giovedì, Novembre 28, 2024
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Zoom H8, il video tutorial che spiega il top gamma dei multitraccia digitali

La serie H di Zoom è da tempo un punto di riferimento per musicisti, filmmaker, sound designer e più recentemente, podcaster e ASMR artists. Tra i registratori digitali multitraccia, quelli Zoom si distinguono per semplicità di utilizzo, ricchezza delle funzioni ed eccellenza in termini di qualità e prestazioni.

Da Zoom H4N a Zoom H8: espandibilità e facilità di utilizzo

Il salto da Zoom H4N ad H5 ha rappresentato una rivoluzione in casa Zoom, per l’implementazione di un sistema che a partire dal 2014 ha consentito l’utilizzo di capsule microfoniche intercambiabili, offrendo così un’espandibilità molto ampia.

Si è quindi passati dal classico microfono XY on board fisso, ad una serie di configurazioni versatili che sono state perfezionate con i moduli creati successivamente per Zoom H6.

Zoom H8 è il diretto successore di H6 e introduce rilevanti novità, sicuramente le più importanti dai tempi dei primi modelli H5: maggiore disponibilità di canali, maggiore espandibilità, maggiore facilità di utilizzo grazie ad un menù interamente touch, capace di organizzare la navigazione a partire da alcune APP specifiche incorporate nel software.

Abbiamo esaminato le funzioni principali di Zoom H8 con un lungo e dettagliato video tutorial, testandone anche la compatibilità con le capsule più recenti prodotte per Zoom H6. Il video presenta una carrellata di prodotti compatibili Zoom, cercando di offrire soluzioni per esigenze diverse. Si conclude con un test sulle qualità performative del dispositivo, grazie a due registrazioni effettuate con la capsula microfonica in dotazione

Zoom H8, il registratore multitraccia per podcaster, filmmaker, sound designer e ASMR artists: video tutorial

Zoom H8, tutte le funzioni in sintesi

  • Il top gamma dei registratori multitraccia va oltre: Zoom H8 passa infatti dai sei del precedente ad otto canali, espandibili fino a 12 grazie ad un modulo dedicato.
  • Accoglie ovviamente tutte le capsule microfoniche e le espansioni di H5 e H6, perfettamente compatibili con il nuovo modello, ma introduce anche moduli di nuova concezione, appositamente sviluppati per H8.
  • Una delle novità più evidenti è rappresentata dal menù di gestione, adesso interamente touch, in linea con altri dispositivi del brand giapponese, come per esempio le videocamere Q4N. Possiamo quindi abbandonare definitivamente il pulsante laterale che era forse il punto debole della navigazione sui multitraccia Zoom fino ad H6 e attivare tutte le funzioni con un sistema intuitivo, veloce, che conserva on board solamente i pulsanti principali di registrazione, riproduzione e “Home”.
  • L’organizzazione del menù consente un accesso veloce alle funzioni grazie ad alcune App specifiche incorporate nel software interno al dispositivo. L’App Field dedicata ai settaggi più complessi è infatti adatta per filmmaker e sound designer. L’App Podcast è quella più indicata per i podcaster, consigliata per chi lavora nel settore della radiofonia on demand, ma per la sua immediatezza, anche agli ASMR artist. L’App Musica è invece quella dedicata ai musicisti e a chi utilizza Zoom come audio interface.

Nel video che vi abbiamo proposto, vengono analizzate le App Field Recording e Podcast. In particolare, la seconda introduce l’utilizzo di quattro PAD virtuali che consentono di associare alcuni dei suoni presettati presenti nel dispositivo, ma anche di importare i propri suoni dalla card SD e quindi associarli a ciascun PAD. Adatti per la riproduzione immediata di jingle, effetti speciali e tutti quei suoni che servono a introdurre o spezzare il flusso di una trasmissione, i PAD sono strumenti perfetti per le dirette streaming o per quei podcast che necessitano di un supporto sonoro veloce, senza dover ricorrere ad un successivo aggiustamento in post-produzione. La funzione è una versione “portatile” e veloce dei PAD “fisici” e configurabili su Zoom LiveTrak L8, il mixer adatto ai podcaster che abbiamo affrontato con una serie di tutorial, tra cui uno dedicato a le funzioni base di Zoom L8 dalla parte dei podcaster, il secondo che introduce la possibilità di registrare interviste telefoniche ed infine, le funzioni di live streaming sperimentate con LiveTrak L8 e con l’implementazione delle Q4N al posto di una tradizionale webcam per quanto riguarda la parte video.

Zoom H8, le caratteristiche tecniche

  • Zoom H8 consente la registrazione fino a 12 tracce simultanee. Il campionamento e i formati di registrazioni sono numerosi e si procede dal 24 bit / 96 kHz in formato WAV, compatibile BWF, e MP3.
  • Lo schermo/menù è un due pollici interamente touchscreen.
  • La confezione standard che abbiamo esaminato include una capsula microfonica XYH-6 con guadagno (gain / volume regolabile) e ingresso di linea laterale alla capsula stessa, che consente di connettere dispositivi di vario tipo (dai giradischi ai lettori CD/DVD fino agli smartphone per intendersi) tramite connettore Jack da 1/8″.
  • Gli ingressi XLR on board sono 4, tutti con il loro Gain e Pad -20dB, più altri 2 in formato combo XLR/Jack da 1/4 di pollice adatti a microfoni e strumenti, con interruttore Gain e Mic / Hi-Z.
  • Gli effetti che Zoom H8 include sono: filtro di attenuazione dei bassi, un compressore e un limiter.
  • Presente anche interfaccia audio USB a 12 ingressi / 2 uscite (PC / Mac / iPad) controllabile tramite adattatore Bluetooth BT-1, che non è incluso nella confezione.
  • Zoom H8 è alimentato da 4 batterie AA incluse, ma oltre alle Alcaline consente anche di scegliere tra le nuove stilo al Litio a lunga durata, grazie ad un menù che permette di scegliere la tipologia di batterie inserite.
  • L’alimentazione può essere attivata anche senza batterie, sfruttando la connessione USB con un PC oppure utilizzando un adattatore 5V (AD-17), che è acquistabile separatamente.
  • I supporti su cui Zoom H8 registra sono schede SD, SDHC e SDCX fino a 512 GB.
  • La confezione standard include anche una quick start guide e la possibilità di scaricare in versione PDF / Epub, il manuale integrale del dispositivo. Sono presenti anche due licenze software LE, ovvero relative a Cubase, applicazione adatta per la produzione e post produzione di musica e il più recente Wavelab Cast, sempre di Steinberger, che consente di post-produrre i propri podcast con una serie di template già impostati; una valida alternativa rispetto a software più complessi come per esempio Adobe Audition.
  • Le dimensioni di Zoom H8 sono le seguenti: mm. 223, 5 x 116,4 x 48,6 – Peso: 484gr
  • Il prezzo a cui Zoom H8 viene venduto è circa 350 Euro
  • Supporto e informazioni tecniche su Zoom H8, presenti sul sito Zoom Italia

