto“, si evidenzia la coesistenza di azione e contemplazione come necessario antidoto alle fratture della realtà percepita. Due movimenti apparentemente agli antipodi e che invece trovano la necessaria complicità per superare le insidie del condizionamento.

Beatrice si serve di potenti forme figurali dove qualsiasi espressione della coscienza viene messa di fronte ad una possibilità che ne rilanci il significato, dalle relazioni affettive all’ipnosi collettiva che nella realtà aumentata nutre le illusioni dell’io, moltiplicandone le maschere.
L’arte dell’abbandono” è in questo senso specifica. Al valore nominale di cose e ruoli, materializzati da intenzionalità collettive, si oppone la capacità di lasciare tutto, conservando il poco che consentiva ai Padri del deserto l’ingresso nell’interiore.

Svuotamento, abbandono, perdita, parole che assumono allora altre valenze.

La fusione tra spinta contemplativa e azione diventa il propellente creativo di tutto l’album, nelle continue contaminazioni, anche interne ad un singolo brano, tra oriente ed occidente, città e annullamento dell’orizzonte urbano.

Eppure in quella prospettiva l’album è straordinariamente immerso, come ci mostra il bel video de “L’idea del tutto”, diretto da Michele Piazza su concept della stessa Antolini.
Ne rileva quindi le contraddizioni, le spaccature entro cui individuare un’altra realtà. E lo fa con un lessico multiculturale, che dalla forma sinfonica legata anche alla tensione drammatica e circolare della musica per il Cinema, passa con estrema libertà alle sonorità della strada, vicinissime al cuore etnografico e molto lontane da quei cliché diffusi nel pop italiano.

Proprio la title track raccoglie tutti questi stimoli come fossero innesti su una trama mutante, dove lo stesso cantato di Beatrice segue altre poliritmie.

L’india di “Pensiero Laterale” all’interno di un corpo sonoro noise-industrial, oppure certi suoni che emergono ne “L’arte dell’abbandono“, timbricamente e nell’essenza vicini alla ricerca apolide di Jon Hassell, proprio per la difficile collocazione, tra la musica tradizionale giapponese, quella del Tibet o l’eco della cultura aborigena australiana.

Viene in mente, ascoltando la coda strumentale di “Restare” quel sistema di risonanze che nella musica di Artem’ev per Stalker, il film diretto da Tarkovskij, riusciva a modificare una tradizione dentro l’altra, rendendo così indistinguibili provenienze e latitudini culturali distanti eppure vicinissime.

Si verifica allora anche sul piano sonoro una vera e propria dispersione dell’io verso una dimensione cosmica, che nel lavoro di Beatrice Antolini vive ancora della ricchezza di una componente attiva.
L’azione non è oppositiva alla ricerca interiore, sembra suggerirci Iperborea, ma il fuoco che rende possibile il dinamismo dell’identità nella molteplicità.

Beatrice Antolini su Instagram

Beatrice Antolini – L’idea del tutto, il videoclip

Terry Blue – Fragile Friend: il videoclip in anteprima

Terry Blue è il progetto in duo di Leo Pusterla, compositore e paroliere che con il più recente “Chronicles of a Decline“, album pubblicato nel 2023 per Another Music Records, aveva lambito territori acustici vicini al pop-folk di Bon Iver. Per quella occasione indie-eye aveva proposto in anteprima il videoclip di Lullaby, 2050.

“Fragile Friend”, il nuovo singolo di Terry Blue anticipa l’album “Lakewoods”

Torniamo ad occuparci della sua musica presentando sempre in anteprima il videoclip di “Fragile Friend“, singolo che ha già visto la luce nelle esecuzioni dal vivo, durante il tour europeo che ha condotto il duo attraverso l’Inghilterra e l’Europa e lungo un periodo di ben due anni.
Il singolo anticipa un nuovo full lenght previsto per aprile e intitolato Lakewoods.
Insieme a Leo c’è anche Eleonora Gioveni, l’altra metà del duo che contribuisce a definire il progetto anche dal vivo, al di là della forma collettiva che in questi anni ha assunto.

