domenica, Aprile 13, 2025
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Kim Gordon – Bye Bye, il video di Clara Balzary

Kim Gordon anticipa la pubblicazione del suo nuovo album solista previsto per il prossimo marzo, con un videoclip interpretato da Coco Gordon Moore. Riattiva le stesse connessioni famigliari di “Hungry Baby“, pubblicato nel febbraio del 2021 per promuovere il precedente “No Home Record“, dove la figlia era sempre al centro di una suburbia desertificata ed elaborata dalla creatività di Clara Balzary.
La giovane fotografa e filmmaker statunitense, figlia di Michael Peter Balzary, meglio noto come Flea, torna dietro la macchina da presa e realizza una clip molto simile alla precedente, che assegna alla presenza fisica di Coco il contrasto indomato tra energia femminile e spazio urbano.
Lo sguardo è in apparenza vicino a quelli di Larry Clark, Harmony Korine e per certi versi anche alla fotografia di Richard Kern senza l’estrema sessualizzazione dei corpi. Questa viene sublimata da una straordinaria esplosione di rabbia complementare e opposta, rispetto alla forza centripeta di “Hungry Baby”.

Il personaggio di Bye Bye è quello di una ragazza in fuga, il cui contesto è semplicemente inabissato nell’istante, nell’esplosione degli eventi, nello sguardo periferico delle videocamere di sorveglianza, nei furti e negli espedienti di una ragazza sul bordo.
Non è un video “retrò” come ci è capitato di leggere da parte di una critica di imbarazzante incompetenza, è al contrario l’immagine flagrante della discrepanza fluttuante che si verifica nella post-adolescenza, tra identità, aspettative e profilazioni del mercato.

Lontana dalla coolness coeva, inclusa quindi la retromania, Balzary mostra un meta-codice che ne disinnesca i presupposti, rilanciando un’ipotesi vitalistica al di là del bene e del gusto e inventandosi una personale sinestesia tra movimento, colore e rumore, per dialogare con il cut-up stilistico del brano.

C’è una straordinaria simpatia per il male, attraverso quelle modalità che hanno attraversato intimamente anche formazioni come i Sonic Youth e l’immagine di alcuni cineasti indipendenti, ma soprattutto un’incorporazione del monologo di Rosamund Pike nei panni di Amy Dunne nel “Gone Girl” di Fincher.

Il riferimento è soprattutto visuale e legato alla condensazione delle immagini frequentative: il supermercato, il taglio di capelli, la fuga in macchina, la dimensione del crimine.
La potenzialità polisemica di quel monologo ha consentito anche una rilettura femminista di alcuni stereotipi, ma viene rielaborata sapientemente da Balzary attraverso la spinta psicofisica di un’autoaffermazione radicale.

Rabbia come crescita, spinta verso la trasformazione senza alcun limite: Coco, una Drunken Butterfly.

Raffaella Carrà – I singoli 71-72 in vinile: video recensione

Sony Music prosegue con la pubblicazione dei cofanetti dedicati a Raffaella Carrà.
Secondo dedicato agli anni della RCA, comprende i 45 pubblicati dall’artista dal 1971 al 1972.
Il box, costituito da un cartonato solido di qualità e arricchito da un bellissimo scatto di Raffaella realizzato da Gianni Boncompagni, include i quattro singoli pubblicati in quegli anni dalla nota etichetta in formato 45 giri e un quinto disco bonus mai pubblicato in vinile.
Rigorosamente fedeli agli artwork dell’epoca, i cinque vinili sono un must have per i collezionisti di dischi e si possono acquistare direttamente sullo store di Sony Music.

La redazione di Indie-eye vi propone una video recensione con unboxing, attraverso la quale abbiamo esaminato in dettaglio il cofanetto

Il periodo RCA di raffaella Carrà, omaggiato da Sony Music con ben due cofanetti, include delle vere perle. In quello che abbiamo esaminato, l’ultimo in ordine di pubblicazione disponibile in 500 copie nella versione colorata acquistabile solo sullo store online di Sony Music, oltre a classici come “Maga Maghella” e “T’ammazzerei”, sono presenti due brani originariamente pubblicati in alcune raccolte e totalmente inediti in formato vinile: la versione inglese del “Tuca Tuca”, intitolata “I like it” e quella spagnola di “Reggae rrr!“, intitolata “Regue“.

