Craig Dermody viene dalla lontana Australia (Melbourne) ma, più che rifarsi ai paladini che hanno fatto grande l’Aussie Rock, ha il cuore e la testa in direzione States. Per la precisione nell’East Coast, NYC, dove peraltro si è recentemente trasferito.
Le influenze del nuovo Any Port In A Storm sono facilmente riconducibili all’Art Rock con ganci Pop degli ingiustamente dimenticati Only Ones di Peter Perrett (il cantato di Dermody lo ricorda) e dei Television e al Lo Fi Indie Rock dei soliti giganti dei 90’s (Pavement e Sebadoh). Registrato in presa diretta – sembra quasi un live – l’album possiede il pregio di mantenere per tutta la sua durata un approccio grezzo e ruvido, e la band che accompagna Dermody è asciutta il giusto e mantiene la rotta senza perdersi in eccessivi fronzoli. Il tiro di brani come 1993, Jackie Boy e Fakin’ NYC è indubbio, c’è una sana irruenza che si nutre appunto di quel suono chitarristico di matrice americana anni Novanta, ci sono le melodie dolciamare da College Radio cantate grattandosi le palle (Spring St, dal crescendo davvero superbo).
Di contro c’è però un songwriting non ancora perfettamente a fuoco che rende il tutto troppo omogeneo e alla lunga difficilmente distinguibile, affossando anche i bei momenti precedentemente citati in un indistinguibile jam session all’insegna del lo fi. Peccato di gioventù? Lo scopriremo nelle prossime prove. Per il momento ci riserviamo di rimandare il buon Craig a Settembre.
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