After Dark, My sweet non è solamente il titolo di uno dei film più sudici di James Foley; è l’ultima release dei Julie’s Haircut, ed è un cd perverso. Se potessimo tracciare la perversione come semplice deriva da un percorso, la psicogeografia di Julie’s Haircut potrebbe rappresentare le rovine di un paesaggio urbano e After Dark, My Sweet il superamento dell’orizzonte. Open Wound, la traccia d’apertura, innesta un sostegno narrativo sicuro nell’abuso di Handclaps che fanno sempre bene all’anima; una concisione residuale che cola nel brano successivo, Sister Pneumonia, attacco potente come quelli che minacciano il rock sintetico dei Trans Am più crepuscolari; davvero ingannevole e ridicolo parlare di neopsichedelia semplicemente perchè nel passaggio da pop-formula a caos emerge un sitar come slabbratura della cronometria; l’effetto non è riconducibile agli inganni dell’esotismo, ma è un procedimento che si serve della dissolvenza cinematica, perchè da qui in poi l’ultimo esperimento dei Julie’s Haircut lavora sulla perversione dell’ascolto e sull’interferenza; il corpo pop viene letteralmente smembrato e disseminato.
Invece dei soliti Pink Floyd, bagaglio del critico medio a corto di suggestioni, viene in mente il Ravi Shankar di Chappaqua, o il Ry Cooder di Performance, due sound-trax per niente etniche o blues, ma influenzate da una forma di cut-up Jazz che slitta la posizione centrale dell’ascoltatore. Lo scenario tribale di Purple Jewel è il segno di una ricerca timbrica che si affida all’ipnosi dei Can di Future Days o più recentemente agli Orang di Heard of instinct, davvero niente a che vedere con i soliti cloni interstellari; se non si fosse ancora convinti, la traccia successiva, Gemini, Pt 1 & Pt 2 è vicina all’estetica Sonic Youth più contemporaneistica, quella di Goodbye 20th century; qui l’Omnichord di Sonic Boom più che un effetto vintage è un sistema binario sporcato dai Piano-cluster di Luca Giovanardi, un viaggio verso la psiche di un genere che riacquisisce probabilmente forme più riconoscibili con Ingrid Thulin, memore dei giochi spiraliformi di Darkside e con Pistils, dove la voce di Laura Storchi è un’interpretazione commovente e sensuale del fonema Kim Gordon. Il riallineamento dalla perversione, in modo beffardo, sembra riservato alla chiusura dell’album, My Eyes Have seen the glory è il mantra solare più vicino alle suggestioni psichedeliche tradizionali; ma con un piano liquido che libera la forma verso il ricordo di Roy Ayers; effetti e vertigini dell’ubiquità.
After Dark My Sweet è il quarto album di Julie’s Haircut. E’ stato registrato da Francesco Donadello tra il 21 e il 23 gennaio, il 13 marzo e dall’8 all’11 luglio 2005 all’Alpha Dept di Bologna; prodotto da Julie’s Haircut e da Francesco Donadello che ne ha curato anche il mixaggio. La cover art è di Luca Lumaca. After Dark My sweet è una produzione Homesleep, con distribuzione Audioglobe Srl. I Julie’s Haircut sono già in tour per presentare le tracce del nuovo cd; prossima data venerdi 17 Febbraio – Zingonia (BG), al Motion, per le altre date consigliamo di visitare la pagina Tour del sito ufficiale