Quest’ultima, vera e propria chicca funk-soul arrangiata dall’orchestra del grande Franco Pisano, viene spesso inclusa nelle playlist dei Dj che bazzicano con i suoni beat, soul e funk.
Il disco, lo ricordiamo, oltre ad essere stato incluso in una raccolta CD del 2008, fu stampato originariamente nel 1971, solo per il mercato cileno.
I vinili della collezione sono oggetti con una grammatura rilevante e li abbiamo testati con una Ortofon Red. Suoni brillanti, caldi e aperti, rivelano un mastering fatto con cura.

I cinque dischi presenti all’interno di “GLI ANNI RCA DI RAFFAELLA I SINGOLI 1971-1972”:

  • Maga Maghella / Papà
  • El Borriquito / Raindrops Keep Fallin’ On My Head
  • Tuca Tuca Si / Accidenti a quella sera
  • T’ammazzerei / Era Solo Un Mese Fa
  • I Like It (Tuca Tuca) / Regue (Reggae) – Vinile 7’’ Bonus

Conserva la tua collezione di vinili: buste interne, esterne e copertine per i dischi

La conservazione dei vinili non passa solo dalle ormai note macchine lava dischi.
Su indie-eye ne abbiamo testate già molte tra quelle meccaniche e le più sofisticate ad ultrasuoni.
Se questi dispositivi sono utili per rimettere in sesto prodotti usati, magari scovati sul banco di qualche mercatino, i passaggi successivi al lavaggio talvolta vengono trascurati dai collezionisti meno esperti.
Per esempio dopo aver pulito un disco dalla muffa e dalla polvere sedimentata con un lavaggio accurato, è sconsigliato infilarlo nuovamente nella vecchia busta originale.
Buona parte della polvere più pericolosa dipende proprio dalla vecchia carta che si decompone o da “inner sleeves” plastificate di vecchia fattura, la cui componente acida può aver creato nel tempo alcuni danni ai microsolchi.

La conservazione dei dischi secondo Humminguru: i tre pack per conservare la tua collezione a riparo dalla polvere

Nella vasta proposta commerciale di prodotti per la conservazione dei dischi post-lavaggio, Humminguru, brand cinese che ha lanciato sul mercato un’ottima macchina lava dischi ad ultrasuoni, ha da poco introdotto alcune proposte per la conservazione e la catalogazione dei dischi, in linea con la qualità del dispositivo citato.

Sono tre i prodotti da utilizzare in modo complementare:

  • un pack da 50 pezzi di “inner sleeves” anti-statiche in polietilene ad alta densità, di 1,5 millimetri, totalmente acid-free e con i bordi stondati per accogliere il vinile
  • un pack da 50 pezzi di buste esterne (Outer Record Sleeves) per proteggere l’artwork del disco, dello spessore di 3,5 mm, realizzate in polipropilene acid-free e con il cosiddetto effetto Crystal Clear, quello che consente di mantenere la brillantezza “ottica” della copertina, senza opacizzazioni visibili
  • un pack da 25 pezzi di copertine esterne per LP (12 Inches Album Jacket) con una grammatura di 400GSM e un cartone durevole di alta qualità. Sono utilizzabili come copertine, se possedete vinili senza “cover”, ma l’uso più adatto per il quale sono state progettate è una catalogazione del vinile in base al grading, i dati essenziali (autore, etichetta, codice) e i “log” per ricordarvi quante volte avete ascoltato quel preciso vinile e quante volte lo avete lavato.

Questi tre prodotti, se combinati per un utilizzo specifico secondo le istruzioni diffuse dal brand cinese, rendono la vita del collezionista sicuramente più articolata e ricca, consentendo di mantenere al meglio edizioni e copie preziose dei propri dischi, per ridurre al minimo polvere e batteri contaminanti.

