Se dovessi consigliarvi una compilation per un’estate delicatamente fuori dal tempo potrei chiedervi di inserire dei grandi classici come Barry White per la leggera pomposità degli arrangiamenti, Bacharach per i momenti più swingati, qualche incursione prog per chi si arrovella su dove fare l’happy hour, i Belle e Sebastian per accompagnare la delicatezza dei raggi solari, gli Earth Wind & Fire per la notte brava, Gino Paoli per il risveglio.
Oppure potremmo ovviare a questa selezione sostituendola con l’ultima uscita dei Fitness Forever. Ebbene sì, il coacervo di artisti apparentemente inconiugabili di cui sopra appare perfettamente compattato in Cosmos, il secondo lavoro dei campani formato da undici succosissime tracce.
Cosa si nota nel sestetto? Una bravura tecnica innegabile, che fortunatamente si coniuga con un gusto per sonorità fuori dall’ordinario. La pecca in cui può incappare il vintagista accanito è di legarsi a un sottogenere apprezzato ma in verità solo da una nicchia. Il lavoro dei Fitness Forever configura invece il maggior respiro possibile ai loro brani, sia inzuppandoli nel pop più orecchiabile, sia gonfiandoli di archi e tastiere. Il risultato è ben lontano dal polveroso Paul Anka; piuttosto una sintesi d’antan che nemmeno la migliore playlist di Radio Capital.
La delicatezza delle voci in armonia ricorda i Supertramp, il cantato narra di cani come di amori folli, con il disincanto e il distacco che merita proprio per non affondare nel ridicolo come certi episodi di Anka stesso. L’ironia si fa seria nella musica, ottimizzando tutto quello che potrebbe essere fuori luogo e che invece suona da dio: i numerosi controcanti femminili, l’arrangiamento degli archi, i soli ben temperati. Usciti dal precedente Personal Train con un biglietto da visita ottimo, questa volta i sei guidati da Carlos Valderrama fanno sul serio e meriterebbero veramente la fama almeno a livello europeo.
Possiamo tranquillamente dire che se i Baustelle fossero stati meno musoni avrebbero tirato fuori qualcosa di vicino a questo disco. Ma il sole, che è di tutti, non splende in tutti.