Nuova collaborazione tra Cesare Basile e il collettivo Cinepila dopo il video realizzato per “Cirasa di Jinnaru”, presentato in anteprima su indie-eye Videoclip.
“L’arvulu Rossu” si ispira alle ricerche storiche di Gianfranco Goretti e Tommaso Giratorio sulla persecuzione dei iarrùsi ( (g)arrùsi ), appellativo omofobo con il quale si indicavano gli omosessuali. Goretti e Giratorio sono gli unici, insieme a Giovanni Dall’Orto, ad aver fatto luce sulle vicende che alla fine degli anni trenta vedevano al centro il questore Alfonso Molina e i violenti abusi contro chi non si conformava al modello virile promosso dal fascismo.
La “pederastia” viene contrastata e punita con diffide, arresti e persino il confino, colpendo qualsiasi anomalia rispetto alla norma, perché la repressione si attivava di fronte ad ogni “presunzione di diversità”. Siamo alla vigilia dei primi campi di internamento istituiti da Mussolini nel 1940, dove venivano reclusi zingari, ebrei, omosessuali, antifascisti. Furono 58 i pederasti siciliani rispetto ai quali si decise per il confino dietro istruzione del questore Molina.
Basile anticipa con il video il suo nuovo lavoro sulla lunga distanza, intitolato “Cummeddia”, previsto per il prossimo 11 ottobre. Racconta il passato con un curvatura così vicina e sovrapponibile al presente dove “L’ordine è lo stato d’assedio, l’emergenza continua in cui la sospensione delle libertà viene presentata come il prezzo necessario per la sopravvivenza della società“.
Il video diretto da Giovanni Tomaselli insieme al collettivo Cinepila, si serve di un lessico western nei suoi elementi di relazione tra spazio e personaggio, quando il secondo, da solo, ingaggia una lotta contro lo stesso paesaggio. Questa relazione aspra con la terra, fatta di polvere e sangue, trova il suo livello di massima astrazione nella definizione concreta degli elementi fondativi del processo identitario, tra immagine e corpo: una collana, una pelliccia, il sangue sul corpo, un paesaggio che potrebbe essere insulare come desertico ed infine i frammenti di una festa, unici istanti di liberazione da una terra arida e matrigna.
Oltre alla repressione, alla violenza e all’abuso, il testo di Goretti/Giratorio racconta una Catania completamente sconosciuta, quella che precede e segue le represssioni di Molina, tra luoghi di incontro, sale da ballo, vita notturna clandestina. Un mondo improvvisamente spaccato in due dalla paura.
Le scelte minimaliste del video dialogano con il brano di Basile, facendo eco ad una ballata ossessiva e visionaria, dove l’idea di una “semenza infetta” si inocula attraverso l’invettiva, mentre in un frammento, sullo sfondo, si recitano le parole tratte dalla proposta di confino promulgata da Molina: “Ritengo, pertanto, indispensabile nell’interesse del buon costume e della sanità della razza, intervenire, con provvedimenti più energici, perché il male venga aggredito e cauterizzato nei suoi focolai. A ciò soccorra, nel silenzio della legge, il provvedimento del Confino di Polizia, da adottarsi nei confronti dei più ostinati…”
Occorre ricordare, al di là del risultato estetico, la flagranza della sollecitazione. Solo sei anni fa, durante il novembre del 2013, la lapide rosa collocata dall’associazione Open mind Glbt Catania all’interno del palazzo Platamone per commemorare i 45 catanesi inviati al confino da Molina, veniva rimossa in seguito alle contestazioni da parte della famiglia del questore.