Per farvi vedere come utilizzarle, abbiamo testato per voi i tre “pack” con un video tutorial dettagliato.

Sleeves & Vinyl Jacket Humminguru – il video test

Copertine e buste per dischi in vinile di Humminguru: la recensione

Il test dei tre pack prodotti da Humminguru è complessivamente positivo.

La qualità delle “inner sleeves” con gli angoli stondati e delle buste esterne è davvero alta. Sono entrambe resistenti, con una nota di merito in più per le buste esterne. Queste sono tra l’altro indicate per l’utilizzo anche con vinili gatefold. Nel video abbiamo fatto una prova. C’è da dire che sono molto precise per gatefold dallo spessore importante, che includono due dischi a 180 grammi. Ma anche quando i margini sono stretti, come nel caso citato, non si sono verificati strappi, lesioni e la classica rottura longitudinale che caratterizza alcuni prodotti in circolazione quando si forza troppo la loro capienza.

Il pack da 50 delle “Outer Record Sleeves” si è rivelato molto resistente e di solida fattura.

Per quanto riguarda le copertine esterne, ovvero le 12″ Album Jacket, vendute in un pack da 25 pezzi, queste sono adatte per disco singolo, ovvero ne accolgono uno alla volta, il che significa che per i gatefold dovete usarne ben due. Hanno una fattura minimale, ma resistente, che consente anche l’utilizzo standalone, ovvero come copertina sostitutiva. In questo caso consigliamo di utilizzarle sempre in combinazione con le “Outer record sleeves”.

Tutta la sezione dedicata all’archiviazione è ricca di spazio e di dettagli per memorizzare le condizioni del disco, dalla data di acquisto fino alla storia dei vostri ascolti. I log ascolto sono infatti ben 300! 

Humminguru: è arrivato lo shop italiano senza spese aggiuntive

L’acquisto dei prodotti Humminguru è diventato più semplice. Uno dei motivi che ancora dissuadeva gli utenti della comunità europea ad acquistare la macchina lava dischi del brand cinese, era l’assenza di un riferimento europeo per gli acquisti, con la conseguente aggravante delle spese doganali.
Per evitare questo problema, Humminguru ha scelto la strada di altri produttori cinesi, aprendo uno shop europeo su Amazon, presente anche sulla versione italiana del noto portale di e-commerce.
Questo consente di acquistare i prodotti senza spese aggiuntive. Tutti i prezzi indicati sullo shop Amazon di Humminguru sono inclusivi di Iva e spese di spedizione e non è dovuto alcun onere doganale. I tempi della spedizione non sono ovviamente quelli del servizio Prime, ma garantiscono una consegna in circa dieci giorni.

Link Utili

Puoi vedere un approfondito video tutorial sulla macchina lava dischi ad ultrasuoni di Humminguru da questa parte.

S-Duo, il dispositivo ad ultrasuoni per pulire la puntina del giradischi, che include una bilancia di precisione per pesarla, è stato oggetto di una nostra video recensione

Lo shop Amazon italiano di Humminguru lo trovi da questa parte

Il Bestiario – Dzom live @ Gloam Session #6

Il Bestiario, formazione modulare coordinata e guidata da Francesco Massaro, è ospite del nuovo numero di Gloam Session, i video live prodotti dal collettivo Stand Alone Complex e filmati rigorosamente con il “Dogma” delle sole luci naturali del crepuscolo.
Dzom è un brano scritto appositamente per questo episodio, presentato in esclusiva su Indie-eye.
Ispirato ad una figura mitologica africana – dice Massaro – un mostro a tre teste, la ricerca si focalizza sul contrappunto spontaneo di certe musiche etniche, come per esempio i canti polifonici degli Inuit o dei Pigmei, ma anche la drone music e le istanze dell’avant jazz. Ne scaturisce un pezzo onirico, danzante e sospeso al contempo. Complice la temperatura e il luogo utilizzato per le riprese, ovvero la dismessa base missilistica tra Castellaneta e Laterza, in provincia di Taranto, posta su un altopiano che offre la visuale dell’arco jonico da Taranto alle prime propaggini della Calabria. In questo contesto, Il Bestiario ha cercato un suono che interroga l’istinto e la terra, trovando punti di congiunzione con il
celeste
.”