Fragile Friend in termini sonori è un vero e proprio cambio di rotta. Registrato negli studi Safe Port Production, integra momenti elettroacustici che superano i confini del pop-folk.
La dimensione confidenziale rimane al centro, ma si aggiunge un’attitudine pop più stratificata e legata alle suggestioni elettroniche del songwriting nordeuropeo di altissima qualità.
Gli arrangiamenti, curati da Eleonora Gioveni trasformano e “corrompono” l’apparente serenità del brano con glitch, interferenze, cambi di prospettiva che alludono al lato più dolente dell’esistenza, legato alla percezione del tempo e alle difficoltà quotidiane.

Una fragilità che è anche elegia della perdita nel passaggio all’età adulta.

Terry Blue su Instagram

Terry Blue – Fragile Friend – il video in anteprima diretto da Alan Koprivec



Fragile Friend, il Making of

Il videoclip di “Fragile Friend” è diretto da Alan Koprivec ed è un viaggio evocativo verso l’isolamento delle Alpi grigionesi.
Il regista lo ha descritto come un “percorso di accettazione e di crescita“. Un’assunzione di consapevolezza dove “non si può fare niente per fermare le cose che accadono sul nostro percorso
Koprivec ha scelto le forme del realismo magico, accentuato dalle scelte tecnico-espressive che emulano la grana della pellicola e privilegiano la camera a mano per seguire questo strano uccello antropomorfizzato.

L’ispirazione arriva dai costumi tribali e popolari “L’uccello, co-protagosista del video è stato realizzato ispirandomi a costumi tribali e popolari, con queste frange che si muovono al vento comuni in tantissime culture diverse“. La maschera per esempio, ricorda quella dei medici della peste.
Nel video viene impiegato in modo evidente la tecnica slow motion per enfatizzare il movimento delle piume. Il tentativo per Koprivec era quello di creare “una danza nella danza“.
Due giorni di lavorazione e una scrittura in fieri hanno caratterizzato la produzione del video.
L’idea di base si è sviluppata insieme al percorso e a questo viaggio di consapevolezza ai confini del mondo civilizzato.

Owner of a Lonely Heart VS Imagination di Storm Thorgerson

Il noto studio Hipgnosis fondato a Londra alla fine degli anni sessanta da Storm Thorgerson e Aubrey “Po” Powell per realizzare sostanzialmente le copertine dei maggiori dischi del panorama internazionale, subisce una battuta d’arresto tra il 1982 e il 1983, a causa di un vero e proprio travaso di energie creative, dirottate verso la neonata Green Back Films.

Desiderata e voluta dagli stessi Storm & Po insieme a Pete Christopherson, già parte di Hipgnosis a partire dal 1974, la casa di produzione realizzò in breve tempo una manciata di video e qualche long-form, per poi dissolversi dopo il 1985, in seguito ad una crisi finanziaria nerissima e per dissapori tra i soci già nell’aria da tempo.

Thorgerson continuerà a realizzare artwork per gli album di artisti internazionali e alcune incursioni nell’ambito video, mentre Christopherson dirigerà numerosi videoclip dalla seconda metà degli anni ottanta fino a tutti gli anni novanta, diventando uno dei registi più interessanti di tutta l’era catodica.
Per la Green Back la firma accreditata di quasi tutti i videoclip è quella di Storm & Po, ma la divisione dei compiti impiegava quasi sempre il primo dietro la macchina da presa e il secondo come produttore.

Owner of a Lonely Heart, il videoclip che veicolava 90125, l’undicesimo album degli Yes, fu girato a Londra e programmato frequentemente da MTV, soprattutto nella versione edit che escludeva la lunga intro con la band filmata all’interno di un teatro e un segmento senza musica che passa in rassegna la trasformazione dei membri della band in una serie di animali.
La versione pubblicata una decina di anni fa sul canale YouTube ufficiale della band, è quella integrale di 6,41 minuti.

