Sono circa 45.000 persone quelle accorse allo Stadio Comunale di Firenze per vedere David Bowie in concerto, esattamente trenta anni fa. Il 9 Giugno del 1987 l’artista inglese allestisce la prima data del Glass Spider tour, la serie di live che promuove il suo nuovo album uscito due mesi prima, Never Let Me Down. La tournee comincia proprio dal capoluogo toscano per proseguire a Milano il giorno dopo, poi a Roma per ben due date, il 15 e il 16 giugno ed infine a Torino a distanza di un mese, il 18 luglio.
Poche ore prima del concerto fiorentino, il tecnico luci Michael Clark cade da un’impalcatura di 15 metri e viene ricoverato con una prognosi di 40 giorni come indicano i quotidiani locali (sbagliando il nome), in realtà secondo quanto scrive Nicholas Pegg nella sua enciclopedia bowiana e altre fonti britanniche, Clark morirà. Un inizio drammatico che non arresta la macchina. Ed è proprio una macchina quella del Glass Spider, una sintesi spettacolare e kitsch degli show bowiani, incluso l’iniziale atterraggio dall’alto, sistemato su un piccolo sedile aerospaziale e con una cornetta telefonica all’orecchio, momento ripreso dall’imponente tour di Diamond Dogs del 1974 e riadattato in forma colossale, con un grande ragno di diciotto metri dalla testa e dalle zampe illuminate, a coprire il palco. Kolossal è tutta la produzione e la promozione che porta non a caso la firma di David Zard, nome “ingombrante” anche sui titoli di ingresso venduti. Quella del Glass Spider è esperienza che segnerà attitudini e modalità delle successive “opere pop” prodotte dall’impresario nato a Tripoli.
Ma il set designer è Mark Ravitz; con Bowie aveva già collaborato per il Serious Moonlight Tour e per il Diamond Dogs Tour. È proprio da quest’ultimo che gli show dell’87 riprendono il concetto e le gigantesche macchine teatrali, così come i ballerini che nel Glass Spider accolgono l’arrivo di Bowie. L’espressionismo del 1974 lascia il posto ad una forma circense esasperata, più vicina al Rocky Horror e a Madame Tussauds che alla sbornia surrealista dell’Isolar tour (1976). Come consuetudine, Bowie fa a brandelli il suo passato, ma con modalità esplicite e sin troppo chiare, anticipando l’atmosfera di quel “burlesque decrepito” che definirà le intenzioni di un video mai finito, quello di “The Pretty Things are going to Hell”
David Bowie – Day in Day Out (1987) dir. Julien Temple
Sul palco Carlos Alomar e Peter Frampton alla chitarra, Carmine Rojas al basso, Alan Childs alla batteria, Erdal Kızılçay e Richard Cottle alle tastiere. Tra i cinque ballerini, anche Melissa Hurley, l’allora fidanzata di Bowie.
Il biglietto costa 33.000 lire e i cancelli fiorentini vengono aperti prima delle 15:00, un’attesa lunghissima protratta sino alle 21:30.
Chi ha vissuto i giorni precedenti al concerto, come chi scrive, si ricorderà l’incredibile battage mediatico, il Bowie Day di Radio Uno, l’improvvisa comparsata a notte fonda alla discoteca Central Park in zona Cascine, Villa la Massa assediata da fans e giornalisti, i manifesti giganti disseminati lungo tutta la città dove Bowie è ritratto a figura quasi intera con un giubbotto di pelle e la Steinberger nera in pugno, brandita anche nel video di Day in Day Out diretto da Julien Temple e nuovamente in primo piano ventisei anni dopo in quello di Valentine’s Day, ma con un colore rosso fuoco.
Video Music, l’emittente televisiva fondata da De Stefani e Marcucci e con sede al Ciocco in provincia di Lucca, il giorno successivo al concerto dedicherà una serie di speciali su Bowie dove saranno incluse alcune riprese effettuate durante la data fiorentina.
David Bowie, 9 Giugno 1987, Firenze – Glass Spider Tour
Se si esclude la partecipazione al Festival del disco di Monsummano nel 1969, Bowie non era mai stato in Italia, si era avvicinato al confine con una data del Serious Moonlight Tour, quella del 27 maggio 1983 presso l’Arènes de Frejus. Questo spiega la “febbre” anche di fronte a una delle produzioni più tiepide, brutte e meno ispirate della sua carriera, ad eccezione di Time Will Crawl, unico brano di Never Let Me Down salvato dallo stesso Bowie con una nuova versione remixata e ri-arrangiata nel 2008 per la compilation iSelect e poi inserita nella più recente Nothing Has Changed.
Alcuni “cronisti” a posteriori che non hanno vissuto quegli anni parlano di Roma come prima data italiana dell’artista inglese alimentando (tutt’ora) una piccola fake news nazionale, mentre la “linea toscana” rimane evidentemente una costante nella carriera e negli eventi bowiani. La partecipazione al festival di Monsummano in provincia di Pistoia, il grande evento fiorentino del 9 giugno 1987, il matrimonio con Iman, celebrato il 6 giugno del 1992 presso la chiesa episcopale americana di Saint James, in via Bernardo Rucellai sempre a Firenze e di cui avrebbe festeggiato le nozze d’argento pochi giorni fa, l’inizio dell’Earthling Tour il 2 luglio 1997 in piazza Duomo a Pistoia, nell’ambito di Pistoia Blues ed infine la data unica dell’Heathen tour al Lucca Summer Festival il 15 luglio 2002.
Del concerto Fiorentino del 9 giugno ricorderemo probabilmente l’ingenuità che ancora consentiva di avvicinarsi ad un rituale coinvolgente, legato all’intera comunità cittadina e di cui abbiamo irrimediabilmente perso magia e mitologia, per una distanza che è andata progressivamente assottigliandosi, nel bene e nel male, tra icona e pubblico, dimensione spettacolare e dimensione quotidiana.
Adesso, con la realtà al centro dei riflettori, tutto è molto più squallido, anche rispetto al Kitsch eccessivo del “memorabile” e per molti indimenticabile Glass Spider Tour.