Zoom H8, le espansioni dedicate

Nel nostro ampio video tutorial abbiamo esaminato alcune espansioni compatibili con Zoom H8 e prodotte recentemente per i dispositivi Zoom H6. Zoom H8 presenta anche una gamma di espansioni esclusive che consentono di ampliare le possibilità del dispositivo principale. Vediamole insieme

Capsula Microfonica XAH-8 con microfoni orientabili (XY / AB MIC)

XAH-8 è una capsula appositamente sviluppata per Zoom H8. Rispetto alla tradizionale XY presenta alcune novità per quanto riguarda l’orientamento stesso dei due microfoni. Oltre alla configurazione XF a 90 e 120 gradi, effettuabile ruotando su se stessi i due microfoni, consente una rotazione AB dell’intera struttura in modo da ampliare il range e l’immagine stereo della ripresa sonora

Capsula VRH-8 ambisonic con 4 microfoni a condensatore per Zoom H8

La capsula VRH-8 è un modulo ambisonico che consente registrazioni a 360 gradi. Molto utilizzata da sound designer che lavorano con la sperimentazione in Virtual Reality. Implementa ben 4 microfoni a condensatore e sostanzialmente assolve le funzioni del registratore Ambisonic di Zoom (H3-VR). La capsula inoltre integra un accelerometro che consente il perfetto allineamento dei microfoni, con un decoder on board che effettua tutte le conversioni necessarie, consentendo un notevole risparmio di tempo in fase di post-produzione

Expander Capsule EXH-8, espansione per Zoom H8

Nel nostro video tutorial abbiamo visto le funzioni di EXH-6, modulo di espansione che consente di aumentare la dotazione di ingressi microfonici dei dispositivi Zoom. Il modulo in questione era stato sviluppato per Zoom H6 ed è perfettamente compatibile con Zoom H8. EXH-8 va ancora oltre, perché è stato sviluppato appositamente per Zoom H8 e aggiunge ben 4 ingressi XLR aggiuntivi (contro i due di EXH-6). Come la capsula precedente consente di regolare il guadagno/gain/volume per ciascun ingresso, e monta gli interruttori pad dedicati.

Zoom H8 – controllo Remoto Bluetooth con dispositivi IOS: Adattatore BTA-1

BTA-1 è un telecomando che può essere utilizzato con diversi dispositivi ZOOM, tra cui Zoom H8. Consente, una volta connesso al dispositivo, di controllare a distanza i comandi del multitraccia, grazie alla tecnologia Bluetooth e alla connessione con l’app Zoom dedicata per interfacce con sistema operativo iOS / OS.

Leonardo Lamacchia – Comete: il video di Jonathan Emma

Jonathan Emma è un fotografo dal grande talento che ha lavorato principalmente nell’ambito della moda, per plasmare un’estetica ben precisa legata al ritratto e all’intimità stabilita con i soggetti fotografati.

I videoclip che ha realizzato diventano un nuovo luogo di convergenza rispetto ai suoi fashion movie, perché gli hanno consentito di sperimentare con i codici della videomusica realizzata in studio.
Svela infatti l’occhio, decostruisce letteralmente il set e si avvicina quindi all’interiorità del performer con un gioco di specchi che trasforma lo spazio deputato in una lanterna magica. Dalla bella clip diretta per Angelica, al nuovo video per Comete, il brano di Leonardo Lamacchia, Jonathan Emma espande virtualmente il limbo dello studio, inventandosi dei visuals opachi, astrali e metereologici, così da immergere l’artista in uno spazio mentale che assume il valore di una confessione, di un flusso di coscienza, di un’immagine interiore. L’area del set, con le sue mutazioni cromatiche, dialoga a distanza con l’arte del dagherrotipo, recuperando le sue origini pittoriche.
Apparentemente semplice, ma con una forza innovativa eccellente, il video di Comete è capace di riconfigurare le convenzioni di un genere che in Italia sembrano talvolta immutabili.

COMETE” è il secondo singolo, dopo “Barivecchia”, di questo nuovo cammino che passo dopo passo porterà Leonardo Lamacchia alla realizzazione del suo album d’esordio. La label è Mescal.

Just Mustard – Still: lo splendido videoclip di Balan Evans

Nel giro di qualche mese, Balan Evans ha girato e diretto un paio di videoclip, con intenzioni e risultati molto diversi, ma che confermano senza alcun dubbio il suo talento. Documentarista e filmmaker sperimentale, negli ultimi cinque anni si è speso tra videoclip, documentazione live, advertising e documentario sociale. Suo il progetto “Queen Harold“, realizzato in 16mm per Dazed Digital e incentrato sull’attivismo Queer a Freetown, in Sierra Leone. L’elemento fotografico tradizionale è alla base di alcune sue produzioni, legate alla matericità dei formati analogici, mentre l’estetica digitale è al centro di una riflessione ben precisa che caratterizza alcuni video realizzati per artisti britannici, tra cui Hot Pink per le Let’s Eat Grandma.

Still, prodotto per Just Mustard è senza mezzi termini un video straordinario, realizzato con tecniche che gli hanno consentito di non ricorrere ad alcuna forma di vfx in fase post, realizzando tutti gli effetti in camera. Un approccio già sperimentato nel 2018 per Arp Chime dei Rondo Mo e che a distanza di cinque anni affronta nuovamente con risultati davvero sorprendenti.

I due video hanno in comune scelte di matrice prevalentemente ottica, ma “Still” è maggiormente legato alla lunga linea del cinema di ricerca, nel tentativo di recuperarne le intenzioni prelogiche e convogliarle verso un astrattismo di tipo retinico. Mentre il montatore del video, Dylan Friese-Greene, realizza come regista il bel Mirrors, sempre per Just Mustard, rilanciando di fatto le intuizioni di Evans sperimentate nel già citato video di “Arp Chime”, “Still” conduce oltre, delineando di fatto lo spazio performativo all’interno del flusso ottico e illuminotecnico.

