Come annunciato, ecco il secondo singolo di David Bowie tratto da The Next Day, l’imminente album del musicista inglese che sarà disponibile a partire dall’11 di Marzo. Rispetto al precedente video intitolato “where a re we now?“, uscito lo scorso 8 gennaio e diretto dall’artista contemporaneo Tony Oursler, quello per “The Stars (Are out Tonight)” ha una forma più tradizionale e porta la firma di Floria Sigismondi che per l’occasione, si fa aiutare da uno dei più importanti direttori della fotografia contemporanei, quel Jeff Cronenweth che ha lavorato in buona parte dei film di David Fincher, figlio del grande Jordan Cronenweth, direttore della fotografia per film come Blade Runner di Ridley Scott, Stati di Allucinazione di Ken Russell, Anche gli uccelli uccidono di Robert Altman.
Il lavoro della Sigismondi ha poco a che fare con i due video diretti per Bowie negli anni ’90 (Little Wonder, Dead Man Walking) ed è ovviamente più vicino alle sue produzioni degli ultimi tre anni di impostazione narrativo-performativa per artisti come Christina Aguilera, Katy Perry, Pink. David Bowie e Tilda Swinton interpretano un’anziana coppia felicemente sposata, improvvisamente, dopo un’abituale visita al supermercato per le spese quotidiane, vengono disturbati da da due “celebrità” interpretate da Andrej Pejic e Saskia De Brauw che introdottesi nella loro casa, modificano le loro abitudini fino ad un vero e proprio transfert che trasforma il confronto tra generazioni in una lotta traumatica.
Lo stile della Sigismondi è tutt’altro che drammatico, è un gioco visivo che allude alla danza e che cita, con toni altrettanto ludici, un percorso iconico così vasto da cui è molto difficile svincolarsi, dal Gothic di Ken Russell alle Performance(s) identitarie di Cammell/Roeg. Colpisce la posizione di Bowie, da Hours in poi (ma si potrebbe dire da Fire Walk With me in poi…) collocata sul territorio di confine di un testimone nomade del (suo) tempo, un osservatore che si stacca dal quadro e guarda questi “mostri spaventosi” che lo minacciano come ultracorpi; del resto, il video della Sigismondi non ha un valore così distante dalla pubblicità che Andrew Douglas ha girato nel 2003 per l’acqua Vittel, dove Bowie, sulle note di Never get old, fugge dai suoi simulacri.
Diversamente da quella retorica della maschera che prende vita non solo dal lavoro con Kemp ma anche a partire dall’odiato The Image, Doppelgänger movie diretto nel 1967 da Michael Armstrong, e che si trascina (giusto per citare alcune occorrenze) anche nei calchi che introducono Cracked Actor, il documentario diretto nel 1974 per la BBC da Alan Yentob, il Bowie di questo doppio ritorno sembra essersi disintossicato da quella mitologia che lo vedeva quasi sempre come un non morto, un ritornante, un vampiro che si nutre di ombre e luce. Il video dell’artista di origini Pescaresi, in questo senso, è meno giocoso e stolto di quello che vuol dare ad intendere, inscatolato com’è in quella soggettiva catodica rivolta verso l’esterno, sembra guardarci dal backstage preordinato di un reality: gli ultracorpi sono pericolosi, azzerano la creatività e svuotano le orbite. Bowie, buon conoscitore della cultura Surrealista, lo sa bene.