Passati due anni dall’uscita di First of a Livinf Bread, Homeboy Sandman torna con un LP dal ritmo intenso, sofisticato e volutamente contorto. Non è di certo orecchiabile questo Hallways che parte subito con una sferragliata di effetti ai limiti dell’udibile con l’opener di 1,2,3.
Classe 1980, Homeboy Sandman, moniker dietro cui si cela Angel Del Villar II è un rapper di stanza NY, Queens. Hallways segue a strettissimo giro l’uscita di White Sands, EP che in qualche modo ha anticipato la successiva uscita. L’album conta su dodici tracce di succoso rap dal minutaggio sempre impeccabile e dove convogliano in giustissima dose sia l’apporto rumoristico tipicamente “Bronx” sia l’impalcatura melodica di sottofondo che funge da collante fra le tracce.
Un album che vede il contributo di più produttori che hanno concorso alla realizzazione. Non solo il nome di Jonwayne che compare in America, the Beautiful e Refugee, ma anche artisti come Jozef van Wissem per Unraveling. Quello che manca nella successione in tracklist è la presenza di un vero pezzo di punta, non tanto una vera e propria hit single quanto il pezzo-gancio capace di trainare l’intero album.
La tracklist complessiva resta schiacciata sui toni medi di un epic-rap a metà fra il melodramma dei bassifondi di colore (Activity) e l’intimismo pseudo romantico (Grand Pupa). Forse peccando di eccessiva aderenza lessicografica, ci aspetteremmo il passaggio incupito e incazzato, quella sorta di pezzo da ascoltare a tutto volume possibilmente muniti di cuffie per convincersi che il mondo, così come è, non va affatto bene tanto da esser pronti ad affrontarlo con eroico antagonismo. Luoghi comuni, dicevamo, o aspettative troppo facili da essere esaudite da un artista come Homeboy Sandman che sembra fare di tutto per uscire del circolo hipster e preconfezionato che tanto dilaga specie nella sua NY. Di certo, concludere l’album con la doppietta di Unraveling e Enough, dove il rap incontra una blandissima chitarra acustica, è un colpo di vera classe.