“Still” non è semplice sinestesia, intesa come interazione sinfonica tra forme, luci e colori, ma è una sintesi potente di quell’interiorizzazione negativa narrata dalle liriche del brano: caduta libera dentro la propria psiche frantumata. Gli elementi del flusso di coscienza ci sono tutti, ma vengono assorbiti dall’occhio come tavolozza del possibile. Il volto di Katie Ball al centro del riflesso corneale mantiene l’unità del viaggio entro la retorica performativa, lip sync incluso. Il viaggio soggettivo invece è un’avventura dell’occhio, come forse l’abbiamo già sperimentata in alcuni video degli anni novanta, ispirati dalla rinascita aurorale di certa neopsichedelia. Inedita è la centralità quasi pittorica nell’arte visuale di Balan Evans; dipinge con le luci e cerca di strappare l’ultimo bagliore elettrico dal buco nero dell’esperienza digitale globale.

LupMorthy – Stones: il video di Simone Varano in anteprima esclusiva

Requiem for a Tree, l’album di LupMorthy pubblicato da Urtovox Records è appena uscito.

Dopo l’unboxing video dedicato al lavoro del compositore milanese, ospitiamo in anteprima esclusiva il videoclip di Stones, traccia contenuta nel full lenght e tradotta in termini visuali dal lavoro di Simone Varano a partire dal patrimonio libero di archive.org, ricombinato con una visione forte e ricca di suggestioni.

Dopo il video, uno statement del regista Simone Varano

“Stones” raccontato da Simone Varano

Eccolo! Questo é un raccconto!
Perché?
Perché non ha scopo.
Ha solo regole…..

Le regole in questo video sono tantissime. Piu lo guardi più le vedi…….
È un’epoca strana anche se usuale….un’epoca che gira su se stessa …
Che pur meravigliosa, appena si manifesta fa danni….

É un racconto che si basa sul forse..
Sul cerchio
Sull’uomo e sulla sua energia….
E un racconto ispirato a “siamo fatti così “..
Inno al menefreghismo comodo ma onesto….

Un video dedicato alla frase:”barcollo ma non mollo”
Stones nasce con il bisogno di descrivere attraverso un racconto multi complesso e compresso,

IL PRESENTE.

Non come tempo ma come idea….

Di fronte alla bellezza del mondo, l’uomo agisce e produce degli effetti…produce energia, produce calore, produce flusso, produce scontri, produce conflitti….

La fine della terra della sua bellezza,la fine del battito dell’uomo sono prossimi….ed ecco che succede l’inaspettato…

Una soluzione….un’idea…
Questo è il PRESENTE
Questo é stones

Simone Varano, Biografia artistica

Artista, videomaker, regista di teatro, performer, VJ, intrattenitore.
Simone Varano è un artista poliedrico e dagli interessi culturali più svariati (la musica, la psicologia, la geo-politica e la pedagogia, per citare i principali). Ha lavorato in diversi ambiti professionali.
Come regista di videoclip musicali, i principali artisti con i quali ha collaborato dal 2005 in poi, sono: Gianna Nannini, Zucchero, Gianni Morandi, Caparezza, Lamb, Fabri Fibra, Il Cile, Vacca; realizza inoltre il videoclip corale “C’è da fare” (Giorgia, Nek, Arisa, Piovani, Paoli, Biondi, Gazzè, Ranieri) per raccogliere fondi per le vittime del crollo del ponte di Genova.
Figura fondamentale del Giffoni Film Festival dal 2009 al 2018, si occupa della regia degli eventi di apertura e chiusura, dei video inerenti al festival, di interfacciarsi coi ragazzi che vi partecipano anche attraverso laboratori. Dal 2015 al 2019 svolge le medesime mansioni per l’Ajyal Film Festival, il corrispettivo del Giffoni per il mondo arabo, in Qatar. Sulla scia di queste importanti manifestazioni nazionali produce vari laboratori con scuole elementari e medie di tutta Italia: gestisce il progetto per il ministero dell’istruzione “IO SONO QUI”, progetto video nelle periferie di 10 citta del sud Italia e per la Polizia Municipale di Milano. Direttore artistico della manifestazione nonché direttore dei laboratori sulla guida sicura nelle scuole elementari medie e superiori del capoluogo lombardo.
Dal 2005 al 2019 è inoltre regista di altri eventi di rilevanza nazionale, quali Comicoon Napoli, Miss Muretto, Maggiora MX1, Giffoni Experience, Discovery Music Festival, Color Run.
Come regista di documentari, Scuola di Gomme nel 2014, il Sorriso Più Bello nel 2017 e Figlie Di Kabul nel 2019, prodotto per l’editore Freeda, per il quale si reca direttamente a Kabul per raccogliere testimonianze.
Come regista di show televisivi, dal 2005 in poi ha lavorato con Mediaset, All Music, MTV e Rai, da citare: Ciak Junior, Correndo per il mondo, Cibus, Giffoni, I love rock’n’roll, Born to escape, All Live, Bi-Live.
Attivo anche nel mondo della pubblicità, dal 2005 al 2015, ha lavorato come regista di spot, attraverso Pubblitalia, per i seguenti marchi: Lancome, Golden Point, Patrizia Pepe, Grissin Bon, Fix Design, Divani&Divani, Air Malta, Barilla, Ecstasi, Iveco, Monella.
Attualmente si sta dedicando al suo personale progetto artistico Estimità, una raccolta di interviste, a più di 200 soggetti, fatte durante il lockdown della primavera 2020 presente già su tutti i social. Dedica molto del suo tempo ad iniziative di promozione sociale e nelle periferie di Milano, tra cui con il collettivo Story Be i video per i progetti di innovazione sociale della Scuola dei quartieri del Comune di Milano, video tavolata per Occupiamoci di Via Gola, MilanoMediterranea

Corteccia, il videoclip di Mai raccontato da Pietro Puccio


Abbiamo seguito con interesse il lavoro di Corteccia, duo costituito da Pietro Puccio e Simone Pirovano, il cui lavoro di ricerca musicale si interseca con un’attenzione specifica all’elemento visuale, vero e proprio prolungamento di un lessico compositivo inteso a 360 gradi.

Mai è il terzo brano, dopo Vorrei e “il ritorno dei viaggiatori“, ad aver anticipato la pubblicazione di “Quadrilogia delle distanze“, l’EP pubblicato lo scorso 8 aprile. Lo esaminiamo, a partire dal video musicale realizzato da Pietro Puccio, attraverso una conversazione con l’autore.

