Chi lo avrebbe detto che per gustare alt-folk un po’ psichedelico un po’ introspettivo alla Robyn Hitchcock non ci sarebbe stato bisogno di seguire i sentieri su per gli eremi del Sussex ma bastasse guardare alla più vicina Avellino. Là dove nel 2012 si sono formati gli G.B. Husband & the Ungrateful Sons quartetto nato dall’incontro di due gruppi, i Funny Dunny e i Tom Bosley.
Full of Love è l’album di esordio con il quale la band si è sperimentata in nove tracce dai tratti fortemente influenzati dal folk anni ’60 e ’70, da quella tradizione che dal più conosciuto Neil Young si inerpica nei meandri visionari e psichedelici dei più recenti Calexico, sfiora le ballate alcoliche del più cupo dei Mark Lanegan.
Una ragnatela di influenze che si lascia cogliere senza eccedere nel citazionismo estremo. E nonostante i binari entro cui la carovana G.B. Husband & the Ungrateful Sons procede siano abbastanza riconoscibili, Full of Love si classifica come un album più che buono. Sarà che la voce di Angelo Di Falco costituisce gran parte del lavoro, sarà che la sobrietà con cui le armonie di chitarra si incastrano alla perfezione con le eclissi del basso, sta di fatto che la mezz’ora abbondante dell’album è un intermezzo gradevole e rilassante.
Se la title track tenta la via di un blues un po’ appesantito dagli effetti vocali, con il passaggio a Quietness le sorti dell’album spiccano il volo. Ed è forse questo il pezzo migliore dell’album, un passaggio aggraziato lungo i sentieri in parte da battuti dai Calexico. Ma non si tratta dell’unico a guadagnarsi le luci della ribalta; Magic Inside e il suo delizioso naufragare in un blues-gospel, il swing di Not Again e, per finire, la commuovente chiosa con Weepin’ (And Weepin’). La prima mossa dei G.B. Husband & the Ungrateful Sons è un’apertura riuscita e attendendo le prossime mosse possiamo continuare a gustarci la dolce deriva di Full of Love.