Interpretato da Danny Webb poco dopo i suoi esordi televisivi, il video segue le tracce di un uomo comune nell’anonimato della folla mentre si reca presumibilmente al lavoro. Catturato da due funzionari di un non precisato stato di polizia, viene condotto in un palazzo molto simile a quello della Stasi o comunque modellato sull’immaginario di altri regimi, ed infine velocemente processato davanti alle autorità. Tutt’intorno lavoratori, persone in attesa e un popolo ridotto all’automazione. Il segmento è filmato in bianco e nero, mentre durante il percorso, l’uomo subisce numerosi shock di natura subcosciente che vengono rappresentati a colori.
I sogni lucidi coinvolgono animali di vario genere, inclusi quelli della prima parte del video, che invadono la quotidianità e il corpo dell’uomo. Spedito al centro di una fonderia collocata nel seminterrato del palazzo, l’uomo riesce ad evadere dopo una colluttazione e a raggiungere il tetto, arrampicandosi lungo una scala di servizio. Tutta la sequenza, incluse quelle successive, sono a colori, segnalando un passaggio tra due piani di realtà.

Gli Yes al completo compaiono ad uno ad uno sul tetto e circondano l’uomo, con una disposizione che ricorda molti degli artwork di Thorgerson, dove la geometria degli spazi reali contrasta sovente con un surplus di realtà simbolica.
L’uomo, accerchiato dalle diverse rappresentazioni della propria coscienza, almeno secondo una possibile interpretazione animista, fugge verso il bordo estremo del tetto e si lancia nel vuoto in un disperato volo libero. L’impatto non si verifica e il corpo lascia il posto ad un’aquila, la stessa in cui si è trasformato Jon Anderson all’inizio del video.

La soggettiva sulla città dall’alto è adesso quella disincarnata di uno sguardo ormai libero da qualsiasi legame, e l’uomo, di nuovo tra la folla e in cammino sullo stesso ponte dove l’avevamo incontrato all’inizio del video, cambia improvvisamente passo rispetto a quello collettivo e si dirige in direzione contraria, mentre il dispiegarsi di un paio d’ali invisibili occupa il campo sonoro.

La sinossi ci serve a comprendere prima di tutto la forma di un video narrativo molto diffusa nei primi anni ottanta, dopo una prima fase più sinestetica che giocava maggiormente sulle forme, i colori, le linee e i concept promozionali complessivi, sviluppati a partire dal lavoro grafico e fotografico sull’oggetto discografico stesso. Un esempio di cui abbiamo già parlato è Making Plans for Nigel realizzato nel 1979 per gli XTC.

Owner of a lonely heart circola tra l’ottobre e il novembre del 1983 e rappresenta un paradigma che Thorgerson ripeterà con esiti differenti, sfruttando la tendenza del momento orientata al racconto di piccole storie narrative, ma sostanzialmente minandone lo statuto dall’interno.
Quello che caratterizzava i suoi video era lo stesso spirito che aveva animato quasi vent’anni di creatività influenzata dai principi del surrealismo, nella costante inversione dei piani di lettura dell’immagine, tra ciò che intendiamo come realtà e la sostanza dei sogni.
C’è anche un aspetto organico, legato al rifiuto sostanziale di ogni intervento digitale, una resistenza mantenuta con coerenza anche quando era impossibile farlo e che ben si sposa con il peso specifico dell’industria videomusicale di quegli anni.
Se qualche anno dopo, per l’artwork di A Momentary Lapse of Reason dei Pink Floyd, Thorgerson trascinerà ben settecento letti vuoti sulla spiaggia di Saunton Sands Beach per realizzare una serie di scatti, questa stessa tendenza ad allestire imponenti realtà parallele, rimane pressoché invariata nei suoi videoclip, con alcune eccezioni dove proverà ad innestare la prima effettistica elettronica, conservando comunque un punctum fotografico fondamentale, come accade in Wouldn’t It Be Good, bizzarro metavideo realizzato per Nik Kershaw nel 1984, anche in questo caso sollecitato da una dimensione parallela come quella della memoria.

