Terzo video tratto dal nuovo full lenght di David Bowie; The Next Day, title track dell’album, è la seconda clip diretta da Floria Sigismondi per l’artista Inglese nell’arco di pochi mesi dopo The Stars (are out tonight) sorta di gemello speculare di Mirrors, il video diretto recentemente dalla regista Italiana per Justin Timberlake. Rispetto all’universo visivo di Tony Oursler, autore di Where are we now? la prima clip tratta da The Next Day, la Sigismondi, grazie anche ad un concept di una certa potenza scritto dallo stesso Bowie, sceglie una superficie decisamente più pop, tanto da far sembrare i tempi di Little Wonder davvero lontani, raccontandoci una volta di più quanto il contributo “creaturale” dello stesso Oursler per quel video abbia avuto parte fondamentale per orientarne il risultato.
Senza una capacità così forte di controllare la mutazione dell’immagine digitale, la regista naturalizzata Canadese sceglie la via più sicura di una fascinazione visiva che come nel precedente video diretto per Bowie, sembra riferirsi in parte ad un certo immaginario ottantiano e in parte alle intuizioni di Ken Russell, che con Crimes of Passion già trent’anni fa bastava e avanzava come sintesi visionaria di quegli stessi anni, allure recuperata con ben altri esiti da Rob Zombie con il suo film più recente.
Al di là quindi dei riferimenti più o meno colti, della consueta ossessione per la meccanicità del movimento di derivazione surrealista (occhi s-radicati, immagine tra l’altro del tutto Bowiana, i manichini à la Léger in Dead Man Walking, accelerazioni e decelerazioni) tutti i video più recenti della Sigismondi mostrano quelle debolezze tipiche di un immaginario che non corrode ma che al contrario si fa corrodere dai confini di un sapere enciclopedico, un po’ come le creature cinenostalgiche che emergono dall’universo di Amelie Poulenc e derivati o dalla visione statica del deludente lungometraggio di debutto di Floria Sigismondi dedicato alla storia delle Runaways.
Nel contesto di una “fortuna critica” di proporzioni virali come quella che ha investito il ritorno di Bowie in questi mesi, in forme e contenuti a nostro avviso del tutto sovradimensionati dal desiderio, il rischio di salutare il nuovo video della regista naturalizzata Canadese come un capolavoro è del tutto prevedibile. Allo stesso tempo siamo convinti che Bowie rimanga un grande autore, ma in termini del tutto transmediali, come attrattore di forme ec-centriche rispetto all’apparato musicale.
Vera autrice del video però è la sorprendente Marion Cotillard, che stabilisce un alto livello di continuità con i suoi personaggi, tra assenza (la Lynchiana Lady Blue Shangai) e quella presenza fisica dolorosa (Un sapore di ruggine ed ossa ) che trasforma l’apparenza dell’informazione digitale in sangue e corpo grazie alla capacità di accentrare lo sguardo sullo spazio della performance; Marion con le stimmate digitalizzate non è così distante da Marion con le gambe mozzate da un sapiente trucco CGI; l’attrice francese nel video della Sigismondi e nel film di Jacques Audiard si muove sul confine tra visibile e invisibile con la forza di un corpo danzante che si appropria di tutte le soggettive, anche di quella breve, fatta di arte retorica, ritagliata su Gary Oldman, tracciando la visione con il movimento.
Bowie “scrive” rimanendo sullo sfondo, e osserva le sue creature con uno sguardo forse meno doloroso ma altrettanto amorevole di quello che attraversa l’immagine metastorica del sacro in Loving the alien, il video diretto da Bowie stesso insieme a David Mallet (Boys Keep Swinging, Dj, Look Back In Anger, Ashes to Ashes, Fashion). Poi scompare come in un film di Segundo de Chomón.
Floria sigismondi in rete
David Bowie, amore surrealista: Lya Lys vs. David Bowie