Il Bestiario come formazione è nata nel 2015. All’attivo ha un’importante attività live, ma anche numerose produzioni multiformi, tra cui tre album, lavori multimediali, un libro, dove si sono avvicendati artisti di varia provenienza disciplinare ed artistica, tra poeti, pittori e videoartisti.
L’attuale line-up è costituita da un trio acustico costituito da Adolfo La Volpe (Corde), Michele Ciccimarra (percussioni) e ovviamente Francesco Massaro al sassofono baritono. I mondi sonori, oltre a quelli della world music, dell’impro e dell’avant jazz, sfiorano territori apolidi che passano dal folk a forme di musica visionaria e cosmica fuori dalle ordinarie etichette.

Il video numero 6 delle Gloam Session dedicato a “Il Bestiario” è stato diretto da Antonio Stea, con il sound engineer di Gianvito Novielli e la produzione esecutiva di Stand Alone Complex. Il video è stato girato tra Castellaneta e Laterza (TA) l’undici Marzo 2023

Puoi consultare i profili web degli artisti da questa parte:
Il Bestiario
Antonio Stea
Gianvito Novielli
SAC Recordings

Le foto promozionali incluse nell’articolo e in cover sono di Anna Squicciarini (Japanorama)

Dylan Henner, musica in cerca di senso: dal vivo a Firenze l’innovativo musicista ambient

Dylan Henner è tornato in tempi recenti a collaborare con la AD 93 di Nic Tasker. Dopo l’acclamato The Invention of the Human, lavoro che si interrogava in modo empirico sulle sollecitazioni postumaniste nel passaggio continuo tra organico e inorganico, ha spinto oltre la sua ricerca per indagare altre soglie con You Always Will Be, uscito durante il 2022.

Dylan Henner, Exton – video ufficiale tratto dall’EP Amtracks, pubblicato nel 2021 dalla Spirituals

Se nel primo lavoro del musicista attivo in Inghilterra, la voce umana era al centro di successive manipolazioni che confondevano percettivamente la relazione tra sorgente e risultato, il secondo affronta un tema di transito per eccellenza, come quello della morte, raccontandoci un’esperienza nel suo farsi e seguendo l’arco vitale di un individuo, dalla nascita alla scomparsa.

Dylan Henner -The Peach Tree Next Door Grew over our Fence – tratto da The Invention of the Human – (2020, AD 93)

Ispirato da due eventi palindromi legati alla morte dei suoi nonni e alla nascita quasi immediata dei figli, Henner trascende la dimensione personale con una commistione tra acustico ed elettronico, processando strumenti tradizionali e sintetizzandone l’aura, come aveva fatto con la voce per il precedente lavoro. Nel progredire verso la trasformazione estrema, racconta quindi una storia di luce, che sfrutta l’azione della memoria per recuperare sensorialmente le tappe di un viaggio ancestrale, senza escludere il panico, la paura e l’orrore della dissoluzione, ma allo stesso tempo spingendoci a ristabilire quelle connessioni necessarie e tangibili in una fase di inquietanti smaterializzazioni relazionali.

Costituito da un solo brano di 40 minuti, rilegge e reinterpreta l’universo ambient con i frammenti materiali e audiovisuali che si riferiscono alla produzione domestica della famiglia di Henner, scansionando ulteriormente la durata con una serie di titoli che nello svolgimento, rappresentano le tappe di una singola vita che tende all’osservazione universale, dall’infanzia fino alla fine.
A chi gli ha chiesto cosa dovrebbero aspettarsi i suoi ascoltatori, Henner ha risposto: “Musica in cerca di senso“.