Corteccia su Facebook

Un gioco di bambini. È una definizione che ti piace per descrivere MAI?

Mi piace moltissimo, anche perché sono un fervido sostenitore di Gianni Rodari, grande intellettuale che aveva colto appieno l’importanza del lavoro sui bambini, della qualità che bisogna dare loro e del fatto che il gioco sia di enorme importanza perché è il primo modo per entrare nelle cose del mondo. Non è una cosa da poco.

Puoi descriverci l’origine del gioco?

Ho pensato al senso generale del pezzo: guardare alle cose con occhi sempre stupiti. Così mi è venuto in mente di fare quel vecchio gioco delle forme dipinte a caso che ne ispirano altre: con la camera fissa che riprendeva, producevo macchie colorate sulla carta, assolutamente casuali, dopodiché mi lasciavo portare da quello che mi sembrava potessero essere e ne disegnavo gli arti e gli occhi, a pennarello: una volta un esserino stupito davanti ad un fiore, una volta un drago a otto zampe che gioca a palla… L’ispirazione, anche se si tratta di un lavoro radicalmente diverso, mi è venuta quando ho visto il video di Michel Gondry, “City Lights” di The White Stripes; un video molto poetico proprio perché “fatto di niente”.

I corpi e i gesti dei bambini sono catturati attraverso le ombre proiettate sull’asfalto. Ma sono ombre sospese, immagine della leggerezza. È il tratto della pittura che le riempie di materia. Puoi raccontarci questo contrasto?

Dipende da molte cose. Ritengo che il lavoro della visualizzazione, che sia pittorica, attraverso il disegno o in qualunque altro modo, abbia già in sé un senso musicale e ritmico ben evidente. Realizzare un video tutto fatto di disegni mi sembrava però non creasse ritmo sufficiente. Per questo mi è venuto in mente di intervallare con riprese di ombre saltellanti che avevo realizzato qualche anno prima e che fortunatamente possedevo ancora (non so come). Mi avevano affascinato e ho pensato che prima o poi avrei potuto usarle. Nessuna occasione sarebbe stata migliore di questa. Mi sembrava che due cose così evidentemente contrastanti potessero convivere. Mi piace pensarlo.

Il lettering, bellissimo tra l’altro, è di Adriano Puccio a cui hai dedicato il video…..

Sì, è mio figlio (come si può dedurre). Aveva imparato a scrivere da poco e mettere la sua calligrafia mi pareva un modo significativo per suggellare questa nostra prima “collaborazione”. Lui è dentro alla canzone e al video in ogni piega. In ogni sfumatura. C’è persino una citazione dei primi versi che aveva inventato: “E che paura, il giorno della spazzatura”. Dal punto di vista metrico stava benissimo con la musica.

Mi sembra che la forma dei tuoi video sia sempre più specifica. Perfetta per un videoclip per sintesi di forme, colori e motivi, ma lontana dallo sviluppo commerciale del formato. Che idea hai del videoclip contemporaneo, e quali sono le possibilità che invece ti offre per sperimentare?

Ti ringrazio di questa tua affermazione. A me interessa produrre qualcosa che abbia un senso e rispecchi il mio modo di vedere. I video che vanno per la maggiore hanno spesso budget molto importanti e questo fa la differenza dal punto di vista qualitativo e tecnico, c’è poco da fare. Spesso si usano molte persone che danzano, spessissimo si inserisce il cantante che deve apparire per necessità di comunicazione; c’è un set, una produzione articolata. Però mi sembra che si giri un po’ attorno allo stesso punto (non sempre, naturalmente).
Ecco, l’idea sarebbe di veicolare delle proprie visioni personali facendo in modo che possano essere viste da più persone possibili. Ma questo dovrebbe essere un punto centrale per qualunque forma espressiva. Che non significa rimanere chiusi in una torre fregandosene del pubblico. Significa trovare un modo di mostrare al pubblico che ci sono strade differenti e personali che non sono solo quelle continuamente battute, e secondo me un po’ stantie, del pop mainstream (parlando di video musicali). Dopodiché, che io ci riesca, questo è un altro discorso.

Movida – Quello che non ho: il video d’animazione di TheDollMaker

Indie-eye segue con attenzione il lavoro di Chiara Chemi da alcuni anni. La regista brindisina nota con il moniker TheDollMaker, si muove con disinvoltura tra videoarte e animazione, creando un ponte tra i due ambiti e lavorando in modo specifico nel territorio della videomusica, spazio che le consente di sperimentare con i formati, i linguaggi, il tratto, i colori, cercando di affrontare la controparte musicale in modo creativo e non gregario. Tra le videomaker più sensibili e visionarie del nostro paese, fa parte di quegli artisti che sono stati capaci di rivedere i parametri del fare videoclip nel maelstrom della rete partecipativa. L’intento è quello di staccarli da quello sfondo promozionale che in Italia si è rivelato particolarmente ingombrante, anche nella matrice promiscua della rete.

Il 22 Aprile scorso i Movida, rock band milanese storica e di lungo corso, attiva dalla metà degli anni novanta, ha reso disponibile il nuovo singolo intitolato “Quello che non ho” a distanza di due anni dal precedente “Meteore”.

Rock muscolare e potente, dal lessico che rimanda ad una fiera classicità tutta italiana, si serve del talento di Chiara Chemi per la realizzazione del videoclip, opera d’animazione che la stessa artista definisce come un compendio tra la prima fase del suo lavoro di ricerca, con un secondo corso più orientato alla narrazione di ascendenza cinematografica: “Un next level – ci ha detto – da cui ripartire nelle prossime produzioni. Una nuova fase consentita dal passaggio al digitale per la colorazione

Il risultato è sorprendente e mette insieme moltissimi stimoli, da quello più evidente legato ad un certo immaginario anime, ibridato con i colori della street art, l’immaginario cyberpunk, inserti di pixel art e altri innesti sospesi tra la materialità artigianale del tratto e il virus del disegno digitale, cellula che ne mina lo statuto, in una lotta furiosa tra ontologie e identità sull’orlo della mutazione.

