Daniel Johnston lo conosciamo tutti, non ha certo bisogno di presentazioni. Il suo cantautorato naif e fieramente Lo Fi ha rappresentato un’influenza enorme per tutta una generazione di beatiful losers dell’Indie Rock americano (ne basti citare due, Kurt Cobain e Beck). Si è sempre giocato molto, nel descrivere le sue opere, sulla sua condizione psico-fisica, sui continui crolli nervosi, la malattia mentale, i tentativi di suicidio e i problemi con le droghe; le vicende personali di Johnston hanno sempre accompagnato e sono state utili per decifrare i dischi (e la poetica in essi racchiusa) pubblicati in una carriera ormai trentennale.
Death Of Satan è il terzo disco pubblicato con il moniker Danny And The Nightmares, dove gli “incubi” che affiancano Daniel sono i soliti Jason e Bridget (non è dato sapere i cognomi). L’album è postumo, comprende materiale già registrato nel 2007 ma non ancora edito e messo definitivamente a punto (con l’aggiunta di altri brani) solo quest’anno.
Come i precedenti dischi pubblicati dalla band, Death Of Satan svela l’animo più tormentato e oscuro di Johnston: dimenticatevi gli storti quadretti pop dei suoi dischi solisti e le filastrocche acustiche, questo è weird garage rock sperimentale che sprizza disagio da tutti i pori: fatta eccezione per la melodia bambinesca di Satanic Church (non a caso scelta come singolo) il resto è un incubo destrutturato e folle fatto all’interno dell’America off e provinciale, quella pronta ad accogliervi con croce, muffin al cioccolato e fucile a canne mozza. Ovviamente è tutto imperfetto, ci sono momenti da skip immediato ma anche bombe di Rock’n’Roll deviato (tra Pere Ubu e Fall) come Songs Of Pain, Mentaly Ill e Walk In The Truth.
Danny And The Nightmares sono morti, viva Danny And The Nightmares.