Dylan Henner, These Photos of My Children Make Me Want To Climb Into the Frame – tratto dall’album You Always Will be (2022 Ad 93)

Se allora la domanda sottesa da Invention of the Human era il quesito principale di tutta la cyberculturra, ovvero cosa ci rende umani, il nuovo lavoro si spinge oltre, sondando i confini estremi della vita, sin dalle sue origini.

In termini pratici, la musica di Henner mette insieme la pratica del field recording in loco, con la ricerca di numerosi suoni continentali, l’ascolto del suono nello spazio in cui si manifesta, a partire da tutto ciò che definiamo come “natura”, l’amore per la musica corale e per il minimalismo delle origini, quello di Terry Riley per intenderci. Tutto è musica nell’elettronica non riconciliata di Henner, dai modelli linguistici, all’interconnessione ritmica che si verifica tra umano, natura e non umano. Respiri, battiti cardiaci, suoni della tecnologia e del tempo.

Vederlo dal vivo è assistere alla costruzione di un mondo sonoro che supera la dimensione sintetica della musica ambient, attraverso la proposta di un vero e proprio gioco tra materia e memoria.

Giovedi 30 Novembre 2023, Hand Signed, la rassegna di musica ad alto livello qualitativo proposta da OOH-sounds , NUB Project Space e Musicus Concentus, porta la musica dal vivo di Dylan Henner in Sala Vanni a Firenze. Un evento da non perdere, nella cornice straordinaria di uno spazio immerso nella storia della città, in Piazza del Carmine 14.
L’inizio del concerto è previsto per le 21:15 e il biglietto costa 13 € + Diritti di prevendita (sul sito www.musicusconcentus.com) oppure 20 € alla porta, se ovviamente i biglietti saranno ancora disponibili.

In apertura il live “Non rimborsabile vale una corsa” di Jacopo Buono. La ripetizione come atto deciso, noioso e angosciante, quasi come gesto autistico e morboso, è sempre stata tracciata come una delle parti che hanno contraddistinto il minimalismo, in tutte le sue diverse forme. Da qualche tempo Jacopo Buono ha iniziato ad esplorare questo tipo di attività attraverso l’azione corporea, non intesa come performance, ma più come azione anti-quotidiana di un corpo che svolge delle attività, a volte sintetizzate in un’azione singola ripetuta, altre come un susseguirsi di evocazioni visive. Dopo aver iniziato questo percorso con il collettivo PHASE, ha continuato individualmente cercando però una relazione con varie figure esterne, provando a costruire un’alternanza a volte incomprensibile.

Le attività del Musicus Concentus nell’ambito di Tradizione in Movimento sono realizzate con il contributo di: Ministero della Cultura, Regione Toscana, Comune di Firenze, Città Metropolitana di Firenze, Fondazione CR Firenze.

[ Foto stampa e comunicazione, Ufficio Stampa Lorenzo Migno ]

Immanuel Casto al Puccini di Firenze: Non erano battute

Il Casto Divo torna in teatro e lo fa con tutta quella contaminazione di linguaggi che ha caratterizzato la sua lunga avventura artistica. Reduce dal tour di “Insegnami la vita“, titolo di una traccia contenuta nell’ultimo album da studio intitolato “Malcostume” e condivisa con Romina Falconi, Immanuel si avvicina maggiormente alla forma “stand up”. Proprio in questa cornice fa confluire temi e sollecitazioni che dalle canzoni, si sono estesi ai contenuti del suo canale YouTube. Non solo videoclip nel suo presidio video quindi, ma la capacità di giocare con i formati, dal Vlogging a contenitori dal titolo semiserio, dove tratta argomenti serissimi dal punto di vista dell’identità di genere, della sessualità e della percezione comune, riguardo ad aspetti che caratterizzano il nostro vivere sociale nei contesti dell’iperaccelerazione mediale.