Si tratta di un viaggio simbolico – ha precisato Chiara – ma a tratti anche lisergico, nel mostrare le mutazioni fisiche e metafisiche di un corpo in bilico tra essenza e cosmo, tra mondanità e una spazialità quasi digitale e liminale, dove i pixel subentrano a un DNA-humanitas sgretolato. La lotta per liberarsi dalla consunzione interiore ed esterna e scegliere se stessi allo stato puro: “corpi senza organi” travolti in un processo di decostruzione e rielaborazone. Un tocco nerd e un soffio di Deleuze

Per “Quello che non ho”, TheDollMaker ha disegnato a matita e inchiostro, scannerizzato e montato il risultato: “Le scene in bianco e nero – ha aggiunto – segnano un collegamento con la brutalità pittorica dei lavori precedenti e sono formate da fotogrammi a inchiostro senza intervento digitale

Movida – Quello Che non ho, lo statement di Chiara Chemi aka TheDollMaker

La mia formazione proviene dall’ambito della videoarte, non ho quindi potuto fare a meno di creare una simbologia specifica anche per questo video: mi sembra che le opere da riguardare, analizzare e inclusive di elementi ambigui o semi-occulti, siano sempre quelle più stimolanti e complete, oltre che significative all’interno di uno scambio indiretto tra artisti. L’animazione è un medium che si presta ampiamente a tale sviluppo in “layers”; è anche tradizione diffusa nell’ambiente quella di nascondere easter eggs, termine che in questo videoclip è quasi un gioco di parole. Mi sono divertita a inserire un paio di tributi ad artisti che stimo e rielaborarli nell’iconografia specifica di “Quello che non ho” . Tanto per fornire un indizio tra tanti, ho un gusto per la boxe e per i montaggi di Thelma Schoonmaker

Movida, biografia artistica

L’attuale line-up dei Movida comprende Mario Riso (batteria), Giovanni Frigo (chitarra), Gianluca Battaglion (chitarra), Marco Priotti (voce) e Federico Morra (basso). La band nasce a Milano nel 1994. Durante la loro carriera i Movida pubblicano due album: “Contro Ogni Tempo” nel 1995, uscito in contemporanea anche sul mercato estero con il titolo “Against It All” e “Frammenti Simili” nel 1998.
Nel 2002 decidono di prendersi una pausa durata fino al 2011, anno in cui esce “Sono un Acrobata”, canzone scritta per il progetto Rezophonic. Nel 2015, a vent’anni dalla pubblicazione del primo album, i Movida tornano dal vivo e pubblicano “Movida 2015”, la ri-edizione di “Contro Ogni Tempo” che comprende anche tre nuovi brani: (Sono un Acrobata, Una Finestra sul Mondo, Il Ricamo della Farfalla).
Nel 2018 Sky sceglie “Sono un Acrobata” come sigla ufficiale della MotoGP. Il 2019 è l’anno della ripartenza: i Movida tornano finalmente sul palco ed ed annunciano il nuovo singolo “Meteore” uscito ad inizio 2020 insieme ad un ritorno all’attività live bloccata dalla pandemia. Ad aprile 2022 esce il nuovo singolo “Quello che non ho”.

Papersong, i cantautori italiani illustrati: Lucio Dalla, il primo numero

PaperSong è una collezione grafica di 10 volumi dedicati ai cantautori italiani del Novecento. Ogni numero comprende una raccolta di illustrazioni ispirate ad una selezionata serie di canzoni, un editoriale inedito sul cantautore e un’infografica temporale del suo percorso artistico. Il primo volume è dedicato al cantautore bolognese Lucio Dalla e alle sue canzoni.

Lo abbiamo sfogliato per voi

Per informazioni e acquisti, Morsi Editore

PaperSong ha come scopo trasmettere segnali di resistenza culturale che influenzino le nuove generazioni, ricordando attraverso la musica e l’arte figurativa indipendente, movimenti d’insurrezione sia collettivi che intellettuale che descrivevano con una poetica attenta la società di fine Novecento.

Come scrive l’autore Alessio Fasano nella prefazione il progetto vuole approcciarsi ai cantautori italiani con l’intenzione dello studioso che cerca di comprendere il suo presente partendo da ciò che lo precede, che ne ha delineato i linguaggi, l’immaginario, la poetica.

PaperSong illustra e racconta di autori che hanno raccontato con forza il loro tempo caratterizzandolo, criticandolo, modificandolo e fornendo un nuovo alfabeto della poetica per come la si intendeva precedentemente.

PaperSong è per sua natura e per volontà dei suoi creatori un progetto promiscuo, fatto di scambi, incroci e contraddizioni, mentre nel suo corpo ogni volume si compone di disegni che raccontano un musicista.

Il suo editoriale è il tentativo di dare un riferimento visivo di cosa, secondo noi, l’autore ha provato a rappresentare e quali aspetti e sfumature della sua opera lanciano immagini e creano immaginari.

PaperSong è una ricerca riguardo alla prospettiva storica che un determinato momento della musica italiana ha lasciato a chi oggi, per la prima volta, con giovani orecchie, si appresta ad ascoltarla, ad analizzarla e ad applicarla al proprio momento storico.

Qui di seguito tutte le uscite:

  • 1 Lucio Dalla
  • 2 Fabrizio De Andrè
  • 3 Roberto Vecchioni
  • 4 Giorgio Gaber
  • 5 Francesco Guccini
  • 6 Edoardo Bennato
  • 7 Lucio Battisti
  • 8 Francesco De Gregori
  • 9 Pierangelo Bertoli
  • 10 Rino Gaetano.

Testi di Alessio Fasano. Illustrazioni di Niccolò Cedeno. Direzione editoriale di Giulia Pavani. Copertina di Luca Lucherini. Con la consulenza dell’avvocato Andrea Cavalera. Redazione Valentina Ferrari, Ufficio Stampa Federica Monello. In stampa con InchiostroPuro. PaperSong ha unito diverse realtà torinesi che si trovano a collaborare insieme nella diffusione della musica e della cultura sul territorio. Ringraziamo i nostri partner Arci Torino, l’etichetta indipendente Indiependence, ufficio stampa e promozione musicale Atomo Promotion e il Collettivo Musicale Sintesi.

1979, Revolt Into Style (3CD): Mod, Punk, Psych, wave e power pop, un’annata incendiaria

Nostalgia e propensione verso il futuro. Queste le caratteristiche del sound britannico, anno di grazia 1979. La compilation messa insieme da Cherry Red Records con la consueta cura, aggrega in questo bellissimo cofanetto costituito da tre CD, tutto il meglio di un’intera annata, tra le principali mutazioni dell’estetica punk, l’esplosione del power pop, il revival mod in odor di anni sessanta e la nuova psichedelia che arrivava da Liverpool e comprendeva band come gli Echo And The Bunnymen e i Teardrop Explodes di Julian cope, mentre il ritorno al passato diventa il sogno di band come The Barracudas e The Cannibals e il post punk comincia ad assumere, grazie a Siouxsie Sioux, Joy Division, Public Image LTD, Gang of Four, caratteristiche più angolari, oscure e di ricerca.

