venerdì, Novembre 22, 2024

Mutoid Man – Bleeder: la recensione

Nati da due costole dei Converge e dei Cave In con Bleeder i Mutoid Man giungono al primo lavoro sulla lunga distanza dopo un ep pubblicato nel 2013 e intitolato Helium Head, indiavolata ricognizione nell’universo metal affrontata per esasperazione e intensificazione della velocità. Intendiamoci, le radici dell’uomo mutante provengono da una re-interpretazione del trash, su tutti quello di Motörhead e Slayer, ma reagiscono, grazie anche alla voce potentissima di Stephen Brodsky, con gli elementi più oscuri dello stoner rock, senza per questo farsi assorbire dalla genericità di quel suono. Ne viene fuori uno strano ibrido, talvolta incline alla deriva prog-folk, ma senza mai perdere in forza d’impatto, tanto da far venire in mente i suoni dei primi Voivod al netto dell’impostazione algida e industrial della band canadese.

Bleeder è allora una vera e propria celebrazione enciclopedica dei rituali metal; un assalto sensoriale che passa in rassegna gli elementi più oscuri del genere, dal trash al doom, dal prog allo stoner più incattivito, dallo speed al death costruendo un metisssage creativo e affascinante; tracce come Surveillance, la splendida Beast, la devastante coda di Dead Dreams, l’impostazione drammatica, magniloquente e orchestrale di Bleeder, sono dei veri e propri centrifugati semantici. Incendiari.

Mutoid Man – Bridgeburner | Live from GodCity Studio

Ugo Carpi
Ugo Carpi
Ugo Carpi ascolta e scrive per passione. Predilige il rock selvaggio, rumoroso, fatto con il sangue e con il cuore.

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