Il cammino dei Kobayashi, trio di baldi giovini da Carrara, è da almeno un paio d’anni limpido, coerente e impeccabile. A partire da Infantili e crudeli, il loro precendente ep. e da una forte assimilazione con il rock italiano marcato anni 90, Afterhours in primis (senza lasciare da parte i Marlene Kuntz), particolarmente riconoscibile nella voce di Andrea Marcori, è nella ricerca sonora che hanno espresso e stanno continuando ad esprimere il loro meglio. E tutto questo senza lasciare da parte la scrittura del pezzo. Nelle 13 tracce del loro primo long playing ci sono brani spinti, ballate, canzoni orecchiabili. Suoni e stili si mescolano, si fondono e riescono a creare in alcuni frangenti qualcosa di veramente originale che, in effetti, funziona alla grande. I tempi di batteria di Flavio Andreani, energici, vigorosi e precisi al millesimo di secondo (diciamo estro al servizio della semplicità e del buonsenso) ben contengono le curatissime sperimentazioni elettriche di Nicola Bogazzi e ancora Andrea che con estrema disinvoltura e intuizione a tratti geniali si alternano nell’ usare basso (entrambi insieme magari) chitarra, synth, glockenspiel e quant’ altro passi loro (ottimamente) per la testa. Suonano post rock talvolta, garage, pop, perché no, tutto questo e altro ancora. Resta la voce, ferma, cadenzata, alcune volte perfetta, altre volte forse si pretenderebbe qualcosa di più smussato, di più sensibile, ma sono minuzie. I testi in italiano sembrano talvolta un formalità da sbrigare, ma nel complesso certo non sifgurano. Un bel disco, non una sorpresa ma una conferma. Corasong la produzione.