“I Can’t Give Everything Away” è il nuovo video di animazione visuale diretto da Jonathan Barnbrook per il brano di David Bowie che conclude Blackstar.
“Ho voluto essere positivo – ha detto Barnbrook per spiegare l’interpretazione grafica del brano che parte dalla realizzazione di quella che ha accompagnato tutta la promozione dell’album – e abbiamo cominciato a lavorare dal mondo in bianco e nero caratteristico del simbolo principale (★) per muoverci verso i colori brillanti alla fine del brano. È una celebrazione di David, per dire che rispetto alle avversità che incontriamo, l’essere umano è naturalmente positivo, guarda avanti prendendo il buono dal passato così da usarlo come strumento per il presente”
David Bowie – I Can’t give everything away – dir. Jonathan Barnbrook
Sulla collaborazione tra Barnbrook e Bowie, cominciata nel lontano 2002 per l’artwork di Heathen, abbiamo parlato a lungo da queste parti, vi consigliamo a questo proposito di recuperare l’articolo intitolato Nothing has changed, Mirror Mirror.
Il talentuoso grafico e artista visuale britannico che oltre per Bowie e moltissimi marchi internazionali, ha curato una serie di splendidi video per John Foxx, sviluppa un concetto legato ai lyrics video e alle kinetic typography che già era innestato negli inserti “visual” per la clip di Sue (or in a season of crime) dove la lettera X mutuata dalle cicatrici sceniche che emergevano nello Scarface di Hawks, diventavano un segno mutante capace di trasformare la relazione tra set e motivi grafici.
In questo caso, la forma totalmente inclusiva e leggibile (quindi interpretabile) che era alla base dell’artwork di Blackstar e di cui abbiamo parlato nell’articolo Blackstar: Oh, se potessi rinascere un’altra volta, viene spinta alle estreme conseguenze in un esempio di arte metamorfica che include numerose simbologie e direzioni. Non è semplicemente il passaggio dal bianco e nero al colore, ma il modo in cui la forma da origine ad altre gemmazioni, in un’interpretazione del tutto positiva della metastasi.
Abbiamo individuato alcune stelle in questo viaggio astrale che conduce anche dalle parti dell’oltre infinito ideato da Douglas Trumbull per Kubrick. Da questo punto di vista la radice fantascientifica, una delle tante che sono fiorite dalla galassia Bowie, è un elemento evidente.
Nei motivi che Barnbrook elabora c’è sicuramente spazio per la Chaos Star di Michael Moorcock nata attraverso la creatività di un altro illustratore, ovvero J Cawthorn, che insieme a Moorcock elaborò l’idea per il simbolo del Chaos partendo da un quadrante geografico con le direzioni dei punti cardinali e otto frecce che rappresentassero tutte le possibilità in termini spaziotemporali. La Chaos Star compare per la prima volta in una copertina di Science Fantasy del 1962 per un’avventura di Elric di Melniboné, il personaggio ideato da Moorcock stesso.
Una seconda suggestione possibile è la sperimentazione che la sound designer e artista sonora Tanya Harris ha sviluppato intorno alla struttura architettonica delle chiese costruite da Nicholas Hawksmoor, soggetto del romanzo di Peter Ackroyd tra storia e invenzione intitolato “Hawksmoor”, citato da Bowie nel “Reality film” di Steven Lippman proprio all’inizio dell’auto-intervista e poi inserito nella lista dei 100 libri preferiti dall’artista inglese. Nelle quattro chiese di Hawksmoor la Harris ha registrato la frequenza di risonanza usando una tecnica già sperimentata da Alvin Lucier, che le ha consentito di riprodurre la registrazione del “silenzio” nello stesso spazio architettonico, ripetendo il processo fino a quando le frequenze di risonanza non fossero udibili.
La musica diventa quindi architettura liquida, aprendosi rispetto a quella inscritta nei volumi solidi della materia. Partendo dallo studio della Cimatica, ovvero l’effetto morfogenetico delle onde sonore, la Harris ha scoperto la geometria nascosta nelle frequenze di risonanza, una sorta di manifestazione della vita stessa dove tutto oscilla e vibra. La Harris, usando varie tecniche, tra cui quella della stampa su pietra, riproduce disegni che hanno in comune con la Chaos Star Moorcockiana o la Blackstar Bowiana, le infinite possibilità combinatorie. Non è un caso che la psicogeografia delle chiese di Hawksmoor, se ripercorsa sulla mappa di Londra unendo le linee, crei di fatto un pentacolo.
Tanya Harris, The Architecture of Sound
Foto tratta da: An Occult Psychogeography of Hawksmoor’s London Churches
Anche nel “Reality Film di Lippman” c’è una mappa stellare che potrebbe indicare le possibilità infinite della Chaos Star, ed è il set di illuminazioni e fonti di luce che rappresentano il camerino dove Bowie dialoga con il suo doppio riprodotto da un monitor.
La stessa configurazione, oltre che con l’inserimento della Pioneer Plaque nel Booklet interno alle varie versioni di Blackstar e di cui si parlava da questa parte, torna in una delle metamorfosi del video di Barnbrook proprio sulla parola “Everything”, ad indicare la funzione polisemica della stella e di tutte queste stelle.
E se la Black Star di Frank Stella installata davanti alla Wooden Star nel 2014 sulla terrazza esterna al quinto piano del Whitney Museum of American Art ha una funzione più identitaria rispetto alla concezione di quella Bowiana, pur nella forma totalmente aperta che rappresenta, è sui lyrics video che ci vorremmo soffermare un attimo.
I lyrics video, ultima propaggine di un lungo percorso che parte per lo meno dalle animazioni di Max Fleischer (Koko the Clown) passando anche da Saul Bass e dal bellissimo Sign O’ the times, con infinite stazioni intermedie arriva quindi fino a Barnbrook, mostrando la sua versione più radicale, quella dove niente è come sembra.
Seeing more and feeling less
Saying no but meaning yes
This is all I ever meant
That’s the message that I sent
(David Bowie – I Can’t Give Everything Away)