La raccolta Cherry Red intitolata 1979 Revolt Into style cerca di tratteggiare un anno in ebolizione, con molte direttrici e stimoli, mettendo insieme molti brani oscuri, band dimenticate, altre diventate leggendarie, altre invece destinate all’oblio nel giro di un singolo.

Ben 76 brani corredati di informazioni dettagliate con il consueto booklet illustrato che passa in rassegna la storia di ogni traccia, con tutti i riferimenti discografici e storici.

La raccolta è un vero must have per conoscere quella che sarebbe stata l’evoluzione della musica britannica alla vigilia degli anni ottanta, ma è anche una compilation che non può mancare nell’archivio di ogni DJ che si rispetti.

Il nostro video Unboxing con alcuni assaggi sonori!!

1979, Revolt into syle sul sito Cherry Red

Tracklist

CD 1

1 Bill Nelson’s Red Noise – Revolt Into Style
2 Eddie And The Hot Rods – Media Messiahs
3 Andy Arthurs – I Feel Flat
4 Magazine – Rhythm Of Cruelty (single version)
5 The Cannibals – You Can’t
6 John Cooper Clarke – ¡Gimmix! Play Loud
7 Dead Fingers Talk – The Boyfriend
8 The Only Ones – You Got To Pay
9 Glaxo Babies – Who Killed Bruce Lee?
10 Sham 69 – Questions And Answers (single version)
11 Fingerprintz – Night Nurse
12 Siouxsie And The Banshees – The Staircase (Mystery)
13 The Squares – Stop Being A Boy
14 The Fall – Rebellious Jukebox
15 Alternative TV – Graves Of Deluxe Green
16 Patrik Fitzgerald – All Sewn Up
17 Tubeway Army – Me, I Disconnect From You
18 The Outsiders – White Debt
19 The Members – Soho-A-Go-Go
20 Three Party Split – Dubious Parentage
21 X-Ray Spex – Highly Inflammable
22 Jonnie And The Lubes – I Got Rabies
23 Toyah – Victims Of The Riddle (Part 1)
24 Ian Dury And The Blockheads – Sink My Boats

CD 2


1 Squeeze – Up The Junction
2 The Clash – Groovy Times
3 The Records – Girls That Don’t Exist
4 The Skids – Masquerade
5 Clive Langer And The Boxes – The Whole World
6 Echo And The Bunnymen – Read It In Books
7 The Faders – Library Book
8 Gang Of Four – At Home He’s A Tourist
9 Joy Division – Disorder
10 The Numbers – Alternative Suicide
11 The Jags – Back Of My Hand
12 The Teardrop Explodes – Bouncing Babies (Zoo version)
13 The Cravats – Burning Bridges
14 Adam And The Ants – Whip In My Valise
15 Fashion – Citinite
16 The Undertones – Here Comes The Summer
17 Cult Figures – Zip Nolan (extended mix)
18 Pretenders – Kid
19 The Quads – There Must Be Thousands
20 The Jam – When You’re Young
21 The Cheetahs – Radio-Active
22 The Ruts – Something That I Said
23 The Teenbeats – I Can’t Control Myself
24 The Stranglers – Don’t Bring Harry
25 The Barracudas – I Want My Woody Back

CD 3


1 XTC – Making Plans For Nigel
2 The Revillos – Where’s The Boy For Me?
3 The Monochrome Set – The Monochrome Set (single version)
4 Passage – Taking My Time
5 Swell Maps – Real Shocks
6 The Zipps – Friends
7 Disco Zombies – Disco Zombies
8 The Pack – Number 12
9 The Human League – Empire State Human
10 The Wall – Kiss The Mirror
11 The Mekons – Work All Week
12 999 – Found Out Too Late
13 The Outcasts – Self Conscious Over You
14 Public Image Ltd – Memories (single version)
15 The Monks – Johnny B Rotten
16 The Freshies – Children Of The World
17 The Vapors – Prisoners
18 Madness – Bed And Breakfast Man
19 Secret Affair – Glory Boys
20 Dexy’s Midnight Runners – Dance Stance (demo)
21 The Regents – 7 Teen
22 The Lurkers – New Guitar In Town
23 The Boys – Kamikaze
24 The Carpettes – Easy Way Out
25 Scritti Politti – Messthetics
26 Spizzenergi – Where’s Captain Kirk?
27 Notsensibles – I’m In Love With Margaret Thatcher

Frank Sinutre – Let This Sound Sing: il videoclip di Giovanni Tutti

Let This Sound Sing” è il secondo singolo estratto da “200.000.000 Steps”, quarto album in studio dei Frank Sinutre, con la tromba di Marco Cremaschi come guest.
Il brano è veicolato da un videoclip “psych” di Giovanni Tutti, prodotto con la sua Giovanni Tutti Films.

Il duo di mantova dedito ad una particolarissima declinazione della musica elettronica, oltre ad avere quattro album all’attivo, conta più di 300 live tra Italia ed Europa.

Il video di Let This Sound Sing, che procede sicuro verso le 40mila visite combina l’estetica del live in studio, dove è possibile godersi i fantasiosi device autocostruiti dei nostri, con quell’animazione che recupera spirito, colore e movimento dei Jazz cartoons, ma anche certe sperimentazioni degli anni ottanta, pensiamo in particolare alla straordinaria avventura creativa di Annabel Jankel (citiamo a questo proposito, Decoy per Miles Davis) a cui Tutti aggiunge uno stile personalissimo, dove la pittura illuminotecnica gioca un ruolo centrale.