Al nostro non è certo mai mancata la provocazione come arma politica, ma gli ultimi singoli avevano affiancato alla dimensione grottesca ed iperrealista una chiarissima e a tratti drammatica dimensione “agit prop”. Piromane, Amore Ariano e la stessa Insegnami la vita, individuavano un obiettivo chiaro nelle derive populiste, fasciste e razziste che hanno caratterizzato la politica Italiana dell’ultimo decennio.
Nascono quindi in parallelo considerazioni specifiche sul linguaggio, sugli stereotipi di genere, sulle forme possibili di riprogrammazione semiotica del linguaggio sessista, che Casto ha diffuso con alcuni video molto ficcanti, attraverso la serie di clip raccolte nel format “C’è posta per Casto“.

La dimensione colloquiale unita ad un approccio senza filtri, che incorpora certamente l’ironia come lessico possibile per scardinare le convenzioni più diffuse, è la cifra di “Non erano Battute“, uno spettacolo meta-comico, dove niente è come sembra, o comunque, niente è come viene designato dal linguaggio.

Lo stesso Casto, chiarisce le intenzioni del progetto: «”Non era una battuta” è una frase che mi ritrovo a dover pronunciare spesso, in particolare, ogni qual volta dico qualcosa che risulta involontariamente comica, magari per la formulazione lapidaria o l’uso letterale del linguaggio che faccio. È vero che, con il tempo, ho iniziato ad utilizzare intenzionalmente l’umorismo (soprattutto quello più nero), rendendolo parte del mio lavoro, ma sono ancora molto frequenti le occasioni in cui ripeto quella frase. Ecco perché, uscendo per la prima volta dalla dimensione musicale che mi è propria, ho scritto uno spettacolo meta-comico, dedicato ai grandi “segreti” della comunicazione che ho decifrato in decenni di osservazione, per poi scoprire che per gli altri erano… ovvietà!»

Immanuel Casto arriva a Firenze, come terza data dello spettacolo, presso il Teatro Puccini il prossimo 29 novembre alle ore 21:00. Oltre ai biglietti disponibili c’è anche la possibilità di acquistare un Vip Package che comprende, oltre all’ingresso, un meet & greet con lo stesso Casto Divo.

I biglietti (posto unico da 18,40 euro) sono in prevendita sul sito www.bitconcerti.it, su www.ticketone.it e nei punti Box Office Toscana www.boxofficetoscana.it (tel. 055.210804)

Per Informazioni: Info tel. 055.362067 – info@prgfirenze.it – biglietteria@teatropuccini.it – www.bitconcerti.it, www.teatropuccini.it.

[Foto stampa e materiale informativo fornito gentilmente da Ufficio Stampa Marco Mannucci]

Marco Menchise – Coco, il videoclip in esclusiva su Indie-eye

“Cicadas” è il disco d’esordio del chitarrista e compositore Marco Menchise, musicista pugliese già con
Maladé, THINKABOUTIT. L’album esce per FDS ed è arricchito dalle collaborazioni con il jazzista Roberto Ottaviano, il sassofonista Gaetano Partipilo e la cantante Angela Esmeralda, straordinaria voce jazz-blues.
Per veicolare l’album, il videoclip di “Coco“, primo estratto da “Cicadas” e che vede proprio la voce di Angela Esmeralda, che ha scritto il brano insieme allo stesso Menchise, un mix esplosivo tra impro, jazz e sperimentazione post rock.

Indie-eye presenta in anteprima esclusiva il videoclip diretto da Claudio La Rocca

Quando Marco mi ha contattato per il videoclipci ha raccontato Claudio La Roccaabbiamo pensato insieme di creare, più che un narrazione, un vero e proprio dietro le quinte “creativo” che potesse rendere l’esperienza dei giorni in studio; il video e le foto, infatti, sono state realizzare in studio durante la registrazione del disco: una porta aperta che permettesse all’ascoltatore di entrare in studio e vivere l’esperienza completa, come quella che hanno vissuto musicisti e addetti ai lavori.
Il brano presenta nella prima parte un testo cantato, sorretto da un’armonia espressa dalla sezione
dei fiati. È nella seconda parte però che si evolve, esplodendo in un’improvvisazione collettiva.
Questo climax, non presentando una trama esplicita, rende complesso qualsiasi tipo di senso
narrativo cronologico. Abbiamo perciò deciso di pensare alle immagini come la naturale
evoluzione della dinamica del brano: la calma iniziale lascia spazio al crescendo emozionale del
finale. L’utilizzo copioso del bianco e nero contrapposto, solo dopo, a quello dei colori, è un elemento che introduce una novità anche sonora: l’ingresso della ritmica e il vortice che ci porta verso la fine
del brano. La scelta del video collage è stata vincente in questo senso: la giusta tecnica per sottolineare la dinamicità e il climax sonoro che caratterizza Coco

