Samuel Douek si è immaginato l’inconscio di Denai Moore come un set imbevuto di cultura visiva. Un mondo bizzarro dove la performer potesse perdersi fino a trovare il suo vero volto, dietro le maschere identitarie create dalla sua mente. Ispirato dal cinema surrealista degli anni trenta e da fotografi di moda come Tim Walker, il videasta stanziato a Londra e formatosi come architetto, si è basato sulla sua disciplina di studi, pianificando misure e volumi gonfiabili e plasmabili sulla base di una percezione distorta della prospettiva. I suoi video, che usualmente si muovono in un territorio liquido e desumono parte dell’immaginario dalla cultura LGBTQ, vengono riassunti in modo eccellente da “Cascades”, fantasia cromatica sospesa tra design, fashion movie e la rilettura di certi videoclip degli anni ottanta, che rielaboravano i set del cinema surrealista in forma pop.