La Nascita dei focolai COVID-19 è legata ai Wet Market: chiudiamoli!
Le ricerche condotte da Animal Equality in Cina, Vietnam e India ci dicono molto su cause e responsabilità inerenti la diffusione del COVID-19. I cosiddetti “wet market” sono alla base dei focolai SARS e molto probabilmente anche COVID-19.
Luoghi dove animali selvatici e allevati vengono ammassati in gabbie, macellati sul posto e venduti per il consumo umano. Sono una gravissima minaccia per la salute umana, chiuderli è fondamentale per evitare la proliferazione di nuovi agenti patogeni.
Sono parole prese parzialmente in prestito dalla lettera che Matteo Cupi, direttore italiano di Animal Equality Italia, ha indirizzato a Maria Angela Zappia Caillaux, rappresentante permanente per l’Italia presso le Nazioni Unite. La lettera segue l’iniziativa dell’organizzazione internazionale che ha raccolto più di 400.000 firme in tutto il mondo, di cui 200.000 in Italia, grazie anche al supporto di artisti e creativi di varia provenienza.
L’iniziativa chiede all’ONU con grande forza di chiudere definitivamente i “Wet Market”
Firma la petizione di Animal Equality
Mercati sudici e macellazione all’aperto: Pandemie e Virus Nascono qui. Il video girato in Cina, Vietnam, India
I Wet Market cinesi sono nuovamente aperti
Le ricerche sul genoma del virus SARS-CoV-2 hanno consentito di raccogliere informazioni evidenti sul ruolo centrale del mercato di Wuhan come probabilissimo luogo di origine dell’epidemia. Il mercato è stato chiuso a gennaio scorso, ripristinando le misure restrittive e di contenimento che erano state adottate durante l’epidemia SARS venti anni prima. Quelle misure furono poi revocate e adesso, grazie al Daily Mail, scopriamo che i “wet market” cinesi sono nuovamente aperti.
Dietro questi mercati e il commercio illegale di fauna, c’è in realtà un giro d’affari che vale oltre 23 miliardi di dollari. Le leggi cinesi per la protezione degli animali selvatici sono del tutto inadeguate se consideriamo che la lista delle specie non viene aggiornata da almeno un trentennio. La definizione stessa di “selvatico” sembra interpretata in modo ambiguo, perché protegge alcune specie che in altri contesti, come per esempio quello della medicina cinese, sono tenute in cattività.
Scarso rispetto della natura e violazione dei diritti umani
Che lo scarso rispetto della natura, la distruzione degli habitat e il consumo indiscriminato di carne, anche nelle forme illegali descritte sopra, acceleri la diffusione di pandemie è ormai assodato. Se a questo aggiungiamo la cattiva coscienza di un regime feroce e sanguinario come quello cinese che insabbia informazioni, non fornisce dati completi e crea costantemente un cortocircuito flagrante tra realtà e ufficialità, sarà difficile credere alle intenzioni formulate dal bando dello scorso febbraio che metteva temporaneamente in scacco il commercio degli animali selvatici.
Quel bando è già stato messo in discussione dalla pressione dei commercianti e da un sistema di affari, come dicevamo, che vale decine di miliardi. Si parla di una trasformazione in legge che dovrebbe rendere permanente la chiusura dei “mercati umidi”; è quello che si augura Wildlife Conservation Society e anche noi.
In un paese dove la pena di morte è ancora segreto di Stato e con il numero più elevato di esecuzioni in tutto il mondo, non sarà facile costruire una narrazione completa con le sole fonti ufficiali o con le informazioni fornite dalle agenzie occidentali che traducono all’impronta quelle cinesi. Come ci ricordava Amnesty International, purtroppo “Gli affari con la Cina, valgono più dei diritti umani”
La lettera completa di Animal Equality rivolta all’ONU