Marco Menchise su instagram


Corso di canto corale sulla musica popolare dell’area mediterranea: a Firenze, aperte le iscrizioni

Con un insegnante d’eccezione come Francesca Messina, conosciuta anche con il moniker artistico di Femina Ridens, la Scuola di Musica di Settignano, collocata nel cuore delle colline Fiorentine, al centro dell’antico borgo celebrato da Boccaccio e Tommaseo, accoglierà il “Corso di Canto Corale sulla musica popolare dell’area mediterranea“.

Un’occasione da non perdere se consideriamo l’esperienza e il talento di Francesca Messina, il cui ultimo lavoro come Femina Ridens, intitolato Kalenda Maya, faceva già confluire canzoni cantate in occitano, italiano volgare, lingua d’oil, galiziano-portoghese e latino, scritte tra il X e il XIV, compiendo operazione visionaria e vivissima, aperta a molteplici influenze e capace di offrire nuove strade a chi si è intestardito con i consueti registri del folk che attraversano la musica rock e pop contemporanea. Kalenda Maya si apriva al meraviglioso e all’inconsueto, connettendoci nuovamente alle nostre radici più profonde

Il corso è aperto a tutti, esperti e principianti e verrà sviluppato in una serie di workshop sui canti corali popolari dell’area mediterranea. Ma le opportunità non finiscono qui, perché durante le lezioni, saranno utilizzati strumenti antichi e tradizionali, un modo davvero unico per avvicinare le sonorità, le armonie e le strategie che animano il canto popolare, con una serie di lezioni coinvolgenti che consentiranno di avvicinare le tecniche vocali in forma pratica.

Per informazioni e modalità di partecipazione ai corsi potete scrivere a info@feminaridens.it oppure telefonare al 329/7425265

Prezzo early bird per tutti coloro che si iscrivono entro il 25 novembre.

The Runaways, il box con tutta la discografia dal 76 al 78: video recensione

La storia della “all female” rock band che ha influenzato molte musiciste dell’ampio bacino “riot” durante gli anni novanta, si è sedimentata tra ascolti e immaginario qualche decennio dopo la loro brevissima avventura discografica.
Al mondo di transizione tra glam e punk che The Runaways hanno attraversato, Floria Sigismondi ha dedicato un film “infedele” per quanto riguarda il dettaglio filologico, ma con alcuni spunti interessanti per definire la mutazione di quella semantica rock di dominio maschile, riletta con un’aderenza così smaccata ad alcuni stereotipi sessisti, da rappresentarne un furibondo rovesciamento.
Nate da una collisione tra lo spirito individualista di Joan Jett e l’ansia di controllo di Kim Fowley, la band pubblica quattro album in studio e un live registrato in Giappone, tra il 1976 e il 1978.
Nelle mani del re mida del rock ad alta deperibilità, suoni e attitudini che già erano presenti nella discografia di Alice Cooper e dei Kiss, accendono un’energia primigenia inedita che si imbratta di sesso, perdizione e sangue mestruale.
Mentre non lasceranno tracce rilevanti negli States, nonostante un contratto con la Mercury Records, il successo vero arriverà dal Giappone, terra di estremi opposti, dove le attitudini visual avevano individuato nella figura di Cherie Currie un’icona irresistibile.
Fowley si ritaglierà un ruolo invadente e in eccedenza rispetto a quello del produttore, estremizzando tutte le caratteristiche abusive, borderline e violente del decennio. Molte le testimonianze che hanno cercato di riscrivere la storia della relazione tra le Runaways e il noto produttore americano, a cominciare dal punto di vista di Jackie Fox, prima bassista della band dal 75 al 77 e vittima di un sistema che considerava lo stupro un rito di passaggio necessario.
Con una formazione in continuo cambiamento nonostante la concisa storia produttiva, il cuore della band era rappresentato dalla chitarra ritmica di Joan Jett, quella solista di Lita Ford, la batteria di Sandy “Pesavento” West, la voce dell’iconica Cherrie Curie e il basso di Jackie Fox.
Miracolosamente sospese tra hard rock, punk e armonizzazioni ancora legate alle girl band dei sessanta, prima che le rispettive strade soliste di Joan Jett e Lita Ford cominciassero a flettere da una parte o dall’altra, The Runaways sono una di quelle band “terminali” rispetto al decennio di riferimento. Chiudono i settanta con un’ansia indomabile per il successo, ma ne sondano limiti, sporcizia, violenza e crudeltà, tanto da rappresentare, per più di un motivo, la fine del sogno americano che scorge già la nuova grande truffa, quella dell’industria porno. Cherie Currie, definita da Kari Krome come la figlia immaginaria di Iggy Pop e Brigitte Bardot, abita perfettamente quella terra di transito tra innocenza e perversione, abitata anche da Linda Lovelace.

