Immaginarsi che il videoclip sia diventato “opera d’arte” grazie ai benefici della compensazione fiscale è una considerazione demenziale. Oltre al colpevole ritardo con cui si agevolano i creativi del settore, il pericolo è quello di legittimare prodotti di scarso livello che riescono ad ottenere budget accettabili per altri motivi dalla qualità. Succede da decenni con il cinema, speriamo che la medesima emorragia assistenziale non favorisca una pletora di prodotti fatti con i piedi.
Da un punto di vista opposto, ma assolutamente complementare, non c’è niente di strano nel desiderio di controllare tutte le fasi della creazione mitopoietica che un’artista disegna intorno alla propria musica. Ci sono esempi illustri che definiscono questa centralità come un’espansione stimolante dell’universo creativo sviluppato intorno ad un singolo brano, da David Bowie a Madonna, tanto da spingere il regista di video musicali in una posizione marginale come quella di un semplice esecutore.
In Italia, tranne rarissimi casi, la tendenza ci sembra appagare una pericolosissima deriva dell’ego, più che una necessità di spostare l’asse del discorso dalle parti di una vera e propria invenzione transmediale.
Il video di Filippo Poderini uscito a fine luglio 2020 è un esempio di quello che stiamo dicendo. Mette insieme una serie di elementi che fanno parte del mondo creativo e poetico del cantautore, cercando di far convergere all’interno stimoli che attraversano tutta la videomusica coeva: danza, performing arts in genere e una relazione con lo spazio che in qualche modo possa assorbire oppure rilanciare la dimensione ritmico/poetica del brano. “Ogni tuo difetto” è diretto dallo stesso Poderini e ad eccezione della giovane ballerina Francesca Celesti, che fa il suo lavoro, ci sembra uno straordinario aggregato di banalità, anche in termini di post-produzione, tra glitch, color correction ed effetti split, combinati a casaccio, come un campionario effettistico di preset senza la forza di prendere la via del linguaggio. Quel bisogno di contemplazione e di fusione a tutto tondo con la bellezza, inclusi i difetti della natura stessa, fanno parte di una dimensione espressiva così personale e interiorizzata da non comunicare altro dallo spazio autoreferenziale del benessere. In un certo senso è l’immagine di questo lockdown, tra fitness a bordo piscina e una borghesissima tendenza a ritrovare l’equilibrio dei Chakra come soluzione “new age” per affrontare un mondo che si sta frantumando, socialmente ed economicamente. Auguri.