200.000.000 steps su spotify
Tutti i video dei Frank Sinutre e tutti gli strumenti utilizzati dal duo di mantova
Frank Sinutre su Facebook
Giovanni Tutti Films

Giovanni Tutti, artigianato animato: l’intervista

Come è nata la collaborazione con i Frank Sinutre?
La mia collaborazione con il duo elettronico Frank Sinutre inizia nel 2012 e ho praticamente incominciato a “fare” il video-maker con loro; sono partito a realizzare video in stop-motion per i loro brani, e diciamo che ho scoperto questa tecnica con la loro musica: notavo che il ritmo visivo sincopato delle immagini in stop-motion si armonizzava bene con la cifra stilistica e la musica elettronica dei Frank, e così è nata la nostra partnership, che continua ancora oggi, dopo più di dieci anni. Per diversi loro live ho curato anche i loro visual show facendo di fatto parte della formazione. Dopo questi 10 anni, ricordo ancora il primo video realizzato per loro in stop-motion, era quello di “Someone’s Dub” in cui annunciai poco prima dell’inizio lavorazione: “Ragazzi in una notte facciamo tutto”, mentre in una notte riuscimmo a coprire sì e no 10 secondi; ci vollero invece altri 6 mesi di lavoro per ultimarlo. Ricordo che avevo un lungo tavolo in una stanza accanto alla sala prove dei Frank Sinutre dove sistemai tutti i materiali, gli sfondi e i personaggi fatti di lego, plastilina, carta e su questo tavolo si svolgevano e prendevano forma le scene; appoggiata ad un piccolo carrellino tenevo la macchina fotografica con cui scattavo le foto e realizzavo le carrellate facendo scorrere carrellino e macchina sul tavolo. Ricordo che spesso ci venivano a trovare amici, musicisti e avventori che en passant contribuivano a creare personaggi e oggetti che poi sarebbero diventati parte del set

Per let this sound sing come si è sviluppata la collaborazione?
Per questo ultimo video “Let This Sound Sing” del loro ormai quarto disco “200.000.000 Steps” non ho voluto utilizzare la tecnica dello stop-motion, ma dal momento che volevano mettere in mostra gli strumenti elettronici home-made che utilizzano nei loro live, che sono un po’ il cuore del loro live set, abbiamo deciso di realizzare un video molto più classico che assomigliasse ad una loro performance, sfruttando colori fluorescenti e luci di wood.

Il making of del video per i Frank Sinutre

Raccontaci la lavorazione e le modalità di organizzazione del set…
In questo ultimo video, come in altri, ho adottato un’altra tecnica. Inizialmente volevo creare un video senza mai cambiare l’inquadratura, ma cambiare solo la messinscena all’interno della stessa, poi, come sempre, dato che l’atto creativo è un flusso in continua evoluzione, le inquadrature sono molteplici e mi sono reso conto che mi serviva un ritmo più variegato, soprattutto per dare risalto alla loro strumentazione e al set visivo “Frank Sinutre” richiamando l’esperienza di un live, ossia ricreare la sensorialità di un loro concerto dal vivo. Ogni volta la musica dei Frank Sinutre richiama nel mio immaginario l’ultravioletto e di conseguenza la psichedelia, quindi in post-produzione il video è diventato questo: un gioco di luce e ombra, di luce e viola, e tra un’inquadratura e l’altra, per amalgamare gli stacchi, ho parzialmente utilizzato un po’ di Stop Motion (in fondo non lo abbandono mai del tutto) che ho realizzato digitalizzando i disegni di mia figlia.

Parlaci delle tecniche di animazioni utilizzate e dei visuals
La tecnica d’animazione dello stop-motion rimane il mio grande amore nonostante le successive esperienze con altre tecniche, trovo da sempre che sia un grande allenamento alla pazienza, in quanto richiede precisione nei minimi spostamenti degli oggetti e dei personaggi ad ogni foto ed è inoltre necessario rigirarlo fin quando ogni foto è perfetta, coerente con la precedente e la successiva. Con questa tecnica riesco a ricreare un movimento mio personale che non rispecchi necessariamente quello della realtà di un video in cui ci sono personaggi in carne e ossa. Anche la manualità nel ricreare i personaggi implica una certa abilità che si acquisisce nel tempo, conoscendo le caratteristiche dei materiali che si stanno impiegando e alcuni rudimenti di base dell’arte scultorea. Un altro aspetto positivo è che nello S.M. è sufficiente un set ridotto, un tavolo ad esempio, un mondo in miniatura dove ricreare qualsiasi situazione (o quasi) e tutto questo ha un impatto decisamente positivo per tutte le questioni logistiche organizzative. Ad esempio ci si può permettere di lavorarci anche solo un’oretta prima di cena e proseguire il giorno dopo e così via. Ricordo tuttavia anche di lunghe serate, in cui per la smania di finire, delegavo agli amici che passavano a trovarmi, la costruzione di interi set di bisciolini di diversi colori, o palline, o bastoncini che mi servivano in grande quantità per ricreare la meiosi delle cellule o anche grandi costruzioni di astronavi o palazzi in LEGO per ricreare città o contesti urbani. Serate passate in compagnia non solo ai Frank Sinutre ma ai tanti personaggi che ruotavano attorno alla sala prove a costruire set e personaggi che poi sarebbero diventati parte delle animazioni dei video.
Cito a questo proposito “Sunset with Sunrise” e “Driving Thru a City By Night

Il making of del video per i Frank Sinutre

Se tu dovessi parlare di influenze e riferimenti importanti per il tuo lavoro, cosa citeresti?
I cortometraggi hanno rappresentato da sempre grandi fonti di ispirazione per me: storie che si sviluppano in breve sono un ottimo esempio guida per realizzare videoclip in stop-motion. Un videoclip su tutti che mi ha fatto scattare la scintilla è stato “Baby Snakes” realizzato per Frank Zappa in stop motion. Fra gli altri grandi maestri della mia formazione voglio citare David Lynch, Spike Jonze, Michel Gondry e per quanto riguarda la video-arte Bill Viola. Ce ne sarebbero a bizzeffe di nomi da citare.

Ad essere sinceri però devo dire che la primaria fonte di ispirazione per me, resta il mio lavoro di proiezionista al cinema, un lavoro alla Alfredo di “Nuovo Cinema Paradiso” che mi ha sempre dato la possibilità di confrontarmi con il “Nuovo” e sondarne le tecniche, qualcosa da cui imparare ogni volta qualcosa.