The Runaways vengono celebrate con un’ottima raccolta pubblicata da Cherry Red, già label nella fase conclusiva della band, quando il quartetto, con una formazione già cambiata, pubblicherà il quarto album da studio intitolato “And Now… The Runaways“.

Nel Boxset in formato Clamshell, sono inclusi i quattro album da studio e il live registrato in Giappone. Il cofanetto è corredato di un bel booklet a colori, realizzato con la consueta cura e attenzione per l’approfondimento che caratterizza i prodotti della label britannica.

The Runaways, Neon Angels on the road to ruin 1976-1978, 5CD Box Set si acquista sul sito ufficiale Cherry Red per sole 30,99 EURO. Vi ricordiamo, che gli acquisti sullo shop Cherry Red, nonostante provengano dall’Inghilterra, non sono sottoposti a spese doganali. Come abbiamo raccontato da questa parte, la label inglese è una delle poche realtà oltremanica ad aderire al regime opzionale IOSS, che consente ai clienti europei di acquistare senza spese aggiuntive, nonostante la Brexit.

Di seguito il nostro video unboxing per vedere cosa c’è nella scatola dedicata all’intera discografia delle The Runaways.


La Notte di Sonic Acts: il video report @ Biennale Musica 2023

La Biennale Musica 2023 diretta da Lucia Ronchetti, ha ospitato il collettivo Sonic Acts da Amsterdam , l’organizzazione che dal 1994, con festival e progetti, ha rappresentato uno dei rilevatori principali dell’elettronica globale.

La Notte di Sonic Acts, uno dei due eventi organizzati in collaborazione con La Biennale Musica 2023, il 20 ottobre 2023 scorso ha portato nello spazio modulabile del Teatro Alle Tese di Venezia, presso TESA 2, le propaggini più sperimentali dell’elettronica coeva, tra club music decostruita, epic collage ed esperienza audiovisiva immersiva.

Sul palco: Emme, S280F, Soft Break, Aya insieme ai visual MFO, Yen Tech, Snufkin e lo straordinario light design di Theresa Baumgartner che ci ha trascinato in una dimensione parallela ed erratica.
Michele Faggi, per indie-eye, ha realizzato un video sintetico di tre minuti, una breve elegia sinestetica della serata: luce, colore e ritmo.

Nel video, anche alcuni landscape veneziani rielaborati.

Per saperne di più su Sonic Acts e sulla documentazione che Indie-eye ha pubblicato durante la Biennale Musica 2023, segui i link dopo il video

La recensione integrale e dettagliata deLa Notte di Sonic Acts

Un profilo degli artisti coinvolti e portati a Venezia da Sonic Acts

La Scheda di Sonic Acts sul sito della Biennale

Sonic Acts, il sito ufficiale