L’incubo ad occhi aperti di Owner of a lonely heart, al di là della chiusa metaforica apparentemente semplicistica ed esile, è interessante proprio per le interferenze tra diversi piani della visione, dove si innesca un dialogo tra musica e immagini di natura ritmica e generativa, che spesso emerge dalle liriche del brano per condurre segni e significati altrove.

Thorgerson utilizzerà un procedimento molto simile con il censuratissimo video di otto minuti realizzato per Belouis Some. (si vede da questa parte)

Nel 1985, l’italiana Videomusic trasmetteva il video integrale di Imagination solo nella rotazione notturna, a causa delle immagini ad alto contenuto erotico che ovviamente oggi potrebbero farci sorridere.

I due video sono molto simili per quanto riguarda l’innesco narrativo e coinvolgono la dimensione violenta di un regime, che impedisce la libera espressione dell’immaginario.
L’esplosione di una sessualità voyeuristica e promiscua consente al fotografo di sbizzarrirsi con una serie di riferimenti, tra gli altri, all’arte di Man Ray e al cinema di Stanley Kubrick, ricodificati secondo i parametri della stagione Supermodels che invaderà i territori dell’advertising e della videomusica anche nel decennio successivo. Libere associazioni del desiderio che si combinano con la musica per suggestione, sollecitazione, addizione, corrispondenza.
Superfici e metamorfosi belle da godere.

T.Rex – Jeepster live @ Beat Club 1971: il video di Michael Leckebusch

Il prossimo anno, a settembre, Beat Club compie 50 anni. Era il 1965 e dagli studi di Brema veniva inaugurata la prima trasmissione televisiva della Germania Ovest dedicata alla musica dal vivo, in onda ogni domenica pomeriggio. Nella tranquillità dei salotti tedeschi irrompeva un linguaggio che sarà tutt’uno con le imminenti rivolte studentesche.

Presentato dalla bellissima studentessa di architettura Uschi Nerke, il programma reagiva a Top of the Pops, proponendo per sette anni consecutivi più di ottanta episodi complessivi, ospitando grandi nomi della scena rock internazionale, tra cui The Rolling Stones, Led Zeppelin, Jimi Hendrix, Doors e molti altri.
Sarà un successo che non si limiterà alla Germania, ma raggiungerà altri paesi, tra cui l’Ungheria.
Mentre la trasmissione chiuderà i battenti nel 1972, dopo una brevissima parabola a colori, Radio Bremen 1 ha continuato a trasmettere musica dal vivo sotto il nome “Beat Club”, con l’immarcescibile Uschi Nerke.

Il 5 novembre del 1971, i T.Rex pubblicavano “Jeepster“, singolo tratto dal loro nuovo album intitolato “Electric Warrior”, secondo della fase glam-elettrica. La band di Bolan, che registrò numerosi contributi per la televisione tedesca, propose anche questo singolo durante il novembre dello stesso anno.

Le performance, tutte molto simili, ma nessuna uguale all’altra, erano caratterizzate dall’uso estensivo di feedback video e dall’impiego della tecnica Chromakey che immergeva i performer in una fantasia caleidoscopica in continuo movimento. Mentre i musicisti venivano collocati contro uno sfondo blu, un commutatore riempiva l’immagine con alcuni effetti elaborando saturazione e intensità in base all’illuminazione e al movimento dei loro corpi.
La regia di tutti gli episodi di Beat Club era curata da Michael Leckebusch, un pioniere della televisione musicale tedesca, che dopo questa avventura, continuerà con l’altrettanto seminale Musikladen, occupandosi sempre della regia e anche del montaggio.

Sul canale Youtube ufficiale di Beat Club, da cui è tratto il video di “Jeepster”, è disponibile un archivio sterminato costituito da quasi 1700 performance tra bianconero e colore, che includono l’intero broadcast della trasmissione.

Alcuni dei brani dei T.Rex di questo periodo sono inclusi nella colonna sonora di Longlegs, il bel film di Osgood Perkins in sala dal 31 settembre 2024.