Il making of del video per i Frank Sinutre

Giovanni Tutti biografia artistica

Giovanni Tutti è nato a Legnago (VR) il 26 giugno 1984. Vive e lavora a Sermide (MN) come proiezionista e come visual artist di opere sperimentali. La sua formazione inizia con la collaborazione visiva per la Rock Band “Bianconiglio” con la quale collabora per la creazione di alcuni videoclip e nel 2010 per la messa in scena di una performance live al festival di video arte “The Scientist” di Ferrara; al quale partecipa pure l’anno precedente, nel 2009 con un documentario sperimentale creato in collaborazione con il Prof. Vitaliano Teti: “Timotthy Tompkins e Giorgio Morandi, After Still Life”.
Laureato nel 2011 in “Tecnologo della Comunicazione Audiovisiva e Multimediale” con una tesi sul linguaggio video musicale: “La pratica del videoclip: il montaggio interno all’inquadratura” nel 2013 ha partecipato assieme ai Frank Sinutre all’exibition Trames/Tramites con un’opera bicanale sull’analisi filmica del paesaggio attraverso il mezzo video.
dal 2012 ad oggi ha collaborato con molteplici artisti, soprattutto musicisti come Cranchi, Matija, P.A.N.F., Jacopo Salieri, per la creazione di videoclip, live visual show, video arte, e la sperimentazione di tecniche video in Stop Motion in collaborazione con il duo musicale Frank Sinutre.

Il making of per il video dei Frank Sinutre

LupMorthy – Requiem for a Tree: il vinile (unboxing)

LupMorthy è lo pseudonimo sotto cui si cela l’opera artistica del suo autore : Luca Recchia.

REQUIEM FOR A TREE” è il primo lavoro organico di Lup Morthy diviso in 5 movimenti (Dust, Mud, Strings, Stones, Trees) uscito lo scorso 18 marzo.

Requiem for a Tree è un album strumentale di quasi 50 minuti di musica essenziale dove la microgestualità ritmica è l’elemento di continuità fra i brani, su uno sfondo comune fatto di elementi contrastanti, fra musica scritta, eseguita, e momenti di libera improvvisazione.

Di seguito il Vinyl Unboxing con il preascolto di alcuni estratti dall’album

LupMorthy in rete

LupMorthy è un artista Milanese, musicista compositore, insegnante e amante della montagna. Prima di dedicarsi interamente alla sua musica ha suonato il basso elettrico per 20 anni, sia in tour che in studio, con diversi progetti della scena indipendente italiana. Fra le varie band ricorda in particolare le collaborazioni con artisti quali GoodMorningBoy, Songs for Ulan, Musical Buzzino e Cesare Basile, con cui ha stabilmente suonato fin dal 2003 e vinto due targhe Tenco.

La musica di LupMorthy è sperimentale, dai confini che sfumano fra diversi generi, dall’elettroacustica all’ambient, dal minimalismo al field recording. Nel suo repertorio si trovano anche brani per ensemble vocali e musica da camera. Insegna teoria dei linguaggi musicali, dirige musica d’insieme e realizza progetti musicali con bambini e adolescenti.

Foto di Vittorio Buongiorno (fonte, ufficio stampa Urtovox Records – Unomundo)

Dal 2005 coordina un laboratorio stabile di musicoterapia per bambini disabili. Si è laureato presso la Civica Classica “Claudio Abbado” di Milano in Composizione e in Didattica della Musica e ha conseguito un diploma in Musicoterapia al Centro di Artiterapie di Lecco. Oltre alla musica, a riempire la vita sensibile di LupMorthy c’è la montagna, le vie di roccia classiche in particolare. La montagna gli ha insegnato a fare un passo alla volta e, paradossalmente, a stare con i piedi per terra.

In REQUIEM FOR A TREE L’uso statico, non espressivo ed impersonale di alcuni strumenti, flauto e clarinetto in particolare, sono il mezzo musicale per interrogarsi sulla necessità di agire o meno, di fermare il tempo che scorre.

Così come in Dust, che apre l’album, c’è un bisogno che ha un’inevitabile ricaduta sulle scelte timbriche, Strings ripensa completamente l’uso del pianoforte, preparato e trasformato in qualcos’altro. Il risultato è un meticcio fra arpa e banjo, un timbro nuovo che non si piega alle volontà acustiche e simboliche di un accompagnamento romantico arpeggiato, ma che piuttosto invita alla regressione, richiamando l’attenzione dell’ascoltatore ad una gestualità infantile, massiva, non chiaramente definita e poco sicura.


In Stones usa mezzi musicali per dire che a volte le cose accadono indipendentemente dalla nostra volontà e dai nostri calcoli: è l’inversione matematica di Dust, non a caso è il brano che apre il lato B dell’LP. La sua estetica è opposta a Dust. Concettualmente il brano esiste perché esiste il suo contrario. Stones è il preambolo, l’antefatto di Trees, il brano più lungo, la sintesi formale dell’intero album, dove gli estremi si palesano e i ruoli si stravolgono: l’accompagnamento del basso, che canta, solare ed orecchiabile nelle sue linee fondamentali, diventa improvvisamente un “tema di lamento”, che passa agli archi che lo elaborano in lungo estenuante aggravarsi.
In questo passaggio è contenuta l’essenza dell’intero lavoro, la netta cesura e lo spostamento tematico creano quella linea immaginaria che è l’essenza del dualismo e suo prerequisito, che oppone la vita alla morte.

Foto di Vittorio Buongiorno (fonte, ufficio stampa Urtovox Records, Unomundo)

E’ una lunga dedica ad un’amico di infanzia, Federico, che ha lottato contro la malattia per interminabili lunghi anni combattendola fino alla Fine. Qui l’orchestra d’archi resiste fino a che ogni strumento, dall’estremo acuto al grave ha note sulla tastiera per essere suonate, o un filo di voce per parlare, dopo di che, a turno e in “silenzio”, se ne vanno.

Se ne andranno tutti.
E resterà solo il Rumore di fondo,
che forse è la vera essenza del nostro Essere

Tracklist :

Side A : 1) Dust,2) Mud 3) Strings
Side B: 1) Stones 2) Trees


Credits ”Requiem for a tree”

Composto, arrangiato e prodotto da LupMorthy.
Registrato e mixato da Davide Re al Taliban Studio di Milano e da Peppe De Angelis al Monopattino recording studio di Sorrento.

Masterizzato da Alessandro ”Gengi” di Guglielmo presso Elettroformati Milano

Musicisti:

Enrico Gabrielli: Clarinetto in “Strings” e Sax in “Mud”
Rodrigo D’Erasmo: Violino in “Strings”
Stefano Pilia: Chitarra elettrica in “Strings”
Tazio Iacobacci: Mad Drum Machine in “Strings”
Martino Pignatta: flauto in Dust e Trees
Giovanni Calella: Chitarra elettrica in “Stones”
Paolo Lucchi : Electronic Sample in “Dust” e “Trees”.


LupMorthy: Electric basses, piano prepared, mellotron, celesta, analog lead, calimbe, drones